Massimo Bonelli dirige la scuola italiana a Madrid: la nostra formazione riconosciuta ovunque

di Rossella Cravero

A tenere ben stretto il legame con la Tuscia sono gli affetti, perché per il resto l’aria madrilena ha conquistato Massimo Bonelli, per otto anni dirigente dell’Istituto Colasanti di Civita Castellana e per un anno reggente del Liceo Ruffini, ha trovato in Spagna quello che tutti forse vorremmo incontrare a casa nostra: senso civico, servizi che funzionano, buon cibo (sto facendo delle scorpacciate di pesce) e soprattutto un ambiente lavorativo di grande soddisfazione. Da quest’anno Bonelli dirige la Scuola italiana di Madrid. L’Enrico Fermi di Madrid è un istituto omnicomprensivo, dalle elementari al liceo scientifico, nel cuore della penisola iberica. Delle 8 scuole italiane all’estero la Spagna è l’unico Paese ad averne due, con sede a Barcellona e Madrid. Gli alunni italiani sono un 30 percento, poi ci sono ragazzi spagnoli figli di italiani che vivono ormai da anni all’estero. Per gli alunni italiani la scuola è gratuita, per tutti gli altri, funziona come una scuola privata.

«La formazione della scuola italiana è riconosciuta ovunque e questo è il motivo per cui chi vive in Spagna per avere un’istruzione d’eccellenza punta sull’Italia – spiega Bonelli – Nello specifico questa scuola italiana è sicuramente ad un livello molto alto, dipende dall’ambasciata e dal consolato, i ragazzi che la frequentano sono abituati ad esperienze internazionali, così come i docenti che vi insegnano. I professori sono tutti italiani come prima lingua, e hanno almeno la certificazione in altre due lingue. I docenti spagnoli sono solo quelli di educazione fisica, religione e lingua straniera».

750 alunni, 12 classi di liceo e in questo periodo di pandemia tutti rigorosamente a scuola. Ebbene sì, la didattica a distanza nella regione di Madrid non c’è. Sorge spontaneo chiedere proprio al professor Bonelli che aveva vissuto la precedente pandemia in Italia, perché in Spagna si riesce a garantire la presenza e da noi no?

«Qui ci sono i trasporti che aiutano, basta pensare che la metropolitana vanta 294 km per capire che le condizioni sono ben diverse. I ragazzi hanno accesso alla Scuola italiana da quattro ingressi differenti e per ogni entrata si è stabilito uno scaglionamento di 45 minuti per far sì che non ci sia affollamento. Tutte le scuole hanno a disposizione in presenza costante un medico e uno psicologo. In questo periodo noi abbiamo un’infermiera perché i medici sono molto sotto pressione, ma questo ci consente di poter agire in maniera corretta già all’interno della scuola nel momento in cui si verifica un problema di salute».

E nella vita di tutti i giorni

«Le mascherine qui si portano sempre da tutta l’estate e soprattutto non vedi nessuno che la indossa in maniera non idonea. Cinema, teatri, musei è tutto aperto. Manca il turismo, quello sì, e sono stati ora bloccati gli spostamenti tra regioni, ma per il resto rispettando le regole tutto funziona, ristoranti compresi che osservando il dovuto distanziamento restano aperti».

Pregi e difetti emersi dal confronto?

«Il sistema di formazione italiana resta un’eccellenza. I nostri ragazzi hanno una capacità espositiva superiore che viene riconosciuta da tutti. Nelle scuole spagnole quasi tutte le verifiche sono scritte e questo limita una formazione dialettica di cui invece la nostra scuola può vantarsi. Sicuramente, noi siamo all’avanguardia sul lato pedagogico alle elementari poi andando avanti ci perdiamo. Abbiamo sicuramente minore capacità di seguire i ragazzi nelle loro specificità, ci si dedica meno nel far emergere le doti di ognuno e ci si dirige in una preparazione più specialistica».

A quando il ritorno?

«Il mandato dura sei anni. Per ora sono contento di vivere questa splendida esperienza. Un arricchimento personale di cui far tesoro e che un domani potrò condividere lavorativamente anche a casa».

 

 

 

 

 

 

 

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