Cesare Ceccolongo, dal Teatro Senza Tempo all’oggi: l’arte ha sempre in sé la natura dell’innovazione

di Giulia Benedetti

Attore comico, drammatico e artista poliedrico, Cesare Ceccolongo nasce a Viterbo nel 1993. Nel 2014 si iscrive all’Accademia di Arti Drammatiche “TeatroSenzaTempo” e negli anni coltiva la sua carriera e le sue passione frequentando vari workshop di teatro, cinema, cabaret e scrittura comica. Tante le performance in cui ha preso parte, partecipando anche al festival ” Quartieri dell’Arte” a Bomarzo,ideatore Gian Maria Cervo, in cui ha debuttato con un originale allestimento. Sempre in collaborazione con Gian Maria Cervo, è stato il giudice in L’Uomo più crudele nel luglio 2019 quando ancora la pandemia non era entrata nel nostro vissuto quotidiano. Ha partecipato anche al Festival della Comicità ad Evoli nell’estate 2019 e quello della comicità “Makkettirid” all’Accento Teatro di Roma.  Cesare Ceccolongo un giovane  d’indiscusso talento determinato ad affermarsi come attore e ad avere una formazione più completa possibile.

Proviamo a capire di più di un artista che è cresciuto con il respiro della Tuscia sognando quel palcoscenico che la pandemia ha fatto smuovere proprio perché ha tolto la possibilità di fare.

Come si scopre l’attitudine alla recitazione?
Nel mio caso, credo di esserci nato. Pur non avendone memoria, la mia famiglia afferma che già da piccolo mi cimentavo nelle imitazioni di personaggi locali. In più seguivo sempre mio padre che recitava in una compagnia teatrale amatoriale di Bomarzo, inseguendo in ogni spettacolo con entusiasmo. Un po’di passione mi è stata trasmessa da lui e poi, crescendo ho deciso di farne il mio lavoro. Tutto però è partito dalle imitazioni che facevo a casa e a scuola, basandomi sull’osservazione delle persone che mi circondavano.

Qual è stato il primo spettacolo e cosa ne ricorda?
A livello professionale, è stato il Faust, realizzato con l’accademia Teatro Senza Tempo, incentrato sulla storia dei Faust di 3 diversi scrittori: quello di Pessoa, di Goethe e di Marlowe.Interpretavo il primo e devo dire che la cosa che più mi ha affascinato è stata l’esplorazione del lato oscuro, sia del personaggio ,sia la mia. È da quella che ho attinto per riuscire a portare in scena il mio Faust. Avendo più esperienza come attore comico è stato affascinante passare ad una parte più drammatica e complessa dal punto di vista psicologico. Una bellissima sfida.

Si sente più attore drammatico o comico? Come possono coesistere le due esibizioni?
Io ho corde più comiche, difatti scrivo anche testi cabarettisti o stand up comedian, sono naturalmente più facilitato a fare quello. Tuttavia la predisposizione alla comicità facilita il fare l’attore drammatico. Visto da fuori, non sembra ma la comicità è matematica, per far ridere una persona ci vogliono dei tempi che sono molto istintivi, devi sentirlo. Cercare di far ridere gli amici durante l’adolescenza è stata una piccola palestra: le loro risposte alle mie battute è stato un modo per capire i tempi comici.

Quali erano i suoi progetti prima del lockdown e quanto sono cambiati oggi?
Prima del lockdown ero entrato da poco nello staff di “Quartieri dell’Arte” e con loro ho avuto la fortuna di partecipare alla realizzazione dell’edizione del 2020, verso settembre poco prima che richiudessero i teatri.  Il resto dell’anno consiste in un lavoro più burocratico e organizzativo, quindi siamo stati fortunati, passando ad un lavoro facilmente strutturabile tramite smartworking. Non è cambiato moltissimo da questo punto di vista, tuttavia ero abituato ad andare in scena molto più spesso e questo è ciò che mi manca di più. Per un attore, non poter salire sul palco, non potersi “sfogare” sulla scena è qualcosa di difficile. Speriamo che d’ora in avanti non si ricorra più a chiusure forzate. L’assenza  del palcoscenico, dello spettacolo dal vivo, ha senz’altro invogliato  il pubblico a tornare.Solo allora sarà un nuovo inizio

Come ha  organizzato il suo tempo durante la quarantena?
Durante la prima quarantena ho lavorato da casa, mi sono attrezzato a livello tecnico, comprando un ring fill light(un treppiede con la luce ad anello) per fare self-tape (provini registrati), in modo da poter rimanere operativo. E poi mi sono cimentato molto nella scrittura, partecipando anche ad un concorso di scrittura teatrale promosso da “Carrozzerie Orfeo”, chiamato “Prove generali di Solitudine”. Non ho vinto, purtroppo, tuttavia sono rientrato tra i primi 50 classificati su 2000 partecipanti, un risultato che mi ha dato comunque soddisfazione. Scrivere è stato catartico, uno strumento che mi ha aiuto ad esorcizzare i sentimenti negativi di quel periodo.

Oltre il coronavirus: riuscirà il teatro a sopravvivere? Ha segnali di programmazione prossima futura?
Il teatro è stata una delle prime forme d’arte già dai tempi delle caverne, quando mimavano scene di caccia della giornata, se nel 2021 ancora parliamo di teatro, probabilmente è sopravvissuto un po’ a tutto. Sicuramente cambierà, come ha sempre fatto nel tempo, e si conformerà alla contemporaneità. Le persone da casa hanno a disposizione diverse forme d’intrattenimento attraverso le varie piattaforme, dalle serie tv al teatro online,lo spettacolo dal vivo è tutta un’altra sensazione per lo spettatore, l’esclusività della messa in scena, la recitazione respirata è quella che lo spinge a voler tornare . La mia visione futura di teatro si identifica in questa realtà.
Per quanto riguarda la mi progettualità (contemporaneo, drammatico, comico) sto cercando di ritrovare la mia dimensione, cercando di esplorare senza farmi sfuggine nulla questo nostro mondo che freme nel voler ripartire.

C’è urgenza di parlare o di fare rumore? La cosa più importante da dire oggi qual è?
In fondo parlare fa rumore. Oggi, secondo il mio punto di vista si ha bisogno di entrare in contatto col pubblico, c’è bisogno di capire le sue necessità  e non di fare teatro per sé stessi. Il teatro è il luogo di pubblico spettacolo che nasce per comunicare, per mettere in comunione, un insieme di differenti discipline, che si uniscono e concretizzano l’esecuzione di un evento spettacolare dal vivo, in cui il pubblico esce dalla sala con qualcosa in più.

Nel rapporto con la Tuscia, con Bomarzo, è più forte l’idea di restare o di andare?
Senza dubbio io mi sento legato alla Tuscia e a Bomarzo, che ritengo  che siano dei luoghi meravigliosi. Per chi ci è cresciuto, a volte non se ne rende conto,siamo pieni di arte, architettura, bellezza che tocca tanto i monumenti tanto le tradizioni, i costumi ed il cibo locale.  Non sottovaluterei mai questa terra. Forse è poco sfruttata e valorizzata, ma con il tempo verranno apprezzate anche le piccole cose, tanto da noi abitanti quanto dai visitatori. Ma farlo, dipende anche dal nostro atteggiamento, è in atto un passaggio generazionale, dobbiamo  essere pronti a gestirlo tutelarlo custodirlo e renderlo migliore.

Qual è il suo luogo del cuore?
Bomarzo è sicuramente, per usare un’espressione napoletana, “o piezz’ e core”. Qui ho tutto, amici e famiglia, e c’è l’arte espressa nei suoi gioielli, Palazzo Orsini, Parco dei Mostri, la piramide etrusca, ecc…): è una piccola roccaforte del cuore.

Un luogo ben posizionato  da cui poter raggiungere velocemente la intera Tuscia, la vicina Umbria, la capitale. Per chi ci vive il posto da cui partire  per tornare.  Sempre.

 

Centro storico

COMMENTA SU FACEBOOK

CONDIVIDI