Correva l’anno 2006 quando la necessità di migliorare la qualità, cosi come quella di espandere la quantità dell’offerta ospedaliera spinse la Regione Lazio a individuare e a formare professionalità mediche e infermieristiche dedicate esclusivamente ai reparti di Medicina protetta. La Asl di Viterbo non rimase indietro in questo nuovo percorso e nel marzo 2006, dopo un progetto e una collaborazione in concerto con il Ministero della Giustizia e la Regione Lazio, inaugurò l’Unità operativa di Medicina protetta – Malattie infettive dell’ospedale Belcolle, che affiancava l’unica altra realtà presente allora sul territorio regionale che era quella dell’ospedale Pertini di Roma.
A distanza di dieci anni è tempo di fare una riflessione circa il percorso intrapreso e gli obiettivi che il reparto viterbese intende raggiungere nel breve medio periodo. L’occasione per un confronto fattivo con tutti i professionisti regionali che si occupano, a vario titolo, di medicina protetta, è stata fornita dal convegno “La rete ospedaliera della Regione Lazio per la popolazione detenuta” che si è svolto questa mattina presso l’aula magna dell’Università degli studi della Tuscia, alla presenza del direttore generale della Asl Daniela Donetti.
“Lo scopo e l’obiettivo principale della nascita della Medicina Protetta di Belcolle – commenta il responsabile scientifico del convegno, nonché direttore del reparto viterbese, Giulio Starnini – era rivolto inizialmente all’assistenza dei detenuti presso le case circondariali, che arrivano da 30 anni di ‘camere blindate’, con una gestione dei malati detenuti assai pesante e con accesso limitato ai servizi ospedalieri ai casi più gravi per motivi di sicurezza. Tra questi: l’elevato rischio di evasione, gli alti costi di gestione per il personale di Polizia penitenziaria, la diffidenza e difficoltà da parte del personale sanitario non preparato ad assistere questo tipo particolare di utenza”.
Negli anni la struttura di Belcolle è diventata uno dei centri di riferimento della medicina protetta, con i ricoveri che, dai 16 iniziali del 2005 (tutti provenienti dalla locale casa circondariale Mammagialla), già erano arrivati a 160 del 2006. “Al miglioramento del servizio e delle cure – prosegue Starnini – hanno contribuito tutte le unità operative di Belcolle che hanno messo a disposizione del nostro reparto tutti i professionisti loro specifiche discipline (medici, psicologi, infermieri e tecnici nelle)”.
Tra i mesi di novembre del 2014 gennaio 2015, un ulteriore passo in avanti nello sviluppo del reparto è avvenuto con il protocollo interaziendale, sottoscritto dalla Asl di Viterbo e dalle aziende sanitarie RmA, RmB, RmF, RmH, Rieti e Forsinone, e con l’istituzione del Coordinamento tecnico interaziendale. “In questo ambito – conclude Starnini – sono stati affidati alla Asl Viterbo il coordinamento di importanti progetti come la definizione dei percorsi di ricovero nei reparti di medicina protetta della Regione Lazio e la presa in carico dell’epatopatia cronica Hcv, con il complesso di Belcolle scelto come polo di riferimento interaziendale per il trattamento, follow up e per la continuità terapeutica dei pazienti in stato di detenzione affetti da epatopatia cronica virus-relata”.
In dieci anni di attività, la Medicina protetta di Belcolle ha effettuato 1993 ricoveri, di cui 1593 internistici (80%) e 400 chirurgici (20%). L’abbattimento dell’isolamento forzato dei pazienti che, per motivi di sicurezza, non possono ricevere visite è uno dei traguardi che il reparto viterbese intende raggiungere a breve.
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