A Gallese la coltivazione intensiva della nocciola annienta un uliveto

La strage degli ulivi continua, questo ci dice la foto di ciò che era un uliveto a Gallese in località le Cese. Una strage legale, perché fatta con il consenso della conferenza dei servizi della regione Lazio e con il parere contrario del Comune. A testimonianza di una normativa che non tutela né l’ambiente, né la bellezza dei nostri paesaggi, né la ricchezza delle nostre culture storiche, né il futuro produttivo delle nostre campagne, ma interessi particolari. Ancora una volta si è affermato il primato della monocultura e della coltivazione intensiva della nocciola che condanna all’uso sconsiderato della chimica di sintesi e dei pesticidi e che nel medio lungo periodo compromette la fertilità del suolo, la qualità e la quantità delle nostre acque. Erano rimaste alcune decine di ulivi a fronte di decine e decine di ettari di nocciole, eppure non si è esitato in nome di una presunta efficienza aziendale e del proprio tornaconto societario a fare piazza pulita. Una strage che ben evidenzia quanto siano ipocrite le infinite dichiarazioni che vengono quotidianamente ripetute sulla sostenibilità, sull’equilibrio ambientale e sulla biodiversità.  E il Soratte che si vede sullo sfondo dietro i tronchi mozzati, è il testimone di una nuova ferita del nostro paesaggio che ha avuto da sempre nell’ulivo un suo protagonista fondamentale. Una strage che è anche un insulto agli orientamenti di grande parte dei cittadini europei e che la stessa Commissione europea ben interpreta quando afferma che bisogna portare al 25% entro il 2030 la superficie destinata al biologico e che bisogna riservare almeno il 10% della superficie coltivata alla Biodiversità.

 

Biodistretto della Via Amerina e delle Forre

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