L’articolo a firma di Gianluca Braconcini* già pubblicato nel giugno 2019.Cos’è cambiato da allora? Nulla. Oggi si parla sempre di più di rischi idrogeologici. La mancata mentalità e una cultura della sostenibilità e della tutela, una volontà di salvaguardare il territorio che spesso viene completamente annichilita dalle opportunità economiche che si presentano sul territorio.Solo il nostro atteggiamento di tutela continuerà a mantenere il silente Urcionio il fiume fantasma di Viterbo.
L’Urcionio il fiume Fantasma
Da alcune piccole sorgenti che si trovano lungo le pendici della Palanzana nasce il torrente Urcionio che dopo un lungo e tortuoso percorso arriva alle porte di Viterbo, nei pressi di via Genova, per poi proseguire, del tutto invisibile, fuori porta Faul. Questo torrente è legato alle origini ed allo sviluppo di Viterbo; un tempo il suo letto divideva in due la città ed i collegamenti principali che univano i colli situati lungo le rive opposte erano quello de “La “Svolta” (così chiamata la parte che va da via Matteotti a Corso Italia) e l’antico Ponte Tremolo o Tremoli, cosiddetto per via delle vibrazioni create dai carri al loro passaggio sul fondo in legno, che si trova tuttora sotto il piano stradale di Piazza del Sacrario. Il suo ampio percorso, formato da forre e profonde gole, costituì nei secoli passati un elemento difensivo naturale dell’antica città posta originariamente sul colle del Duomo e divenne anche un confine strategico ed un limite invalicabile durante gli scontri tra quartieri e fazioni cittadine. Negli antichi documenti il fiume viene denominato con nomi diversi a seconda della zona dove scorre; alcuni termini sono ancora usati altri invece sono scomparsi definitivamente quando nel Cinquecento gli fu dato quello definitivo: Urcionio. Nel tratto situato nei pressi dell’ex Cava Anselmi, era il Fosso Loparo o Luparo, nella valle sotto via Belluno era chiamato Arcione ed Arcionello, quando poi entra in città era detto Sonza (nei pressi di piazza del Teatro), Repuczali o Repuzzali (nel tratto da via del Repuzzolo a fine via Marconi), Fosso Tremolo (verso piazza del Sacrario) e Fosso Favuli nel zona di Valle Faul. Secondo alcuni studiosi il termine Arcione da cui Urcionio, deriverebbe da Arxones o Arciones, ossia archi o arcate. Un tempo nella zona compresa nel tratto tra via Belluno e Porta San Marco erano presenti molteplici dislivelli sui quali erano situati orti, molini, opifici e cave di peperino; la realizzazione di una serie di ponti, anche con diverse arcate, permetteva di spostarsi da una riva all’altra con molta facilità. Nel corso dei secoli, la caduta eccezionale di piogge ha trasformato molto spesso la natura serena e tranquilla del nostro torrente cittadino, trasformandolo in un fiume impetuoso che travolge qualunque cosa incontri lungo il suo percorso; è triste ricordare numerose alluvioni che hanno causato gravi danni e vittime tra gli abitanti. I cronisti parlano di una piena avvenuta alla vigilia di Ferragosto dell’anno 1223, quando l’acqua allagò il borgo di San Luca dove persero la vita diverse persone. Molte altre ci furono nei secoli successivi per poi arrivare all’ultima, piuttosto disastrosa, avvenuta nella notte del 26 ottobre 1706: l’Urcionio a causa delle enormi piogge si gonfiò così tanto da distruggere il tratto di mura situato nell’attuale via Fratelli Rosselli , abbattè molte case ubicate lungo il suo percorso, demolì un tratto delle mura a Porta Faul e terminò la sua furia negli impianti termali verso Strada Bagni. Con la ricostruzione delle parti distrutte, il Governatore del tempo, Francesco Foscari, per evitare il ripetersi di simili disgrazie fece realizzare uno sbarramento alle porte della città che impedisse al fiume di combinare altri danni…e così venne costruita la “Gabbia del Cricco”: una larga apertura a semicerchio costituita da robusti pilastri di peperino, equidistanti tra loro, posta lì con lo scopo di impedire l’entrata in città di tronchi ed altri detriti durante le piene del fiume. L’avvenimento è ricordato nell’epigrafe, tutt’ora visibile, nel tratto di mura civiche situato nell’incrocio tra via Fratelli Rosselli e viale Raniero Capocci. Col passare dei secoli l’assetto urbano della città si modificò notevolmente, per cui ad un certo punto fu necessario iniziare a coprire alcuni tratti del fiume che correvano a cielo aperto. Era necessario dotare il centro storico di una direttrice viaria adeguata alle mutate esigenze del tempo e poi con la costruzione dell’acquedotto della Palanzana, avvenuto nei primi del Novecento, l’Urcionio era ormai utilizzato come collettore degli scarichi cittadini rendendolo una vera e propria fogna a cielo aperto.
Il progetto di copertura dell’Urcionio venne approvato nel novembre del 1929 ed i primi lavori furono eseguiti nel tratto dove oggi sorge via Fratelli Rosselli e piazza Verdi; successivamente, nel 1932, iniziano i lavori di copertura del tratto tra “La Svolta” e Ponte Tremoli; si provvederà alla sistemazione della chiesa di San Giovanni Battista degli Almadiani e di Santa Maria della Peste, trasformato poi in Sacrario dei Caduti di guerra. Il tratto urbano dell’Urcionio scomparve dentro un’enorme galleria la cui volta alta cinque metri circa fu utilizzata, con adeguati rifacimenti, come rifugio antiaereo durante la seconda guerra mondiale in grado di ospitare quattromila persone che potevano accedere grazie a tre ingressi, situati in via del Repuzzolo, nei pressi della Banca d’Italia e a piazza del Sacrario. Il ricordo di quel fiumicello è ormai rimasto solo nella memoria dei viterbesi de ‘na vòrta e di qualche vecchia foto ingiallita; il nostro amato Urcionio scorre ormai silenzioso e nascosto sotto le nostre strade.
Foto: stampa resa disponibile da Archivio Mauro Galeotti
*Cultore della storia Viterbese