Dall’anima interiore dell’artista e, attraverso forma e colore, Fiorenzo Mascagna raggiunge il cuore dello spettatore che la osserva, entrando in contatto con essa. Lasciamo alle sue stesse parole la presentazione di sé.
“Sono cresciuto costruendo i miei giocattoli da solo, quindi ho imparato presto a dare forma ai miei pensieri. Da allora teoria e pratica dell’oggetto hanno fatto parte della mia vita. Ho avuto la fortuna di incontrare l’arte quando era facile credere alle sue promesse di futuro. Ancor prima degli studi in Accademia, ho iniziato a scolpire pietre con i pochi strumenti che avevo ai margini di una segheria. Allora pensavo che il marmo sarebbe stato l’unico medium con il quale avrei dato forma alle mie idee. Evidentemente mi sbagliavo.
Quando è arrivato il legno l’ho guardato con diffidenza perché non aveva la velocità esecutiva della pietra. La mia fretta era quella di chi non ha punti fermi ed è alla continua ricerca di quella stabilità che chiamiamo stile. Se l’Accademia di Belle Arti ha ordinato le mie tumultuose oscillazioni, sono stati gli artigiani ed i maestri scalpellini a insegnarmi il mestiere. Devo alla complementarietà di questi due mondi il risultato delle mie ricerche scultoree.
Sono nato nel 1959 ed il mio percorso artistico ha avuto una sua regolarità: prima l’Istituto d’Arte e poi l’Accademia dove mi sono diplomato in scultura con lode. Non ho dovuto fare un altro mestiere per vivere, perché alla fine degli anni Ottanta scultura e design regalavano belle soddisfazioni. Anche se per qualche anno ho insegnato Teoria della percezione e Psicologia della forma nella medesima scuola che mi ha visto studente, posso dire di non aver mai trascurato il mio tavolo da lavoro. Le pietre sono andate a occupare lo spazio urbano assumendo le sembianze di fontane e sculture monumentali, mentre i legni hanno trovato inizialmente nel design la loro naturale applicazione. La pietra che prediligo è il travertino perché somiglia al pane cotto e corrisponde alla semplicità del quotidiano, mentre il castagno è il legno al quale mi sento legato.
Il primigenio ha sempre esercitato un fascino particolare sulla mia scultura. Con il passare del tempo il gioco degli incastri ha prevalso sul lirismo della forma e i miei lavori sono diventati sempre più un fatto antropologico dove quello che conta è la continuazione dell’opera nello spettatore.
Ho iniziato scolpendo pietre da poggiare sopra un piedistallo; oggi molte mie opere sono appese alle pareti e hanno la leggerezza del colore al quale 20 anni fa non riuscivo a pensare. Insieme all’immagine quadro sono arrivate le commistioni tra tecniche differenti e materiali che normalmente non dialogano tra loro come pietre, legni e vernici industriali.
L’iniziale rapporto è stato di temperatura, poi la scultura su tavola è divenuta sempre più luogo di incontro e di conciliazione tra materiali diversi chiamati a dar vita alla medesima armonia. Per uno come me, cresciuto con il monocromatismo del travertino, è stato un salto verso l’ignoto l’utilizzo delle vernici industriali, ma l’arte vive di fughe in avanti e l’artista, per indole, la segue.
Ai codici della natura, rappresentati da pietre e legni, si sono aggiunti i codici ral delle auto che percorrono le strade.
Allievo di Michelangelo Conte, ho potuto ascoltare dalla sua voce i racconti sull’arte del suo maestro Prampolini, ma da lui ho anche appreso il metodo costruttivo, quel po’ di razionalità che serve per far stare in piedi le sculture e non far perdere acqua alle fontane.
La mia ricerca ha avuto come campo di indagine il superamento delle distinzioni tra tradizione e contemporaneità. L’aver insegnato la disciplina che è stata di Paul Klee al Bauhaus, mi ha permesso approfondimenti sulla teoria della figurazione che probabilmente non avrei fatto se non avessi varcato il portone dell’Accademia. In quasi quarant’ anni di lavoro sono stati numerosi gli interventi pubblici, così come le mostre, delle quali ne ricordo soltanto alcune”.
“Dislessia per compagna” è il titolo del libro in cui come testimone di se stesso esterna tutta la fatica e le difficoltà di una persona affetta da Disturbo Specifico dell’Apprendimento (DSA), non un semplice libro ma una narrazione esperenziale che porta nelle scuole ma anche in incontri teorici-pratici dimostrativi di pedagogia dell’arte, rivolti a studenti e artisti. Docente, autore del testo “Dislessia per compagna” , il suo progetto è stato sostenuto da Laziocrea.
Oggi. Lo Spazio d’incontro: Itinerart
Nel cuore del contro storico di Viterbo, in una traversa appartata del Corso a Viterbo, in via Sant’Egidio,11, il punto d’incontro libero creato dallo scultore,acrittore, narratore, divulgatore dell’arte Fiorenzo Mascagna per chi è alla ricerca di semplificazione culturale. Tutto quello che accade in questo Spazio è convivialità e racconto, sia che si tratti di percorsi formativi teorici, sia che l’approdo riguardi il corso di Design e laboratorio del libro. Lo spazio Itinerart- cultura si pone come un laboratorio sociale permanente e punto di riferimento per chi ha a che fare con la dislessia, uno spazio dove cultura, sostegno e approfondimenti si uniscono per dare risposte.
Prossimo appuntamento: Kandiskij, il cavaliere azzurro
Venerdì 21 febbraio, alle ore 20.00, lo spazio di Itinerart-cultura, in via Sant’Egidio 11, a Viterbo, ospita “Il cavaliere azzurro e altre storie 1911-1924. L’arte tra Monaco e Mosca”, reading teatrale nell’ambito del programma de “L’arte recitata” con Rita Camilletti nei panni di Nina von Andreevskij e Marco Pelanda in quelli di Vasilij Kandiskij, precursore e fondatore della pittura astratta. Testi e narrazione critica di Fiorenzo Mascagna. Ingresso libero. Per info e prenotazioni: 320 6388040 – itinerart-cultura.it