Viaggiando per le strade del centro storico di Viterbo, questa volta Noris Angeli ci accompagna lungo via Mazzini, così denominata, agli inizi del secolo scorso, in ricordo e onore del patriota. Il monumento più rappresentativo è la chiesa di San Giovanni, ormai aperta quasi esclusivamente la domenica mattina e che conserva importanti reperti storici. Via Mazzini è al centro di un dedalo di viuzze che ospitavano un ghetto in via delle Maestre, una casa di tolleranza in via Cacciamele, e le dimore di importanti personaggi della città ormai quasi dimenticati dalla storia. (L.C.)
Via Giuseppe Mazzini – Da corso Italia a via della Verità
Già via San Giovanni in Zoccoli dall’esistenza lungo il suo tragitto di una delle più antiche e pregevoli chiese della città. Il nome attuale, secondo la statica della anime, dovrebbe esserle stato imposto negli anni 1890-91 per onorare la figura di Giuseppe Mazzini (1805-1872), l’italiano che con incrollabile fermezza si battè per l’unità e l’indipendenza della nostra patria. Lungo il tracciato di questa importante arteria s’incontrano palazzi e dimore d’importanza storica e architettonica come palazzo Torellini, ai civici 124 e 141, alla chiavica di Santa Caterina ossia l’arco dei Torellini nel 1792 (Orlandi, notaio), Pagliacci, al 129, Pisara, in faccia al Collegio San Giovanni, Nini, al 49, Gnazza al 20. In una stanza di palazzo Gnazza è nato nel 1901 lo scienziato e matematico Luigi Fantappiè. Al numero 159 si apriva l’antico vicolo della Spurinella, a volte volgarmente della Spornella, che aveva il suo termine nei pressi dell’attuale via Chiusa. Tale denominazione dovrebbe derivarle da Quinto Spurina che a dire di frate Annio (1498) era un giovane eroe etrusco, al quale il marchese Andrea Maidalchini (1611) aveva fatto erigere una statua che si vedeva all’angolo del suo palazzo (Bianchi, 1611). Nel 1531 Antonino Avanzarano possedeva una casupola in questo sito, nel 1551 Livio Brigidi vendeva una sua casa a Mariano Peleci nella strada che dicono la Spornella, nel 1580 Francesco e Lorenzo fratelli Torellini avevano una casa a confine con i beni del loro fratello Pier Giovanni, degli eredi del fu Cosimo Cobelluzzi, la strada pubblica e la via della Spurinella (Malagriccia, Verreschi, Bianchi, notai). Nel 1590 lungo il suo percorso era la sede dell’antica Dogana ritenuta da Giorgio Giustiniani (G. Malvicini, notaio), che nel 1690 verrà trasferita in alcuni locali del palazzo di Andrea Maidalchini iuniore essendone responsabile Venanzio Giori (G. Begagli).
Poco oltre via delle Maestre, ai numeri 74/84, è un’apertura, delimitata da un cancello, nota come il Ghetto con fondo stradale lastricato. Questa titolazione, riscontrabile in diverse statistiche parrocchiali, richiama alla mente una zona della città abitata da ebrei in contemporanea con l’altra di piazza Padella. Ma i documenti consultati non sono sufficienti a confermare tale ipostesi. Il 17 marzo 1688 Porzia Felceti di Viterbo sposava Simone Gemma di Spoleto portando in dote una casa a confine con i beni del monastero di Santa Caterina e con ingresso nel vicolo detto il Ghetto (Silvestrelli, notaio). Nel 1771 è citata in atti la contrada il Ghetto (F. De Romanis) e nel 1842 viene ricordata la piazzetta in fondo al vicolo del Ghetto (Mascini, notaio).