Cristina la donna dei fiori del San Lazzaro

di Luciano Costantini

Cristina Tognazzini è la donna dei fiori del San Lazzaro. Che non è esattamente un sofisticato resort o un albergo a cinque stelle, ma il cimitero di Viterbo dove si trova la sua ultima dimora terrena. Riquadro Cinque, a destra (per chi entra dal cancello principale) del tempio monumentale. Un modesto cippo in peperino con al centro una ceramica bianca. Una cometa di candide margherite riporta al giorno della morte, sedici gennaio 1912, e lo associa a un tenero invito: “Gentile (i) amiche che di qui passate perché un fiore non mi donate?”. In alto al centro, un cammeo che incastonava l’immagine della donna e che l’ingiuria del tempo ha inesorabilmente cancellato. Restano, acciambellati in un vaso, garofani bianchi e rosa, crisantemi, gerbere, qualche orchidea, che tuttavia non possono più sprigionare dolcemente il profumo della vita. Sono in plastica. E se non riescono ad impregnare l’aria intorno alla stele, sono lì a testimoniare che l’affetto è comunque un sentimento che va oltre la morte. La delicata richiesta di un fiore è un inno alla vita. Oggi sono 107 anni che Cristina ha lasciato la sua. Una esistenza breve se è vero che è durata solo quarantadue anni. Di Cristina e del suo viaggio terreno non si sa molto. Solo notizie frammentarie che siamo riusciti a recuperare dai documenti del tempo. Dal Libro dei Defunti del San Lazzaro emerge che la donna, all’indomani della prematura morte, trovò un momento di riposo in una tomba a terra, a ridosso del tempio del San Lazzaro e solo successivamente, intorno ai primi anni Venti, fu tumulata sotto la stele al riquadro Cinque. Era nata a Bolsena e il padre si chiamava Luigi. Di più il registro del cimitero viterbese non rivela. Qualche notizia aggiunge il Libro delle Nascite conservato presso la Chiesa Collegiata della cittadina lacuale. Un tomo rilegato in pelle e pagine vergate nel massimo rispetto della calligrafia. In latino, ovviamente. Un paragrafo un po’ sbiadito riporta che Cristina Tognazzini fu battezzata il 9 marzo del 1869, proprio nella chiesa dei SS. Giorgio e Cristina – la chiesa del miracolo del Corpus Domini – dal sacerdote Aloisio Battaglini, nelle braccia della madre, Angela Guerrini. Era venuta alla luce alle 11 di sera, verosimilmente il giorno prima. Le furono dati i nomi di Cristina, Giuseppa e Maria Santa. Padrini Domenico Provinciali e Celeste Menichelli. I riferimenti anagrafici certi si fermano qui. Quello che è stato il suo futuro resta avvolto nel mistero: fu la sua una esistenza radiosa o una vita difficile? Proviamo a dare spazio all’immaginazione. La base del cippo in peperino del San Lazzaro riporta una scritta, ancora sufficientemente leggibile. Possibile, anzi probabile, che lì sotto riposi anche un’altra donna. Tutte e due andate spose, in tempi diversi, allo stesso uomo, residente a Viterbo. La lapide comunque è dedicata esclusivamente a Cristina, la donna dei fiori che da un secolo invita con grazia le amiche che di lì passano a farle omaggio di un fresco bocciolo. Ma, attenzione, non perdete il tempo e l’occasione perché il posto, avverte la lapide, è “precario”. Così come la vita.

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