I Sebastiani, la mostra di Sabrina Manfredi al Ridotto dell’Unione ove il pubblico ama intrattenersi

di Donatella Agostini

Sabrina Manfredi
Tutto parte da una domanda, che può sorgere spontanea ammirando un quadro del passato che ritrae un martire. «Una decina di anni fa mi trovavo in una chiesa, e in una cappella laterale c’era una tavola che ritraeva il martirio di san Sebastiano. Non era di un autore particolare, eppure provai una sorta di folgorazione: la costruzione, la sofferenza espressa dal soggetto. Mi andai a cercare i quadri che ritraevano san Sebastiano: Mantegna, Signorelli, Botticelli. Quelle visioni lavoravano nel mio inconscio. Mi sono chiesta: e oggi invece i martiri chi sono? Chi sono i sofferenti, i perseguitati, i diseredati negli anni Duemila? Di qui l’idea di realizzare un progetto». “I Sebastiani”, il progetto fotografico di Sabrina Manfredi, dopo un decennio di lavoro ha visto finalmente la luce, ed è stato presentato questa mattina nel foyer del Teatro dell’Unione. Dieci foto formato 60×60, stampate su D-bond: sei modelli viterbesi e brianzoli a impersonare quelli che sono oggi i sofferenti, i martiri appunto. «Parte tutto dalla figura di un santo, però i miei sono martiri laici, Sebastiani senza l’aureola. Volevo rappresentare la sofferenza, la disperazione, la rabbia, ma anche la voglia di combattere fino in fondo per i propri diritti. Martire può essere il padre di famiglia esodato, l’omosessuale discriminato, lo straniero non accettato. Il martire oggi è colui che trafitto è capace di rialzarsi e di tornare a combattere in ciò in cui crede… la resilienza, che va tanto di moda oggi». I Sebastiani di Sabrina Manfredi, pur spogliati da ogni idea di cristianità, fanno riferimento alla figura del santo dal punto di vista iconografico e simbolistico. «In post-produzione, insieme a Massimo Giacci curatore della mostra, abbiamo deciso di rendere le fotografie simili ad antiche tavole, dando loro un fondo color oro: questo colore esprime una positività che fa contrasto con la sofferenza che esprimono i modelli. E ci sono comunque dei riferimenti alla simbologia cristiana. Come il pavone, simbolo di rinascita». Le opere fotografiche di Sabrina Manfredi saranno accompagnate da testi scritti appositamente da Antonello Ricci, a sottolineare la coralità delle storie rappresentate, che dialogano e si intrecciano tra loro. «E’ un progetto a cui tengo particolarmente», conclude Sabrina. «A differenza di altre mostre a cui ho partecipato, questo è un progetto interamente mio, che ho voluto fortemente, e che altrettanto fortemente ho voluto condividere. Tutto ciò che si realizza e si condivide con gli altri – un quadro, una scultura, una fotografia – è un insieme di nostro vissuto, di stratificazione di cose che abbiamo visto, toccato, ascoltato, vissuto. E questo vale anche per “I Sebastiani”: in quelle foto c’è molto di me. Sono grata ad Alfonso Antoniozzi, perché quando gli ho portato il catalogo e gli ho proposto la mostra, lui mi ha detto: facciamola. Nel Ridotto del Teatro Unione, perché nella visione di Antoniozzi e di questa amministrazione, il Teatro  e il suo Ridotto devono tornare alla vita e diventare finalmente spazi riservati alla cultura in tutte le sue sfaccettature».

La mostra “I Sebastiani è stata presentata giovedì 26 ottobre mattina nel foyer del Teatro dell’Unione  presenti: Antonello Ricci autore dei testi che accompagnano le opere fotografiche, Sabrina Manfredi autrice della mostra, Alfonso Antoniozzi vice sindaco, assessore alla cultura e Massimo Giacci curatore della mostra che sarà inaugurata sabato 28 ottobre alle ore 17 nel Ridotto del Teatro dell’Unione di Viterbo e rimarrà aperta fino al 30 novembre.

 Orario visite dal martedì al sabato 10-13 e 15-19. L’ingresso è gratuito per i residenti nel comune di Viterbo.

 

 

 

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