Nuovo appuntamento per “Cultura in Gradi”, il ciclo di incontri organizzato dal Dipartimento di Scienze Umanistiche, della Comunicazione e del Turismo dell’Università della Tuscia di Viterbo. A raccontare di sé, del suo rapporto con la scrittura e di Rocco Schiavone – il fortunatissimo personaggio uscito dalla sua fantasia di scrittore – Antonio Manzini, l’autore della serie di romanzi polizieschi pubblicati da Sellerio Editrice. Romanzi divenuti popolarissimi dopo la loro trasposizione nella serie tv omonima, interpretata da Marco Giallini e trasmessa con successo dalla Rai. A fare gli onori di casa, in un’Aula Magna particolarmente gremita, il direttore del Dipartimento prof. Giovanni Fiorentino e Rossella Cravero, giornalista e docente del Laboratorio di Scrittura Creativa del Disucom, per un incontro che per volontà di Manzini non è stato né formale né accademico, ma una piacevolissima e divertente conversazione sulla scrittura e il suo ruolo oggi. Prima che autore di bestseller, Manzini è sceneggiatore e scrittore teatrale, e la conoscenza dei testi dei grandi autori e del ritmo che impone un copione è fondamentale, a suo dire, per essere in grado di rappresentare al meglio la realtà. «Per me la scrittura è metamorfosi. La recitazione teatrale è entrare, sposare un personaggio, diventare lui. La scrittura è un processo molto simile: è difficile scrivere di qualcosa nel quale non ci si può immedesimare. E se si vuole scrivere bene, è sempre meglio parlare di luoghi che si conoscono. La narrazione non si può insegnare tecnicamente, a differenza della sceneggiatura. Non esistono manuali. Esiste soltanto l’autodisciplina per quello che è a tutti gli effetti un lavoro. Che poi l’idea vincente ti può venire in un istante, in qualsiasi luogo tu ti trovi: Rocco Schiavone è nato una notte mentre viaggiavo su un gatto delle nevi». Il personaggio del vicequestore Schiavone viene spesso paragonato al commissario Montalbano di Andrea Camilleri, anche lui divenuto popolarissimo per l’interpretazione televisiva di Luca Zingaretti. «Camilleri era mio insegnante all’Accademia di Arte Drammatica», racconta Manzini. «Fui io il primo a leggere il manoscritto de “La forma dell’acqua”. Abbiamo creato entrambi due personaggi entrati nel cuore e nell’immaginario degli spettatori, due personaggi che attingono entrambi alla tradizione italiana delle maschere. Ecco, Montalbano e Schiavone sono due maschere riconoscibili. Schiavone si evolverà, crescerà, si invecchierà, come tutti noi. Gli voglio bene, perché mi ha dato la libertà di scrivere anche di altro». Manzini non fa mistero di preferire la letteratura al cinema e alla tv. «Tra il libro e il lettore si instaura un dialogo intimo: il romanzo evoca, il lettore immagina. Il cinema invece è troppo potente per lasciare spazio all’immaginazione». A concludere, il commento di Rossella Cravero: «Rocco Schiavone è un personaggio molto umano, molto semplice, ma dietro la sua costruzione c’è un percorso professionale importante. Per giocare con le parole è necessario un bagaglio di formazione, che poi si può spendere anche con la semplicità. Per saper scrivere, come Antonio Manzini, serve fatica e studio».
Lo scrittore Antonio Manzini presenta Rocco Schiavone a Cultura in Gradi
di Donatella Agostini