“Arsenico e vecchie porchette”. Riprendendo in chiave ironica il titolo di un fortunato film di Frank Capra del ’44 (“Arsenico e vecchi merletti”), la pagina viterbese del Messaggero del 2 novembre del 1951 racconta la disavventura di alcune persone intossicate dai funghi e il redattore ne approfitta per dispensare utili consigli al fine di evitare di finire in ospedale. Nulla però può suggerire a chi piace la porchetta – probabilmente vecchia, in questo caso – che negli stessi giorni sarebbe stata la causa di “avvelenamento”, senza gravi conseguenze, per una dozzina di persone.
L’articolo
“Da quando è iniziata la stagione autunnale in media tre persone alla settimana vengono ricoverate all’ospedale in preda a gravi sintomi di avvelenamento per ingestione di funghi. Gli ultimi della triste serie sono i signori Angelo Pesci di 22 anni, Cristina Materazzini di 24, Sandra Bentivoglio di 8 e Augusta Rossetti di 61 anni, tutti abitanti al n. 34 della Strada Sammartinese e Palmiro Cerasa ventottenne abitante a La Quercia: tutti hanno subito sabato scorso la lavanda gastrica al Pronto Soccorso dl nostro Ospedale. Noi vorremmo consigliare un minimo di prudenza ai buongustai che si accingono a mangiare un piatto tanto gradito quanto infido: rinunciate al pericolo piacere del “li ho colti proprio io” e comperateli sul mercato o dai rivenditori: passano sempre sotto il controllo dell’ufficio di Igiene. Le prove che si tramandano da generazioni sotto il segno di una infallibilità che non ammette eccezioni, come il cucchiaio di argento che dovrebbe diventar nero a contatto con gli eventuali velenosi o dell’aglio che dovrebbe diventar rosso sono, diffusissime, ma niente affatto infallibili; il sistema di farne mangiare ad un animale domestico non prova nella maggior parte dei casi assolutamente nulla perché certi veleni per certi animali sono innocui anche quando tali non sono per l’uomo. Il consiglio che può essere più utile è di mangiare soltanto funghi delle specie più note e cioè il ceppatello o porcino, l’ovulo e il chiodello o famigliola che saranno sempre “sicuri” nonostante le leggende secondo cui un porcino cresciuto vicino a un ferro o un ovulo morsicato da una biscia si trasformino da “buoni” in velenosi. La settimana passata nello spazio di un paio di ore una dozzina di “porchettari” hanno telefonato all’ospedale per dire che essi il giorno precedente non avevano venduto la loro saporosa merce. Poco dopo giungevano 12 o 13 persone, più o meno “sbattute” in viso, vittime di una porchetta forse invenduta per qualche tempo e diventata un po’ vecchia”.
*Luciano Costantini, giornalista professionista, ha lavorato in qualità di vice capo servizio presso la redazione centrale de Il Messaggero, occupandosi di sindacato ed economia. Rientrato in sede stabile a Viterbo, firma in qualità di direttore editoriale la testata TusciaUp. La sua grande passione per la storia è raccolta in due libri: Il giorno che accecai il Duce, Fuori le donne dal palazzo dei Priori. E’ prossima l’uscita del terzo libro, tutti editi da Sette Città. Echi di cronaca del secondo dopoguerra è una rubrica periodica su questa testata, che racconta aneddoti e fatti di quel periodo storico riportati proprio dal quotidiano romano in cui il giornalista ha vissuto il suo cammino professionale.
Documentazione tratta dalla ricerca d’archivio presso la Biblioteca di Viterbo.