ARCHIVIO DI STATO
E’ un’eccellenza di Viterbo, al pari del palazzo dei Papi o del Bulicame. L’Archivio di Stato (sessant’anni suonati 1959-2020) cova nei suoi forzieri la memoria della città con quasi 80 mila pezzi custoditi in circa otto chilometri di scaffalature, per un valore patrimoniale di oltre un miliardo di euro.
“Senza archivi non si fa la storia” s’addannano a ripetere i curatori archivisti di ogni parte d’Italia , spesso inascoltati specialmente quando chiedono fondi ed attenzioni per i loro tesori. Parole benedette che peraltro consacrano la nobile supremazia dei documenti sulle chiacchiere, le vulgate, le testimonianze orali e i sentito dire.
Così abbiamo certezza che nel 1192 la nostra città già targava Viterbo (quando assurse a dignità di civitas), come certificato da una pergamena (la più antica dell’Archivio) in cui è stato trascritto un contratto di compravendita Ego quondam Curtus vendo et trado tibi Insulano unam casam… sita in regione sancti Stephani… hoc actum est Viterbii…).
“Il documento più solenne – ci informa il direttore Angelo Allegrini – parla del privilegio imperiale concesso nel mese di novembre 1243 da Federico II agli abitanti di Tuscania durante l’assedio di Viterbo: una pergamena con sigillo ogivale pendente in ceralacca, del tipo della Maestà, cioè con l’immagine del sovrano, purtroppo rovinata dal tempo”.
Sorprendenti e curiose le annotazioni di alcuni notari del Cinquecento apposte a margine di rogiti e documenti di quegli anni. Sentite questa. Tale Guidantonio di Aloisio da Orte appuntava sugli atti ufficiali taluni suggerimenti per combattere la “fiatella” (fiato pesante) o il morso di una serpe, per riempire di latte le poppe di una giovane mamma o per attenuare i fastidi delle emorroidi e via dicendo.
Per verificare la calligrafia di Garibaldi basta leggere una lettera scritta di suo pugno nel 1849 dove si parla addirittura di una raccomandazione per un suo ammiratore. Un altro notaro, Manilio Roselli, ci ha lasciato l’informazione che quattro giovani dell’Isola del Jappone… tanto simili che, a gran fatiga si faceva distinzione dell’uno all’altro… Christiani e Catholici… nel 1585, dopo essere sbarcati a Livorno, passarono da Bolsena, Montefiascone, Viterbo, Bagnaia e Caprarola per recarsi a Roma a far visita al Papa.
Saranno stati gli ambasciatori giapponesi convertiti al cattolicesimo che nel 1585 in viaggio a Roma per ossequiare papa Gregorio XIII visitarono Villa Lante dove “vennero offerti motivi di diletto e di godimento in misura non minore che nella Villa di Pratolino del Granduca di Toscana” come ha lasciato scritto uno di loro?
Singolare un attestato di benemerenza a Gasparre Bisciotta (sic) della Corte d’Assise, firmato dall’allora ministro Mario Scelba, tra le carte del processo celebrato a Viterbo per l’eccidio di Portella della Ginestra con la foto del bandito Salvatore Giuliano, immortalato a cavallo. Da segnalare anche le 48 pergamene del Monastero di Santa Rosa, che per oltre 150 anni erano state presso l’Archivio di Stato di Roma. Costituiscono un’importante fonte per la conoscenza delle condizioni di vita della città e del territorio circostante nel XIII-XV secolo.
“Carta canta”avverte un vecchio adagio che ogni qualvolta entriamo nell’Archivio viterbese vediamo impresso sul volto di quel manipolo di operatori che ci accolgono con silenzioso riguardo nell’attuale sede di via Vincenzo Cardarelli, non a caso intitolata ad un gigante della poesia e della letteratura di casa nostra. “I locali non sono più sufficienti – dice il direttore Allegrini – ad accogliere tutto”. In prospettiva ci sono alcuni spazi del mega immobile dell’ex Ospedale Grande degli Infermi di Viterbo sul colle del Duomo.
Per fortuna ci aiuta la tecnologia. “Sulla pagina Facebook e su YouTube – aggiunge Allegrini – sono pubblicate mostre, documenti e filmati riguardanti testimonianze significative, conferenze e presentazioni di libri (w.w.w. archiviodistatoviterbo.beniculturali.it – Facebook https//www.facebook.com/ASViterbo/)”.
L’autore*
Console di Viterbo del Touring Club Italiano. Direttore per oltre trent’anni dell’Ente Provinciale per il Turismo di Viterbo (poi Apt). È autore di varie monografie sul turismo e di articoli per riviste e quotidiani. Collabora con organismi e associazioni per iniziative promo-culturali. Un grande conoscitore della Tuscia.