Allego il testo di una mia lettera inviata al Sindaco e per conoscenza al Vescovo di Viterbo relativa ad una eventuale riabilitazione civica di S. Rosa.
Paolo Giannini*
A:
Dr.ssa CHIARA FRONTINI
Sindaco di Viterbo
e p.c
S.E. mons. ORAZIO FRANCESCO PIAZZA
Vescovo di Viterbo
Viterbo 17 luglio 2024
Ogni anno, da secoli, Viterbo e la sua gente per innumere generazioni onora e festeggia in un modo unico (Macchina) una sua lontana, ma pur sempre vicina concittadina.
Mi riferisco alla nostra S. Rosa della quale conosciamo, almeno a grandi linee, la vicenda terrena così fortemente legata alla storia della nostra città.
A me sembra, tuttavia, che questo annuale ricordo abbia un difetto che a pensarci non sembra esistere. Quello cioè di venerare – mi si scusi l’espressione – una poco di buono, una pregiudicata. In altre parole una giovinetta condannata all’esilio per un presunto crimine il 4 dicembre 1250 dal nostro antico libero comune nella persona di Mainetto Bovoli nostro Podestà.
Riporto dal documento conosciuto come Vita prima (sec. XIII) …un certo uomo (Mainetto Bovoli) che allora era a capo (Podestà) della città di Viterbo, per conto dell’imperatore Federico) pregato da alcuni eretici, che allora vivevano pubblicamente nella città, fece chiamare a sé la madre della beata vergine Rosa e le ordinò che entro il giorno seguente se ne andasse dalla predetta città con tutta la sua famiglia pena la vita e la perdita di tutti i beni. E quando la madre della suddetta vergine tornò a casa e annunziò ciò alla sua famiglia come le aveva detto il Podestà il padre della detta vergine andò immediatamente dal Podestà e lo pregò dicendo : Signore abbi pietà di me e della mia famiglia, poiché se usciamo dalla città con questo tempo, moriremo tutti per la neve che ricopre i monti e le valli. E il detto Podestà gli rispose: “Io perciò vi caccio, affinchè moriate tutti! “. Ed egli ritornato a casa con tutta la sua famiglia e con le sue cose, uscì dalla città di Viterbo. E sempre nevicava.”
Come si evince Rosa e la sua famiglia subirono una condanna che noi oggi riteniamo ingiusta e riprovevole, ma che allora fu considerata giusta e applicabile come l’esilio.
In poche parole S. Rosa, per dirla in termini moderni, ha la fedina sporca che, tra l’altro, condizionò il restante tempo della sua vita terrena.
“…da viva chiese più volte di entrare in quel monastero ( piccola chiesa delle povere sorelle di S. Damiano n.d.A) , ricevendo però sempre il severo diniego della badessa con le ragioni che non c’era posto. In realtà la sua coraggiosa testimonianza di fede contro i seguaci dell’imperatore svevo Federico II, che a quel reazioni poco benevoli delle autorità religiose e cittadine.”
Da pag. 18 – Viterbo e la sua Rosa -1999- Edizioni Primaprint
Anche se la città e la sua totale amministrazione partecipò coralmente il 3 settembre 1258 al seguito di papa Alessandro IV al trasporto della salma – cosa che ricordiamo ogni anno manifestamente in quell’obelisco luminoso che percorre le nostre piazze e vie non risulta, a mia conoscenza, un documento che testimoni che Rosa sia stata assolta dalla accusa che la condusse all’esilio. Formalmente S. Rosa è ancora colpevole di sedizione e turbamento dell’ordine pubblico.
E poichè chi l’ha incriminata e condannata è stato il nostro Comune, così lo stesso Comune anche se a distanza di secoli può e deve riabilitarla e assolverla palesemente e formalmente dall’inesistente crimine.
Ciò detto propongo e invito il Comune di Viterbo che lei oggi rappresenta a convocare istruire e svolgere con un apposito straordinario Consiglio comunale, in seduta plenaria – presenti ovviamente – le attuali autorità ecclesiastiche, un processo di revisione della antica condanna che al termine assolva la cittadina conosciuta come Rosa da secoli venerata come Santa e protettrice della città e le tolga formalmente e definitivamente l’antica accusa restituendole la perduta dignità personale e cittadina…
…e chissà che tale atto di civile giustizia cittadina non sia un ulteriore passo avanti per inserirla definitivamente nell’Albo canonico dei Santi di S. R. E.
f.to Paolo Giannini