Veronica Di Benedetto Montaccini : “La carica della natura nella Tuscia per tornare a mille sulle prossime inchieste”

di Maria Letizia Casciani

Veronica Di Benedetto Montaccini, viterbese, 28 anni è uno dei talenti che crescono facendosi apprezzare nel mondo del giornalismo che ha scelto senza tentennamenti come suo percorso professionale. Si è diplomata presso il Liceo Scientifico “Paolo Ruffini” di Viterbo; ha frequentato l’Università “Roma Tre” e, dopo la Laurea, ha seguito i corsi della Scuola di giornalismo “Fondazione Lelio Basso”.Subito si è resa pronta per iniziare il suo cammino in modo spedito senza mai fermarsi. Ha collaborato con OFCS Report, Cittalia e con la Repubblica. Ha lavorato – a Parigi – con il periodico Café Babel e da Parigi è stata corrispondente per la Radio Vaticana. Attualmente lavora come giornalista per il periodico di informazione TPI.

Nel 2018 ha vinto il prestigioso premio “Roberto Morrione”, dedicato al giornalismo di inchiesta. Che dire di più di questa  under30 impegnata nel raccontare ciò che si deve sapere per maturare una coscienza civile forte? L’abbiamo incontrata ed ascoltata.

 

Nel 2018 Lei ha vinto con Francesca Candioli  il prestigioso premio nazionale dedicato ai giornalisti esordienti intitolato a Roberto Morrione, giornalista RAI. Cosa ha significato per lei?

Roberto Morrione è stato uno dei fondatori di Rainews e credeva davvero nel giornalismo d’inchiesta e nei giovani. Vincere quel premio è stato un onore e mi ha insegnato tantissimo. Per un anno io e Francesca Candioli abbiamo avuto la possibilità e le risorse (che per i freelance sono tutt’altro che scontate!) per scavare ed andare a fondo sul business legato ai cordoni ombelicali, una vera e propria truffa sulla pelle di migliaia di neogenitori, che si ripercuote sulla salute di tutti. Il premio mette a disposizione anche un supporto legale, fondamentale per evitare querele, e un tutor, che, nel nostro caso, è stato il giornalista di “Report” Federico Ruffo. Questo premio mi ha dato la conferma che il giornalismo di inchiesta è la cosa che più voglio fare nella vita. Morrione diceva: “Fa’ quel che devi, accada ciò che può” ed è proprio così: se ti impegni al massimo per i tuoi sogni, poi le cose accadono davvero!

Ha poi deciso di preparare una valigia capiente e di partire alla scoperta dell’America. Che tipo di esperienza è stata per la sua crescita professionale?

Che viaggio, quello negli States! Leggevo ogni giorno di ingiustizie nei confronti della comunità afroamericana e volevo andare a vedere con i miei occhi. Perché l’80% della popolazione carceraria è ancora composta da afroamericani? Perché – a parità di lavoro – un nero guadagna meno di un bianco? Perché in alcune scuole vale ancora la legge “separate but equal”? Per rispondere a queste domande ho preso la telecamera e sono andata nei quartieri afroamericani di Chicago, Saint Louis, Atlanta e Baltimore. Ho trovato un’America più razzista che mai, nonostante gli otto anni della presidenza Obama. Insomma, il sogno americano vale solo per chi se lo può permettere e, per gli altri, monta la violenza. Si è visto, di recente, con i casi George Floyd e Jacob Blake.

Iniziano le collaborazioni con  Cafébabel,   il primo magazine partecipativo fatto da e per i giovani europei. Ha vissuto a lungo a Parigi  partecipando alla conferenza stampa organizzata subito dopo la vittoria di Macron alle elezioni. Che esperienza ne ha tratto?

Cafébabel è una famiglia, per me. La sicurezza di avere ospitalità in tutta Europa, dovunque voglia andare! Abbiamo vissuto talmente tante avventure con i giornalisti francesi, inglesi, spagnoli, tedeschi, polacchi con cui lavoravo a Parigi, che il legame va ben oltre il giornalismo. Quell’anno è stato davvero movimentato: ho coperto l’attentato agli Champs Elisées, l’insediamento di Tajani al Parlamento Europeo e l’elezione di Macron, dopo uno storico ballottaggio con Marine Le Pen. Oltre che per Cafébabel lavoravo come corrispondente per la Radio Vaticana ed era davvero adrenalinico preparare i servizi per il Gr delle 6, andare in diretta, tradurre live il discorso del nuovo presidente Macron, raccontare un pezzo di storia.

Tornare a Viterbo e nella Tuscia dopo tanto viaggiare. Con quali occhi si osservano le cose di casa?

La nostra terra è stato per me il punto di partenza. Ho iniziato quando ancora frequentavo il liceo, a 17 anni, a collaborare con Tusciamedia. Ero la mascotte di redazione. Il giornalismo locale è fantastico, perché il riscontro tra le notizie che pubblichi ed i lettori è immediato: è il panettiere sotto casa che ti riconosce, il Sindaco che ti chiama, l’amico di famiglia che ti passa una notizia. Sto tornando ora nella Tuscia per raccontare la situazione dell’acqua pubblica, mal gestita ed ancora inquinata dall’arsenico. Ho occhi più maturi per capire le manovre politiche dietro tante cose che non vanno. Ma anche per amare di più un territorio speciale.

“Il cantuccio in cui, solo, siedo”

Qual’è il punto di Viterbo , o della provincia, in cui si è identificata maggiormente e da cui si è sentita sempre accolta?

Ho tanti posti speciali, in cui mi sento a casa. Uno è il circolo ippico della Leia, dove per tanti anno ho montato a cavallo e dove sono cresciuta. Un altro angolino, dove vado sempre a pensare e a cercare ispirazione, è la piattaforma dei deltaplani, che ha una vista incredibile sul lago di Vico. La carica della natura, per poi tornare a mille sulle prossime inchieste.

 

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