“La Casa sulla Strada” non semplicemente il titolo di un libro editato dai protagonisti.
“Chi ha una grande ricchezza in sé stesso è come una stanza pronta per la festa di Natale, luminosa, calda e gaia in mezzo alla neve e al ghiaccio della notte di dicembre” affermava Arthur Schopenhauer.
C’è una data che segna l’inizio di quella che è di più di una storia: 24 agosto 2016, ore 3:36;quando una scossa di magnitudo 6 scuote il centro Italia investendo quattro regioni: Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria. 299 i morti, decine e decine i feriti, alcuni Comuni vengono rasi al suolo: Amatrice, Accumoli, Arquata del Tronto sono l’epicentro di una immane tragedia. Libertino è una delle 17 frazioni del comune di Accumoli in provincia di Rieti, totalmente rase al suolo. Un villaggio di un fascino unico per la sua posizione esclusiva. Le case quasi tutte di origine ottocentesca. Nei documenti Libertino, Ipertino e Vipertino, forse da ubertinus (uber), fa riferimento alla fertilità dei campi tra il Tronto e il torrente Pescara.
La Casa sulla strada era dominante per chiunque si trovasse a passarvi, una vera “casa sulla roccia”, costituita da un enorme reticolo di pietre e travi di legno, addossata per 50 metri al grande versante che contiene il sovrastante capoluogo Accumoli e direttamente a contatto della consolare Salaria, che certamente ne è stata, sin dall’inizio, la sua vera ragione d’essere dal lontano 1800.
Così comincia la storia. Nel 1852 la famiglia Forletta proprietaria della Casa sulla Strada, l’ha arricchita e definita nella sua forma finale, ma non ha mai abitato la gigantesca costruzione di circa 1000 metri quadri. La casa strutturata sue due piani oltre alle botteghe e magazzini del piano terra, è addossata sul lato nord alla collina sovrastante, per una tecnica costruttiva a terrazzamenti che ne ha rafforzato la statica e la solidità. A sud volge lo sguardo al maestoso triangolo di Pizzo di Sevo, prima montagna dei Monti della Laga mentre a est permette di osservare la sagoma rocciosa del Vettore, prima montagna della catena dei Sibillini. Questa posizione strategica è stato sempre il punto di forza della casa.
A completamento il grande pagliaio trasformato negli anni in camere di albergo. Una cappella privata, conosciuta come “la chiesetta” costituiva l’agglomerato speciale della struttura. La Madonnina contenuta all’interno era nota come “Madonna del Ponte” e venerata nel corso dei secoli dai viandanti della consolare Salaria, che portava a Roma.
Peppe Nanni e la moglie Agnese nel 1921 erano ritornati dall’America allestendo un promettente pastificio a Roma in via Fabio Massimo, ma l’inquieto Giuseppe aveva nel cuore il suo paese natio in terra reatina, stimolato anche dal compaesano Augusto Forletta che gli suggeriva l’ottimo investimento nell’acquisto della Casa sulla Salaria a Libertino, ideale da adibire ad attività commerciale. Giuseppe non ci penso su due volte e con un atto di grande audacia vendette il laboratorio romano di pasta, e acquistò per ben 15 mila lire in contanti il caseggiato di Libertino, che assurse a una vita nuova fatta di affetti e lavoro. All’inizio fu una osteria, poi vendita di generi alimentari e tabacchi, oltre un luogo di ospitalità dei viandanti. L’osteria divenne famosa soprattutto nella capitale per i ricercati vini romani che allietavano gli avventori al gioco delle carte e della morra quando giungevano a Libertino nei momenti di riposo. Neanche la guerra scalfì l’attività di Casa Nanni, lo slancio della ricostruzione fece rifiorire la zona a confine di 4 regioni. Fu Orlando, seconda generazione Nanni che continuò l’attività paterna agli inizi del 1950. Insieme alla moglie Teresa hanno caratterizzato gli ultimi 70 anni con la loro presenza costante e ingegnosa, indimenticabile per chiunque ne sia venuto a contatto. Gli anni a precedere il terremoto sono stati quelli della trasformazione di Casa Nanni in un resort elegante, grazie alla domanda che si era generata,gestito dalla terza generazione Nanni,composta dai fratelli Giuseppe e Armando con una gestione che coinvolgeva gli interi nuclei famigliari.
Il terremoto del 2016 ha reso inagibile la struttura . Il 23 aprile 2019 alle ore 8.00 del mattino inizia la demolizione con ruspe e gru della Casa sulla Strada.
A tre anni dal terribile sisma,ad accompagnare questo evento così doloroso si sono alternati al capezzale per l’ultimo affettuoso saluto i fratelli Nanni Giuseppe e Armando.
Sono loro che hanno voluto lasciare una testimonianza di uno spaccato di vita attraversata da migliaia di persone in 100 anni che in quella magica Casa si sono sentiti in famiglia.
Un racconto bello, fatto di audacia, di lavoro, di tradizioni trasmesse di padre in figlio che restituisce uno spaccato della realtà sociale dei nostri paesi in un arco di tempo che la nostra Regione Lazio dovrebbe trasportare come documentazione storica di ciò che non si vede più ma che ha segnato la storia di una comunità.
La ricostruzione post terremoto attribuirà un nuovo spazio per riprogettare la struttura, forse ci sarà un nuovo nome, entrerà in campo la quarta generazione Nanni, quella di Alessandro, Laura, Alessio, perché di una cosa i Nanni sono certi, che l’amore per quel territorio non verrà mai meno e la Casa sulla strada rimarrà il libro che in una narrazione sottolinea i valori del coraggio e della consapevolezza del ruolo sociale dell’uomo divenuto imprenditore. Il tutto raccontato attraverso le azioni, più delle parole, di un uomo fuori dall’ordinario, quel Giuseppe Nanni che ha dato il via in tempi non sospetti all’abilità e alla sostanza del cuore, pulsante, brillante, quasi magica, dell’imprenditore, senza mai perdere di vista le sue radici che ha lasciato come patrimonio e valore aggiunto ai suoi eredi.