Rodolfo Salcini protagonista della ricostruzione di Viterbo dopo la Seconda Guerra

di Alfredo Giacomini*

Rodolfo Salcini
Quando nelle scorse settimane pubblicammo il racconto sulla demolizione di un edificio in Via Santa Maria della Grotticella, specificamente Villa Maria progettata da Rodolfo Salcini, senza dubbio l’architetto che ha donato a Viterbo le architetture più significative del Novecento, molti di voi ci hanno scritto chiedendo di poter sapere di più sulle opere realizzate a Viterbo dall’architetto Salcini. Ed ecco dalla pagina Architettura Contemporanea nella Tuscia  rappresentare la figura di colui che fu tra i più importanti architetti de novecento.
Rodolfo Salcini (1911-1990). E’ uno dei principali protagonisti della ricostruzione di Viterbo dopo la Seconda Guerra. Le prime realizzazioni (si iscrive all’Ordine degli Architetti di Roma il 4 maggio 1948)  sono il restauro del palazzo Santoro in piazza Verdi e la ricostruzione, terminata nel 1949, del palazzo Bonelli, distrutto dai bombardamenti aerei.
Nel ’50 disegna il cancello d’ingresso di Prato Giardino; nel 1952 realizzata la «macchina» di S. Rosa con la collaborazione dello scultore Francesco Coccia e del pittore Angelo Canevari,  caratterizzata da un telaio strutturale in alluminio. Nel 1954, con Domenico Smargiassi (sindaco di Viterbo dal 1956 al 1965) redige il nuovo Piano Regolatore Generale di Viterbo che comprendeva un nuovo complesso termale con diverse funzioni. Pubblica saggi sulla forma urbana di Bolsena e Bassano Romano; collabora nel 1960 con Bruno Maria Apollonj Ghettj all’allestimento della mostra Architettura della Tuscia e alla reda¬zione dell’omonimo volume, che raccoglie un’ac¬curata analisi delle testimonianze architettoniche di pregio esistenti sul territorio, corredate da rilievi e progetti di restauro.
Nel 1958 porta a termine l’edificio ex Upim in via Matteotti, nel 1960 altre due costruzioni prevalentemente residenziali  in piazza dei Caduti e in piazzale Gramsci quest’ultimo tra i più significativi della città per la soluzione del vano scala e del prospetto principale.
Nel gennaio del 1960 viene inaugurata la ricostruzione della chiesa di S. Giacinta Marescotti in piazza della Morte distrutta durante la Seconda Guerra.
Agli anni Sessanta risale la villa Quadrani in via S. Giovanni Decollato e l’edificio per uffici in viale Trento di fronte alla Stazione di Porta Fiorentina. A Viterbo realizza nel 1949 il sarcofago di famiglia nel cimitero comunale; un volume sollevato da terra, simbolo della  lezione che Salcini ci ha consegnato con le sue opere – un’Architettura solida e leggera totalmente inserita nella significativa produzione italiana degli anni ‘60 e ’70.
A Roma progetta l’Hotel Ergife ed il Rome Airport Hotel Palace di Fiumicino (1970).
Calogero Panepinto (1983) ci ricorda che la doppia natura di pittore e architetto di Rodolfo Salcini non ha in sé caratteri di complementarità mutualistica, né interferenze snaturanti l’una o l’altra disciplina. Vi è un’esperienza culturale, nel senso più globale del termine, che decide la completa indipendenza dei due paralleli ambiti di attività, mantenendo ad essi le stesse valenze estetico-funzionali-espressive.
Salcini diversifica le direttrici della propria attenzione nell’indagine delle più varie manifestazioni della natura umana, vegetale e animale, del mondo tutto,  nella tensione a conoscerlo sperimentandolo nelle più diverse forme, dalle più attuali alle più ritmate.
In questo senso acquista particolare rilevanza il frequente ritorno di Salcini ad immagini come evocate da tempi e luoghi di arcadica mitologia, soprattutto legati alla cultura etrusca, cui per origine Salcini si sente idealmente e visceralmente più legato.
Non è un tuffo nel passato, ma un percorrere in avanti come “a rebours” la strada della dialettica per giungere all’essenza primaria delle cose, al volere più autentico, ontologico, della natura.

*L’autore: Alfredo Giacomini, architetto

Alfredo Giacomini

ideatore e curatore della pagina Architettura Contemporanea nella Tuscia

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