Tuscia in pillole. Ronciglione da ridere con Nasi rossi e Petrolini

di Vincenzo Ceniti*

Nasi Rossi

Almeno due le buone ragioni per un weekend a Ronciglione: un’ora da Roma, uscita raccordo anulare direzione Cassia-Viterbo; dopo Monterosi bivio per Nepi-Ronciglione. La prima sono  i  “Nasi rossi” di Carnevale, la seconda si chiama  Ettore Petrolini. Senza contare la garanzia di una camminata super a bordo lago di Vico tra silenzi, noccioleti, castagni ed uccelli acquatici

I “Nasi” si rifanno ad un’allegra compagnia di santi bevitori fondata agli inizi del secolo scorso quando un barbiere del posto dopo un fiasco di rosso fu così sbadato da scolare i suoi rigatoni al sugo in un pitale, che peraltro divorò con gusto. Quel gesto “geniale” fu il pretesto per  la creazione  di una Società di mangiatori e bevitori che oggi mette insieme una marea di discepoli (circa 500) cui è dedicata una giornata nel cartellone del carnevale di Ronnciglione, il titolo di “Maschera” del paese, una via e addirittura un inno.

Per essere ammessi alla Società, secondo un rituale di vago sapore goliardico (le iscrizioni sono sempre aperte) occorre solo  pagare un fiasco di vino e partecipare alla “Pitalata” di carnevale con tanto di divisa (camicione bianco, nastro o papillon rossi al collo, cappello da notte), pitale fumante di rigatoni e forchettone di legno in pugno. Il compito è semplice: piombare in mezzo alla folla, seminare il panico e infilare i rigatoni nelle bocche di chi capita a tiro, meglio se di sesso gentile. Se qualcuno pensa di farla franca, rifugiandosi nelle abitazioni che si affacciano sulla strada  commetterebbe un errore “fatale”,  dal momento che i “Nasi rossi” sono armati anche di lunghe scale che raggiungono le finestre dei primi piani.

Del resto i rigatoni sono una squisitezza poiché imbevuti di una salsa gustosa composta da macinato di manzo, e di maiale, cipolla, carota, vino bianco asciutto, sedano, pelati, olio di oliva, un sospetto  di “persa” (maggiorana) e di greppello (timo) e tanto pecorino grattugiato.

Il tutto accade il lunedì di Carnevale (quest’anno il 3 marzo) il cui programma (dal 16 febbraio al 4 marzo) è ripieno di carri allegorici, gruppi mascherati, bande musicali, artisti di strada, degustazioni, maschere singole, “salterello”. I “Nasi rossi”sono sempre stati un cocktail di arguzia, saggezza popolare, ironia, dissacrazione, libertà di pensiero e satira godereccia,

Ecco il loro inno

Siamo Noi i Nasi Rossi
Caratelli li scoliamo
Siamo franchi bevitori
veri figli di Noè

Se ci piglia il mal di testa
o la febbre scarlattina
corriamo subito in cantina
e ogni mal ci passerà

Viva Bacco e la cuccagna
e Noè che fu inventore
Viva il vino e la sciampagna
che allegri ci fa star

Dopo anni di silenzio
si ricanta, bevi e magna
chi ci segue non si lagna
chi si astiene è un gran fregnon

Ritornello:
Su beviam facciamo un brindisi
col bicchier di vino espresso
e l’acqua è fatta pei perversi
che il diluvio la creò

 

C’è poi Petrolini. Ronciglione sa tanto di lui, beffardo, ironico cantore, diseur, viveur, la cui presenza è nell’aria, sui volti dei paesani, tra le antiche pietre del centro storico. I suoi antenati vi si trasferirono nel Settecento per lavorare nelle ferriere  di Rio Vicano. Ettore nacque però a Roma, dove i genitori decisero di stabilirsi alla fine dell’Ottocento per meglio soddisfare le commesse di cancelli, utensili per l’agricoltura e la casa, ringhiere, pali, ruote di carri e altri manufatti in ferro.

I suoi primi palcoscenici furono a Ronciglione le botteghe del padre e del nonno falegname, ma anche piazze, osterie e locali di quart’ordine,  prima di giungere alle grandi ribalte.  Le sue “macchiette” (Gigi er bullo, Sor Capanna), i personaggi (Gastone su tutti), i film (Nerone di Blasetti), sono tuttora  autentica letteratura di teatro e  punto di riferimento per una folta schiera di artisti del Novecento, da Gigi Proietti ad Alberto Sordi. Era il re dello sberleffo e della satira pungente, delle imitazioni “deformate”, della mente vuota, “senza orrore di se stesso”.

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Una caricatura di Ettore Petrolini

Tornava volentieri a Ronciglione, per rivedere parenti e amici, facendo capo al bar Bellatreccia nella cosiddetta piazza della Nave dove improvvisava per gli avventori gag ed imitazioni.                                                                                                                                                                   Nel 1903, ai tempi dell’incontro con Ines Colapietro con cui formò compagnia sia sul  palcoscenico che in famiglia, si esibì anche a Viterbo: al Gran Caffè Schenardi e a Pratogiardino (probabilmente nel teatrino di Villa Brannetti). In punto di morte (1936 a 52 anni), vedendo entrare nella sua camera il sacerdote con l’olio santo avrebbe esclamato “Mo’ sì che so’ fritto”. Ronciglione gli ha dedicato il Teatro e il premio  “Ettore Petrolini”.

Nella foto cover I “Nasi rossi” 

 

L’autore*

 cenitiConsole di Viterbo del Touring Club Italiano. Direttore per oltre trent’anni dell’Ente Provinciale per il Turismo di Viterbo (poi Apt). È autore di varie monografie sul turismo e di articoli per riviste e quotidiani. Collabora con organismi e associazioni per iniziative promo-culturali. Un grande conoscitore della Tuscia.

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