Visto da noi: Dolor y Gloria, Almodóvar torna a parlare di sé con un film a cuore aperto

di Nicole Chiassarini

Dolor y Gloria è il film drammatico scritto e diretto da Pedro Almodóvar, in proiezione nelle sale italiane dal 17 maggio, che lo ha visto di nuovo al lavoro con Antonio Banderas e Penelope Cruz in una delle sue pellicole migliori in cui si mette a nudo affidando a un grande Antonio Banderas la sua rigenerazione. Il film in concorso a Cannes ha assegnato a Banderas il premio come migliore attore protagonista. Un’interpretazione che ha conquistato il cuore della stampa e del pubblico, anche noi lo abbiamo visto in questo fine settimana e ne siamo rimasti stregati.
Un regista che non potrà più fare il suo lavoro ripensa al suo passato e alla sua vita. Il regista Salvador Mallo (Antonio Banderas) si trova in un periodo di crisi fisico e creativo. Nelle sue giornate vuote tornano nella sua memoria vecchi fantasmi, i giorni di un’infanzia povera in un paesino nella zona di Valencia, un film da cui aveva finito per dissociarsi e tanti altri momenti fondamentali della sua vita. Un film in qualche modo autobiografico, Pedro Almodóvar si mette a nudo di fronte a milioni di persone e decide di raccontare il suo passato, la sua dipendenza da eroina e il proprio malessere. Lo fa sotto le mentite spoglie di Salvador Mallo, con uno stile stravagante e raffinato intrinseco nel suo cinema e, soprattutto, lasciandosi andare sul punto di vista emotivo.
Caratterizzato da passione, dolore e dipendenza, il film racconta perfettamente un trascorso del regista e lo fa anche grazie alla recitazione del giusto alter ego, un Antonio Banderas del tutto nuovo, che mette da parte il suo fisico da latin lover e concede allo spettatore la vista di un aspetto più intimo e profondo che fino ad ora non aveva avuto la possibilità di mostrare, dando vita così una delle sue migliori interpretazioni. Un’importante ruolo è anche quello di Federico (Leonardo Sbaraglia), l’amante del passato perso lungo la tortuosa strada della vita, che costruisce conversazioni tra lui e Salvador che sono verità e pura vita. Presente nella pellicola anche la musa di Pedro Almodóvar, Penelope Cruz, nel ruolo dell’amata madre del regista quando decide di riscrivere la sua storia, ripercorrerla e affidando all’attrice un ruolo che ancora una volta la vedrà a suo agio di fronte alla macchina da presa del suo amico. La figura materna è ancora una volta dispositivo di ancoraggio centrale, sia alla giovinezza che all’età adulta e chi conosce i film di Almodóvar lo sa, è una caratteristica costante nella sua filmografia. Il protagonista ritorna e fa pace con il passato usando la sua incredibile forza creativa con una svolta inaspettata nella sequenza finale che riuscirà a dare un significato completamente nuovo all’intera storia, regalando intense emozioni positive.
Una fotografia tipica delle pellicole di Almodóvar che cerca di mettere in primo piano i dettagli, i volti, per creare un collegamento indissolubile con lo spettatore. In grado di mostrare e far percepire le vere emozioni dei personaggi, ma soprattutto capace di far immedesimare nella sofferenza del protagonista, nei suoi vecchi ricordi e nelle sue paure. Con la colonna sonora del candidato all’Oscar, Alberto Iglesias, il film combina abilmente il buio dell’animo con il melodramma, ma ancora una volta il regista fa una scelta azzeccata, inserendo nella pellicola la voce di Mina sulle note di “Come Sinfonia” in grado di rendere la storia ancora più seducente agli occhi dello spettatore.
Dolor y Gloria inizia palesando le difficoltà e il malessere di Salvador, il suo passato e l’inizio della sua dipendenza con l’eroina sembra vogliano portarlo nel baratro, un’oscurità a cui inizialmente il regista si adatta. Ma finisce con il diventare l’accettazione di sé, del passato e dei dolori del presente. Il ritratto di un uomo e artista il cui cinema da malattia diventa cura necessaria per risollevarsi e ritornare a guardare indietro senza soccombere. Un film a cuore aperto, in cui la speranza di rinascere viene dichiarata fin dall’inizio, ma anche una riflessione sul cinema e sulla possibilità di esprimere ciò che normalmente sembra inenarrabile. Almodóvar porta sul grande schermo un film che è riconciliazione tra passato e presente, ma soprattutto con sé stessi.
Un film di rara bellezza, tra i migliori di Pedro Almodóvar, che riesce a congiungere la bellezza delle immagini, della musica, delle performance degli attori con il trascorso più buio del regista in una pellicola che racconta con immensa dolcezza di un malessere fisico e psicologico in grado di schiacciare chiunque, ma anche di una forza di volontà capace di smuovere montagne e risollevare uno spirito ormai abbattuto da tempo. Un film assolutamente da vedere, soprattutto se si è appassionati del cinema auto-manieristico di Almodóvar e di pellicole che, come questa, regalano proprio sul finale un’inaspettata gioia di vivere.

credit foto: Mattia Pasquini

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