11 Novembre, il detto viterbese: “Pi Sammartìno, se sbuca la botte dil vino”

di Gianluca Braconcini*

Pi Sammartìno, se sbuca la botte dil vino.
* Questo modo di dire viterbese, così come altri, diffusi in diverse regioni e legati a questo santo: “Pi Sammartìno, ‘gni mosto adè vino”; “Pi Sammartìno, castagne e nòvo vino”; evidenzia l’importanza che questa festa assumeva nel mondo rurale e alla tradizione contadina legata all’apertura delle botti per assaggiare il vino novello ed ai piaceri dei cibi autunnali.
Mi raccontava mio nonno che in questo giorno lui e gli altri contadini aprivano un apposito foro presente nella botte, chiuso precedentemente con della stoppa pressata, unita a cemento o pece per rendere completamente ermetico il recipiente. Per questa operazione si utilizzava un particolare trapano detto “tucìno”….da cui il modo di dire dialettale: “stucinà’ la botte pi Sammartìno”. Una volta tolta la stoppa si introduceva una piccola cannella e si “cavàva” il vino riempiendo un panciuto “quartaroncèllo”; la degustazione era chiaramente accompagnata con un sostanzioso e calorico companatico. La particolare ritualità che ancora caratterizza questo giorno è legata alle numerose leggende e credenze popolari nate intorno alla figura del santo,
poi vescovo di Tours. Un tempo, in questo periodo, si celebravano le Dionisiache rurali: feste con processioni e rappresentazioni teatrali per celebrare il raccolto agricolo e ringraziarne Dioniso riguardo il vino.

Ancora oggi in Grecia, nelle feste dette “Anesterie”, in onore del santo vengono aperte le botti con il vino nuovo. San Martino nella tradizione religiosa cristiana ha preso il testimone del Dioniso divenendo così il santo del vino e, secondo la tradizione francese, fu il primo a piantare la vite ed insegnare ai suoi monaci la potatura e la vinificazione.

**Cultore del dialetto e della storia viterbese

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