Presentato il restauro della chiesuola Maidalchina. Eichberg: “Che anche la villa possa essere aperta al pubblico”

di Luciano Costantini

Chiesuola Maidalchina

Un rustico abbandonato, seppur ricco di storia, che nell’arco di qualche mese potrà entrare a far parte del patrimonio di Viterbo. E’ la chiesuola Maidalchina, manufatto certamente più modesto della Villa omonima che sorge poco distante, più o meno in località Monte Pizzo. Entrambe di proprietà del sottosegretario alla Cultura, Vittorio Sgarbi, che dovrebbe essere presente alla presentazione del via ai lavori di risanamento e ristrutturazione del manufatto. Il critico d’arte comunque interviene via telefono alla conferenza stampa fissata presso la sede della Fondazione Carivit: “Una ristrutturazione che rappresenta un segnale di grande civiltà per la città. Abbiamo dato vita a un’operazione che salva un’opera d’arte dalla totale sconoscenza e che rende onore a Donna Olimpia Maidalchini e alla memoria di Papa Innocenzo X°”.

  La chiesuola, costruita subito dopo la Villa Maidalchini, ha vissuto un’esistenza abbastanza travagliata: nasce alla metà del diciassettesimo secolo come casinò di caccia, poi diventa una cappella, quindi un oratorio, infine una stalla. Oggi è in uno stato assai precario con pareti decrepite, resti di stucchi, pavimenti sconnessi. Evidentemente l’interno è stato ripulito e violato più volte. “Però presto tornerà a rivivere”, assicura il progettista e direttore dei lavori, Giovanni Cesarini. “Sono fiducioso che all’inizio del prossimo anno la chiesuola sarà completamente ristrutturata e resa fruibile per la gente. Possibile che diventi un centro di documentazione delle vite di personaggi della Tuscia”. Il costo? Centocinquantamila euro, messi a disposizione dalla Regione Lazio. Un contributo certamente arriverà anche dalla Fondazione Carivit, presente alla conferenza con il proprio presidente, Luigi Pasqualetti. “Credo proprio – aggiunge la Soprintendente alle Belle Arti, Margherita Eichberg – che la villa delle delizie diventerà la villa delle sorprese. Nel senso che essa sta rivelando tratti di assoluto interesse, come il pavimento. E mi auguro che dopo la chiesuola anche la villa possa essere aperta al pubblico”. “Sarebbe un modo – sottolinea l’architetto Cesarini – di rendere merito a donna Olimpia Maidalchini, meglio conosciuta a Viterbo come la Pimpaccia, sostantivo non esattamente gratificate, mentre la nobildonna, sepolta nell’abbazia di san Martino, è stata un’autentica benefattrice della Tuscia, una vera e propria promoter d’altri tempi. Che immaginò un lungimirante progetto territoriale attraverso la valorizzazione di molti splendidi siti, disseminati in tutta la Provincia e anche nella Capitale. Una donna che andrebbe totalmente riscoperta e apprezzata. La chiesuola che porta il suo cognome è soltanto un esempio di ciò che ha saputo fare”.

Foto di Luciano Pasquini

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