Luigi Dal Cin sarà ospite il 1 marzo della decima edizione di “Pagine a colori”, il Festival della letteratura illustrata a Tarquinia.Un autore con all’attivo oltre 100 libri per l’infanzia.
Il Festival la avvicina al luogo percorso dagli etruschi? Conosce la zona?
Certo, e ci ritorno molto volentieri! Ho parlato di Tarquinia anche in un mio libro: ‘I Mirabolanti Viaggi di Nicky Stoppino’ in cui, seguendo le avventure dell’investigatore privato Nicky Stoppino, racconto i luoghi italiani dichiarati dall’UNESCO Patrimonio dell’Umanità, tra cui le necropoli etrusche di Cerveteri e Tarquinia.
Nel programma, il mattino l’incontro con i bambini della primaria, il pomeriggio con i genitori, il mondo adulto. Come distingue i due linguaggi ?
In entrambi gli eventi utilizzerò modalità teatrali e un tono ironico per riuscire a comunicare i contenuti con leggerezza. Con gli adulti parlerò da adulto, ma sapere come parlare ai bambini è determinante nel lavoro di chi scrive per loro. Certo, per comunicare con loro c’è bisogno di un aiutante magico. Questo rispondo ai miei lettori bambini quando mi chiedono quali caratteristiche debba avere uno scrittore che scrive per loro. Deve avere un aiutante magico che, come nelle fiabe, gli indichi la via per farsi vicino al nucleo più profondo del bambino che leggerà la sua storia o che lo ascolterà parlare. Per quanto possa sentirsi solidale con il mondo dell’infanzia, infatti, lo scrittore adulto resta un adulto e dunque ha bisogno di un aiutante, che io chiamo: la ‘Penna bambina’. La Penna bambina è uno strumento che sta dalla parte dei bambini e che consente allo scrittore adulto di esprimere il pensiero e il linguaggio adulto in una lingua non più parlata con gli altri adulti, ma mai dimenticata o rinnegata: la lingua dei bambini. La sua ‘lingua madre’. Proprio come le fate che riescono a parlare ancora il linguaggio degli uccelli. E attenzione: non si tratta solo di saper utilizzare vocaboli comprensibili ai bambini. Si tratta soprattutto di toni, di capacità nel creare corrispondenze con ciò che il lettore bambino vive, di sapersi, insomma, mettere al suo fianco. D’altronde, il vero scrittore per ragazzi sta sempre dalla loro parte, per sua stessa natura e vocazione. Altrimenti non è uno scrittore per ragazzi. È qualcos’altro: magari uno scrittore che scrive di ragazzi. Ma non per loro.
Invenzione narrativa: ispirazione e metodo. Come si coniuga l’ispirazione con il metodo?
Inventare deriva dal latino ‘invenire’ che significa ‘andare trovando’. Già dalla stessa etimologia emerge quanto l’invenzione sia un misto di fantasia e di metodo, di evento accidentale (il trovare) e di azione volontaria (l’andare). Ciascuno di noi ha delle cose che gli ‘vengono in mente’. Magari mentre si fa la doccia, durante il rosso dei semafori, ecc. Queste cose che ci ‘vengono in mente’, le possiamo conservare raccogliendole su un taccuino, oppure no. Se poi ci ripensiamo su, cominciamo a rimuginare oppure no. Ecco: l’attività di invenzione da un lato appare quasi involontaria, dall’altro – e, oserei dire, in realtà – è frutto di una deliberata applicazione ad un oggetto. E quindi anche l’invenzione si può esercitare. O meglio, ci sono alcune azioni dell’invenzione che si possono agire volontariamente nelle quali quindi, esercitandosi, si possono sviluppare delle abilità. Siamo figli del ‘Cantami o diva del pelide Achille’ ma l’invenzione narrativa non avviene in un istante luminoso di ispirazione che tutto risolve grazie all’intervento di una Musa: si costruisce invece con il tempo, l’esercizio, la pazienza.
La sua un’attività di incontri e laboratori di scrittura con i ragazzi nelle scuole e nelle biblioteche di tutta Italia. Cosa nutre il suo entusiasmo?
La dignità dei bambini e la convinzione che ciascuno di noi può dare il suo contributo per migliorare la vita delle nuove generazioni.
Ha ideato per Monumenti Aperti il progetto “Le parole della bellezza” per raccontare agli alunni il patrimonio storico-artistico-culturale d’Italia….
I greci, riflettendo sull’ideale di perfezione del genere umano, sostenevano che ‘bello’ e ‘buono’ coincidessero (καλοκαγαθία): sono certo del valore che ha, per una persona che si sta formando, promuovere una confidenza con la bellezza di un’opera d’arte, di uno spazio architettonico, di un percorso museale, una confidenza con le radici della propria storia e i suoi migliori frutti. Credo infatti che esista in ogni percorso educativo un diritto alla bellezza – da esercitarsi con forza sempre maggiore di fronte alle proposte preconfezionate e stereotipate in cui siamo immersi – con la parallela responsabilità da parte nostra di fornire ai bambini gli strumenti adatti per riconoscerla e avvicinarla, e di regalare loro esperienze significative. Credo che per una città e il suo territorio saper fornire strumenti adeguati ed esperienze rilevanti ai suoi giovani cittadini sia strategico perché la nostra società possa sempre più frequentare ed esprimere bellezza e buoni frutti. In tutti questi anni ho sperimentato come agli alunni interessino sì informazioni storiche, artistiche, culturali ma come, ancor di più, interessino narrazioni avvincenti, e come l’utilizzo di una efficace narrazione consenta di trasmettere in modo coinvolgente – con un coinvolgimento non solo intellettivo, ma anche emotivo – tali informazioni. In questi anni ho constatato come la sfida per avvicinare i ragazzi ai contenuti del patrimonio storico-artistico-culturale d’Italia stia proprio nel saper costruire, magari insieme a loro, una vera narrazione capace di creare fascino e, in fondo, di farli divertire.
I suoi racconti si trovano pubblicati in numerosi libri di testo per la scuola elementare, l’avverte come una responsabilità? Si ritiene sufficientemente valorizzato dalla scuola di oggi?
Quando si scrive un libro, lo si fa per vari motivi. Per quanto mi riguarda ne posso individuare due fondamentali. Sono così profondamente intrecciati che non riesco più a distinguerli: scrivo per esprimermi – esprimere le mie scoperte, i miei sogni, bisogni, speranze, desideri, paure, … – e per comunicare. Se si scrive per i bambini credo che il tutto vada ancora più attentamente spostato verso la comunicazione. Anche nei momenti più ispirati, lo scrittore per ragazzi non può prescindere dal suo lettore. Perché è con lui che vuole comunicare. Scrivere per un lettore adulto è diverso: si può usare anche un linguaggio sperimentale, tematiche difficili, anche disperate volendo, si suppone sempre che l’adulto che leggerà sia in grado di elaborare tutto… un bambino no. Non tutto gli è utile. C’è una componente di responsabilità (tra virgolette) che ha lo scrittore per ragazzi. Una responsabilità non esplicitata nel testo. Implicita. D’altronde la letteratura, a mio parere, è proprio il campo dell’implicito.
Riguardo alla seconda domanda trovo ci sia ancora molta strada da fare per valorizzare pienamente la letteratura per ragazzi nella scuola italiana, sia lavorando sui programmi ministeriali, sia offrendo adeguati strumenti ai docenti.
Tanti i premi nazionali di letteratura per ragazzi, qual è stato quello che l’ha toccata di più?
Forse il Premio Andersen, il principale riconoscimento italiano assegnato annualmente agli autori per l’infanzia e ai loro libri istituito dalla omonima rivista mensile di letteratura e illustrazione per il mondo dell’infanzia, che mi è stato conferito come autore del miglior libro 6/9 anni nel 2013 per ‘Nel bosco della Baba Jaga’ (Franco Cosimo Panini edizioni).
Memorabile la lettera di Umberto Eco al nipote, per fargli comprendere internet, lei autore per ragazzi, come li vede nell’approccio libro/rete?
Condivido la preoccupazione di Eco sulla perdita della memoria, sia per i giovani sia per i meno giovani. Questa avventurosa ricerca della memoria la si può fare non solo sui libri ma anche su Internet. “Che è da usare non solo per chattare con i tuoi amici ma anche per chattare (per così dire) con la storia del mondo” dice Eco. Eppure la lettura di un libro offre al bambino delle peculiarità che non appartengono a nessun’altra forma di comunicazione.“A cosa serve un libro? Perché leggi?” mi viene a volte chiesto dai bambini. Ovvero: “Secondo te perché è importante leggere?”. Tradotta nel linguaggio adulto questa domanda dei bambini spesso significa: “Perché leggere un libro nella società massmediatica, tecnologica e informatica? Perché leggere un libro di fronte ai nuovi strumenti di comunicazione e agli alfabeti non verbali?”. Ecco una risposta minima delle principali motivazioni che mi spingono a diffondere la lettura e che sostengono anche la mia attività di scrittore:
– La lettura è un insostituibile fattore di auto–cultura. Numerose biografie ci testimoniano di ragazzi di umile origine sociale che attraverso la consuetudine con il libro sono arrivati alle vette della letteratura e dell’arte, della scienza e della politica. La lettura è – ancora oggi – il principale mezzo di decondizionamento da situazioni di handicap socio–culturale, attraverso l’apprendimento linguistico e cognitivo. Al libro può accedere chiunque sappia leggere, anche chi non ha la fortuna di avere un computer o un tablet, di saperlo utilizzare e di avere una connessione. Basta entrare in una biblioteca pubblica e prendere in prestito un libro.
– La lettura potenzia il pensiero critico e l’autonomia del giudizio. Obiettivo oggi sempre più necessario di fronte a chi spinge all’omogeneizzazione del consenso e dei consumi, in modo che tutti compriamo le stesse cose e votiamo le stesse persone. La lettura è un prezioso mezzo di libertà, contro ogni pretesa autoritaria. Non a caso tra libro e potere esiste un’antica inimicizia. L’ascesa di tutti i regimi totalitari è stata accompagnata dalla sistematica lotta al libro visto proprio come garante di libertà di pensiero.
– La lettura di opere narrative di elevato livello letterario arricchisce e dilata la fantasia, e libera la creatività. Il lettore elabora nella propria mente i personaggi e gli scenari in modo personale. A differenza di quella comunicazione massmediatica che propone fantasie preconfezionate e stereotipate.
– Esercitata su libri di elevato livello estetico, nella grafica e nelle illustrazioni, affina il senso del bello, educa il gusto, introduce alla bellezza.
– La lettura poggia su una logica lineare, ordinata, sequenziale, certi media spesso su flash, privilegiando una cultura frammentaria. Se certi media allora fanno leva sui processi primari della psiche, la lettura attiva processi mentali più complessi e profondi, tende ad un sapere interiorizzato.
La sua più bella storia esiste o la deve ancora scrivere?
La devo ancora scrivere, e mi sembra sempre più che il tempo non sarà sufficiente per raccontare ai bambini tutto quello che ho in mente!
Nella foto: la biblioteca comunale “Vincenzo Cardarelli” di Tarquina, sede alle ore 17.00 del seminario di formazione tenuto dallo scrittore Dal Cin. “Quante storie, ragazzi! L’invenzione narrativa: ispirazione e metodo” rivolto a insegnanti e genitori.
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