“Tito e gli alieni”, salutato da un lungo applauso ha chiuso Il Tuscia Film Fest

Donatella Agostini

Il Tuscia Film Fest si conclude con la pura poesia di un film divertente, commovente, visionario e “matto”, come lo definisce la sua regista Paola Randi: “Tito e gli alieni”, salutato da un lungo applauso al termine della proiezione avvenuta il 15 luglio, sotto il cielo stellato di piazza San Lorenzo a Viterbo. Nelle stesse ore, il film ha vinto la decima edizione dell’Ortigia Film Festival, ma la sua regista ha scelto di essere a Viterbo e presenziare alla serata conclusiva della prestigiosa rassegna cinematografica viterbese.
“Tito e gli alieni” narra di uno scienziato napoletano che vive nel deserto del Nevada, accampato ai margini dell’Area 51, zona famosa per i presunti avvistamenti Ufo. È un uomo che ha rinunciato a vivere da quando la moglie è morta, e passa le sue giornate cercando di carpire tra i segnali dell’Universo la voce di lei. La sua esistenza verrà sconvolta dall’arrivo dei suoi nipotini, Tito e Anita, rimasti soli al mondo dopo la morte del loro papà. I due ragazzini napoletani piombano nella vita dello zio come simpatici e stralunati astronauti, svegliandolo dal suo torpore e facendogli riscoprire gli affetti e la voglia di vivere.
A commentare il film, insieme al direttore di TFF Enrico Magrelli, la talentuosa regista milanese Paola Randi, già candidata nel 2011 al David di Donatello come migliore regista esordiente. «Il film nasce in realtà da un’esperienza mia personale», racconta la Randi. «Mio padre era un uomo di straordinarie doti di leggerezza, ironia, spirito di intelligenza. Nell’ultima parte della sua vita stava perdendo la memoria, e trascorreva ore su una poltrona a guardare il ritratto fotografico di mia madre appeso al muro, cercando di conservarne il ricordo. Quest’immagine me ne ha suggerita un’altra simile, un uomo sdraiato su un divano in mezzo al deserto, con un paio di cuffiette in testa e un’antenna, che cercava nell’universo la voce di sua moglie che non c’era più. E da lì ho iniziato a costruire questa storia». “Tito e gli alieni” è un film assolutamente eccentrico rispetto alle storie raccontate solitamente dal cinema italiano, per la tematica e per l’utilizzo sapiente degli effetti speciali. Grande l’interpretazione del protagonista, Valerio Mastandrea, che unisce umanità vibrante, indolenza e cuore, ironia e malinconia, fondamentali per il suo personaggio. E straordinaria è l’interpretazione dei due bambini, Chiara Stella Riccio e Luca Esposito. «Per me era importante che i bambini fossero napoletani. Perché Napoli ha un rapporto unico, particolare con l’aldilà, privo di paure e timori reverenziali, una sorta di innocenza intatta. È credibile che un bambino napoletano di sette anni possa realmente pensare di poter parlare con suo padre morto». Il film è stato girato anche direttamente nel deserto del Nevada, nei pressi della famosa e controversa Area 51, teatro di presunti atterraggi di dischi volanti e contatti con gli alieni. Extraterrestri che immaginiamo con le sembianze suggeriteci da innumerevoli altre pellicole, ma Paola Randi ci spiazza suggerendoci un’immagine a cui non avevamo mai pensato. «Anch’io, come capita purtroppo nella vita, ho dovuto affrontare dei lutti, delle perdite importanti. Mi sono chiesta quali antidoti possiamo mettere in atto per riuscire ad affrontare la paura dell’ignoto. Mi ha colpito la definizione di extraterrestre: letteralmente, quello che non è sulla Terra. Calza a pennello con quelli che non ci sono più…qui non ci sono, saranno da un’altra parte: sicuramente nella nostra memoria, nello stesso universo, dove esistono veramente le tracce, gli echi di coloro che sono vissuti. Il problema è che non abbiamo i mezzi per raccogliere questi dati. La matematica è il linguaggio per capire l’universo… ma in fondo in fondo lo è anche il cinema».

Foto di Donatella Agostini

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