“Buono come il pane”: tutti abbiamo sentito o pronunciato almeno una volta questa frase che associa la gentilezza d’animo a uno degli alimenti più amati e apprezzati della cucina mediterranea. Nell’immaginario collettivo il pane è l’elemento alla base della dieta delle popolazioni europee e nord-africane ma è diffuso anche nelle regioni mediorientali, in Cile e in Argentina così come nel sud-est asiatico, in Corea e in Giappone.
Il pane è un alimento antichissimo e la sua storia inizia addirittura 14.000 anni fa in Giordania: nel sito archeologico di Shubayqa, nel nord-est del Paese, sono stati ritrovati i resti di un’antica focaccia ottenuta dalla macinazione di orzo, farro e avena. Ma come è cambiata la produzione del pane dal suo esordio nel Neolitico fino ai nostri giorni? Sembrerà incredibile ma il processo di preparazione è rimasto a grandi linee sempre lo stesso: ancora oggi il pane si ottiene semplicemente mescolando acqua e farina per creare un impasto che poi, lievitato o meno, viene fatto cuocere in forno.
Quando si parla di farina, siamo generalmente abituati a pensare a quella di grano tenero o di grano duro, dato che la tradizione culinaria italiana si basa proprio sull’utilizzo di questi due prodotti per la preparazione di pane, pasta, pizza e dolci. In realtà la farina si può ottenere dalla macinazione di molti diversi cereali e legumi tra cui mais, orzo, riso, ceci, lenticchie e piselli. Inoltre, a seconda della tecnica di macinazione o di abburattamento che viene applicata, è possibile ottenere diversi tipi di farina: raffinata, integrale o semi-integrale.
Ma qual è la differenza tra queste tre tipologie di farine? E che cos’è l’abburattamento? Facciamo un po’ di chiarezza partendo dalla Legge italiana 580/1967 che definisce la farina come il prodotto ottenuto dalla macinazione e conseguente abburattamento del grano tenero liberato dalle sostanze estranee e dalle impurità. Il processo di produzione della farina prevede che il grano, una volta raccolto, venga sottoposto a pulitura che lo prepara alla fase successiva di lavorazione, ovvero la macinazione. Ogni cariosside (cioè ogni chicco di grano) è suddiviso in:
– crusca, lo strato più esterno, ricco di fibre e sali minerali;
– endosperma, che contiene amido e proteine;
– germe, la parte più interna, composto da acidi grassi, vitamine e amminoacidi.
La macinazione del grano può avvenire per mezzo di macine a pietra o a cilindri e ha lo scopo di rompere le cariossidi per liberare l’endosperma, il componente principale delle farine. In seguito si procede con l’abburattamento, o setacciatura, che permette di ottenere farine di diversa granulometria e di rimuovere del tutto o in parte la crusca. Proprio in funzione del contenuto di crusca si possono distinguere le farine raffinate da quelle integrali o semi-integrali. Più precisamente, le diverse tipologie vengono definite sulla base del tenore di ceneri, ovvero la quantità di sali minerali che rimangono inalterati dopo aver carbonizzato un campione di prodotto a più di 600°C. Ad esempio, la farina di tipo 00, per essere definita tale, deve avere un tenore di ceneri inferiore a 0,55% e quindi deve essere costituita solo in minima parte dalla crusca che, come specificato prima, è ricca di sali minerali. La farina 00 è la più raffinata mentre quella integrale è la più grezza e contiene tutte le parti della cariosside, compresi il germe e la crusca; per questo motivo le farine integrali devono avere, per legge, un tenore di ceneri compreso tra 1,30% e 1,70%. Tra questi valori estremi si collocano le farine di tipo 1 e di tipo 2, dette anche semi-integrali.
In poche parole, le farine integrali hanno un contenuto maggiore di sali minerali e di proteine rispetto alla classica farina bianca ma forniscono meno carboidrati. Inoltre la farina integrale garantisce un maggior apporto di fibre (2,5% contro 1,5%) che facilitano il transito intestinale, aumentano il senso di sazietà, riducono l’assorbimento di grassi e colesterolo e aiutano a prevenire il diabete, l’obesità e le malattie cardiovascolari.
Per quanto riguarda le proprietà organolettiche, la farina integrale ha un colore più scuro, una consistenza più grossolana e un odore decisamente più intenso e “rustico” rispetto a quella raffinata. Attenzione: la legge permette di definire come integrale anche la farina 00 alla quale viene aggiunta una certa percentuale di crusca. Questo prodotto è meno completo e salutare perché non contiene il germe della cariosside e dunque difetta di nutrienti come Omega 3, vitamina B e tocoferolo; lo si può distinguere facilmente perché ha una colorazione biancastra con puntini più scuri (i frammenti di crusca) mentre la farina integrale comprensiva di tutte le parti della cariosside ha un colore bianco avorio distribuito uniformemente.
LE FARINE DI OLTRE L’ORTO
Ora che abbiamo le idee un po’ più chiare sui vari tipi di farina e il loro metodo di produzione, possiamo ampliare la nostra visione a tutto un mondo di sfarinati rispettosi dell’ambiente, della salute e della dignità del lavoratore, ovvero quelli di Oltre l’orto.
Lo scorso anno la cooperativa O.R.T.O. ha allestito un laboratorio di trasformazione alimentare e un locale mulino per la produzione di farine integrali e semi-integrali in uno stabile appena al di fuori delle mura della Casa circondariale di Viterbo per creare un “ponte” tra le attività all’interno e all’esterno del carcere. La stessa cooperativa infatti gestisce da anni il progetto SEMI LIBERI che vede coinvolti i detenuti nella produzione agro-alimentare. L’idea è che i prodotti coltivati nelle serre e nelle aiuole della Casa circondariale – ortive, erbe aromatiche e officinali, lamponi, melograni, germogli freschi, olive – raggiungano il laboratorio per essere trasformati in erbe e ortaggi essiccati, tisane, sali aromatizzati, vegetali in barattolo, confetture ed estratti di frutta.
Accanto al laboratorio è stato realizzato il locale mulino per la macinazione di cereali e legumi biologici rigorosamente di provenienza locale. Il progetto prevede la creazione di una filiera corta che valorizzi la piccola imprenditoria agricola sociale; le materie prime utilizzate provengono sempre da coltivazioni biologiche per garantire al consumatore la genuinità e la salubrità del prodotto finale. Il mulino ha una macina a pietra che, ruotando lentamente, mantiene bassa la temperatura ed evita così la “cottura” della farina e la perdita dei nutrienti contenuti nel germe e nella crusca. Le farine macinate a pietra sono ricche di proteine, vitamine, sali minerali e fibre e mantengono tutte le proprietà organolettiche di un prodotto rispettoso dell’ambiente e delle antiche tradizioni.
Al momento il mulino di Oltre l’orto macina non solo grano tenero e grano duro ma anche orzo, riso, farro, lenticchie, ceci neri e ceci bianchi. Da questi cereali e legumi si ricavano delle farine apparentemente inusuali che in realtà fanno parte delle diverse tradizioni culinarie regionali: la farina di ceci, ad esempio, è la protagonista indiscussa della classica farinata toscana, della panissa ligure e delle panelle siciliane. Altri prodotti del mulino, come la farina di riso integrale, non rientrano nelle ricette tipiche nostrane ma sono sempre più richiesti dai consumatori italiani perché sono ricchi di nutrienti e si adattano perfettamente alla preparazione di molte diverse pietanze che spaziano dai primi piatti ai dolci.
Le farine di Oltre l’orto sono buone, sane ed ecosostenibili e hanno un altro importante valore aggiunto, ovvero quello etico-sociale, dato che il ricavato della loro vendita contribuisce all’ampliamento del progetto SEMI LIBERI. L’iniziativa prevede inoltre la formazione professionalizzante e l’inserimento lavorativo di alcuni detenuti in condizione di semi libertà (art.21) per lo svolgimento delle attività di produzione sia nel laboratorio alimentare che nel locale mulino.
Per maggiori informazioni sui progetti e i prodotti della cooperativa O.R.T.O:
www.coopsocialeorto.it – www.facebook.com/Coopsocialeorto – www.facebook.com/SEMI-Liberi-agricoltura-sociale-in-carcere-104215077862079