Il Castello di Gallese e quell’amore tragico

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Il Castello di Gallese.Nel 1559 Violante Diaz Garlon, moglie del Duca Giovanni Carafa, fu uccisa su commissione del marito, che sospettava di suoi tradimenti. Incinta di sei mesi, fu strangolata nella stanza dell’”Amore tragico” del castello di Gallese, un luogo simbolico, perché di questo si trattò. Artefici del delitto furono: il fratello, cardinale Carlo Carafa, il cognato, Ferrante Diaz Garlon conte d’Alife, e da Leonardo di Cardine. Tra i complici anche il nipote Alfonso Carafa. Una vicenda di famiglia che finirà con la messa a processo degli assassini e la loro condanna, con l’esecuzione di Giovanni e Carlo Carafa, del duca d’Alife e di Leonardo di Cardine (il 4 marzo 1561).
Amore e odio si fondono, interessi privati e lotta per il potere; privilegi, vantaggi aspirazioni personali, uniti alla rabbia, accecano e annullano ogni sentimento. Pettegolezzi macchiano l’onore di una casata nobiliare: un delitto d’onore imperdonabile, soprattutto all’epoca, quando vigeva il codice d’onore; la legge sul delitto d’onore, infatti, sarà abrogata soltanto agli inizi degli anni Ottanta del secolo scorso.
Particolari e dettagli emergono dall’opera di Stendhal “Cronache romane”, che narra la vicenda nel racconto del 1838 “La duchessa di Paliano”. L’autore chiama Violante Carafa, Violante di Cardona, dice di aver trovato la vicenda della famiglia Carafa alla fine del secondo volume di una storia manoscritta a Palermo. Lui si limita a farne la cronaca, che diventa testimonianza storica della vita dell’epoca.
Donna bellissima, intelligente, recitava a memoria l’Orlando Furioso e gran parte dei sonetti del Petrarca; è la vittima sacrificale in questo fosco scenario, in cui domina la violenza del marito Giovanni Pietro Carafa, noto per i modi bruschi e poco gentili; non rispettava i monasteri né tanto meno le donne, che rapiva e disonorava. Fu nominato dallo zio papa Paolo IV duca di Paliano, ducato sottratto a Marcantonio Colonna che il pontefice formò il 2 giugno 1556 coi i territori di 36 feudi, tra cui Soriano nel Cimino e Gallese. La corte del duca fu invasa dalla promiscuità. Da lì nasceranno una serie di intrighi e pettegolezzi che screditeranno l’intera famiglia e non solo. La violenza ricadrà in modo indiscriminato su molti altri personaggi che entreranno in relazione con i Carafa per varie ragioni. Tutti mossi da vari motivi: interessi personali e secondi fini, invidie e gelosie. I colpevoli saranno a loro volta vittime e giustiziati e nessuno in fondo si salverà da questa follia omicida irrazionale e perversa. La violenza non conosce età, epoca o rango sociale, non è mai giusta o logica. Il femminicidio è sempre esistito, a volte nasce da motivi esterni ai rapporti personali (la bramosia di potere, la sete di ricchezza e l’avidità), in altri casi da motivi futili (come rancore e invidia) o da questioni più serie e profonde nell’ambito di situazioni familiari drammatiche e disperate, che esasperano istinti oscuri latenti.
Ma qualunque possano essere i motivi alla base di un gesto estremo, non potranno mai giustificare la violenza e l’abuso con cui questi crimini infami vengono perpetrati. La condanna ufficiale che chiuse questa vicenda cinquecentesca è un esempio positivo da ricordare, a fronte di tanti, troppi casi in cui hanno vinto l’omertà e la prevaricazione nel corso della storia e purtroppo ancora fino ai giorni nostri.

Autrice: Dott.ssa Rosa Lucidi, Direttrice del Museo Archeologico delle Necropoli Rupestri di Barbarano Romano,

 

 

 

 

 

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