“Aria”. Da Orvieto a Trieste

di Laura Sega Marchesini

Sono le prime ore dopo il tramonto ad illuminare tenui ed avvolgenti le luci e le ombre del mio cammino che dal porto mi conduce verso la piazza. Il tepore dell’aria salata è docile ed accompagna i miei passi con elegante complicità e mentre tutt’intorno è già il silenzio e il richiamo di qualche onda salmastra annuncia il tempo calmo della sera mi ritrovo al centro della piazza con gli occhi brillanti di meraviglia.
Quattro vele brune ed affusolate puntano il cielo con le loro “penne” ben definite ed abbracciano con le rande rotonde e materne i contorni di quella che fu la piazza “grande” di Trieste.
Leggere ed erette sulla loro fissità sembrano condurre una danza antica e solitaria che un
palcoscenico marmoreo sopraeleva con austera grazia. Le forme delicate ed allo stesso tempo imponenti richiamano chiaramente gli empiti di uno spirito sognatore che scava nel fondale della fantasia per portare alla luce la bellezza di un’idea. Ma cos’è un’idea se non una proiezione del proprio sé alla ricerca di un ormeggio salvifico alla propria natura?
Osservo con incanto la scultura, la percorro lungo tutto il perimetro, la raggiungo con lo sguardo fin dentro le cavità delle vele per raccoglierne tutta l’armonia e la sapienza. Una sapienza operosa che parla di mani sporche e cuore impavido, di sentimenti puri e rispetto per la vita. Un tributo allo spirito inquieto che nel divenire dell’esistenza non manca di inneggiare agli elementi di cui è fatto l’uomo e che da un blocco d’acciaio e travertino delinea l’orizzonte romantico di una visione ché “l’arte deve rivelarci idee, essenze spirituali informi” direbbe Joyce.
Chiudo per un attimo gli occhi per proteggere l’istantanea d’una magia e percepisco la carezza benefica d’un vento inedito proveniente dal molo Audace che simbolicamente quelle vele hanno raccolto per me e lascio che mi attraversi percorrendo le emozioni che l’arte ha portato a galla e conducano il mio respiro affamato di spiritualità in cerca di quell’Aria che Stefano Conticelli ha saputo poeticamente frangere.

 

Stefano Conticelli vive e lavora nella campagna di Orvieto. Il suo talento creativo affonda le radici in famiglia. Coadiuvato da una spiccata manualità e da una profonda conoscenza dei materiali, nella sua Bottega crea, dal 2007, collezioni e opere originali, in edizione limitata, con interpretazioni in equilibrio fra poesia e gioco. Per unicità ed eleganza le sue creazioni, realizzate rigorosamente a mano, sono ammirate e richieste dai più celebri imprenditori, come Loro Piana, Monaco Boat Service-Riva Exclusive Dealer, Fiat, Zegna, Gruppo Messina, Wannenes, Conceria Pietro Presot, che rappresentano l’eccellenza del prodotto italiano nel mondo. Conticelli collabora inoltre con numerosi chef di fama internazionale tra cui Alain Ducasse, Davide Oldani, Filippo La Mantia ed Emanuele Mazzella. Per Stefano Conticelli la Bottega è un luogo di continua ricerca e fonte di risorsa interiore e ispirazione

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