La candidatura di Viterbo a capitale europea della cultura 2033 è l’obiettivo più ambizioso dell’amministrazione Frontini. La madre di tutte le battaglie, da combattere e possibilmente vincere. Lo ha ribadito più volte la sindaca, a testimonianza di una determinazione, personale e di squadra, encomiabile che meriterebbe il risultato pieno. Ma l’impegno, come spesso accade, cozza con la realtà. Cioè con i fatti. In questo caso con la dote che la città dovrebbe portare in Europa per supportare la propria candidatura.
Il capoluogo presenta da sempre un biglietto da visita formidabile: storia, arte, bellezza. Eventi, manifestazioni anche di qualità, non sono però sufficienti a riempire il prezioso contenitore che sta perdendo pezzi importanti. Una città che non riesce a mostrare il proprio inestimabile tesoro ed anzi ne viene progressivamente impoverita. Gemme dimenticate nel forziere e/o ostentate per il tempo strettamente necessario ad annunciarne la futura valorizzazione. Resiste, invece, l’incuria ed anzi conquista nuovi spazi. Qualche esempio – ma se ne potrebbero portare tanti – per sollevare legittimi dubbi sull’esito della candidatura europea. L’ultimo, ma solo in ordine di tempo, riguarda la sede della Soprintendenza dell’Etruria Meridionale. Nel 2020 figurava nell’elenco della Riforma dei Beni Culturali del ministro Dario Franceschini. Nel testo della nuova Riforma di Viterbo non c’è più traccia. “Nessuna soppressione, la sede resta dov’è”, viene precisato. Cioè poco più di una “succursale” a palazzo Albornoz, che non è esattamente il sito individuato quattro anni fa. Viterbo non figura mai, dicasi mai, nella nuova mappa del Mibac, dove si parla di “istituzioni, soppressioni, accorpamenti, sganciamenti”. Magari in futuro gli uffici di piazza della Rocca saranno ampliati, il personale potenziato, ma al momento la sede resta un impegno a futura memoria e non più sulla carta. C’erano, invece, date e soldi per il Borgo della Cultura. Il primo giugno 2021 viene presentato in pompa magna a Palazzo dei Papi il progetto per il recupero e la nuova destinazione dell’Ospedale Grande (Archivio di Stato, Soprintendenza, Museo Multimediale, Laboratorio del Restauro, Casa del Pellegrino, Biblioteca): ottomila metri quadrati, una quarantina di milioni, in parte stanziati dal Mibac in parte dalla Regione, primo stralcio dei lavori fissato per il 2026. Alla cerimonia sono presenti l’allora governatore del Lazio Nicola Zingaretti, la direttrice Asl Daniela Donetti, il sindaco Giovanni Arena e, ancora, il ministro Franceschini in streaming. Sono trascorsi oltre tre anni e il Borgo della Cultura è un Borgo Fantasma. Niente a che vedere con quello di Celleno, che invece funziona. La Biblioteca ipotizzata peraltro era un azzardo del momento poiché nel frattempo era partito il piano di risanamento della Biblioteca degli Ardenti di piazza del Teatro, di proprietà comunale, fortemente voluto dal commissario Paolo Pelliccia. Intanto bisogna accontentarsi di quella di viale Trento. In affitto. La Ardenti è ripartita (progetto datato 2020) con grandi speranze ed un buon ritmo dei lavori, ma attualmente è sigillata perché i soldi sono finiti. Alla fine dello scorso anno i fondi in bilancio erano: previsti 66.000.000, ricevuti 39.994.000, spesi 40.000.000. Il resto potrebbe/dovrebbe arrivare in tempi rapidi. Ma nessuno se la sente di fare pronostici. Pronostici che sono tutti negativi per quanto riguarda, invece, il futuro della Basilica di Santa Maria in Gradi, secondo monumento per importanza, dopo il Palazzo dei Papi, della città di Viterbo. Eretto all’interno del convento dei Domenicani nel tredicesimo secolo, restaurato più volte, ha ospitato le tombe di papi e notabili viterbesi, carcere dal 1887 al 1993, bombardato nel ’44. Avrebbe dovuto costituire il fulcro, il simbolo, dell’Università della Tuscia. Lavori di recupero avviati agli inizi del Duemila, terminati per esaurimento fondi quindici anni fa. Di recente la Soprintendenza ha stanziato poco più di un milione e mezzo per la ripresa. Forse sarà appena sufficiente per mettere in sicurezza la chiesa. Portale principale sbarrato neppure ermeticamente. Se ne sono accorti ratti e piccioni che hanno lasciato traccia della loro presenza depositando nel tempo quintali di guano. Così come da tempo attendono una sistemazione definitiva le Scuderie Papali di piazza Sallupara, fatte realizzare da Papa Giulio II° per mano del Bramante. Carcere dal 1834 al 1944 quando la struttura fu rasa al suolo dai bombardamenti. Nel 2011, sindaco Giulio Marini, dopo la rimozione di tre metri di altezza di macerie, la struttura viene destinata a luogo non meglio precisato di “socializzazione giovanile”. Risorse comunali e un robusto contributo della Fondazione Carivit. A fine 2023 nel bilancio figurano 1.300.000 euro previsti, 574.402 ricevuti, 635.518 spesi. Nei progetti Pnrr Sallupara non c’è, però si dice che i soldi per il completamento del recupero arriveranno. Forse con il Giubileo, ma ad oggi l’opera incompiuta è sotto gli occhi di tutti e magari si dovranno trovare risorse aggiuntive per sanare i guai provocati dall’inerzia di dodici anni. Niente di fronte ai quasi trenta trascorsi dall’abbandono del gerontocomio di San Simone e Giuda, antichissimo convento dei monaci armeni eretto agli inizi del Trecento in largo Vittoria Colonna, a ridosso dei ruderi del castello che fu di Federico II°. 5.700 metri quadrati, di cui 2.500 coperti e 3.200 esterni, destinati ad “alloggi per vittime di violenza e abitazioni per studenti”, dove per decenni furono ospitati i “vecchioni”. Tutti impegnati nell’operazione: dalla Regione all’Università, dalla Asl all’Ater. A quest’ultimo attore sarebbe toccato il compito di salvare e restaurare l’ex gerontocomio. Ma ancora non ci sarebbe neppure il progetto definitivo che prevedeva l’inizio dei lavori nel 2022 e la fine entro il corrente anno. Oggi la struttura è off limits. Ma non per tutti come risulterebbe dai carotaggi, cioè i sondaggi, effettuati sui pavimenti dei locali alla ricerca di reperti più o meno preziosi. Si potrebbe facilmente indugiare con la citazione di altri esempi di opere incompiute o mai iniziate. Non è nostra intenzione né nostro compito distribuire colpe e assegnare responsabilità, ma era doveroso segnalare criticità evidenti sul pur lungo e accidentato percorso che dovrebbe portare Viterbo in Europa.
foto di Armando Di Marino