“Se puoi sognarlo, puoi farlo”. La frase è di Walt Disney, che cominciò tutta la sua avventura partendo da un topolino. Il parallelo disneyano ci sta, perché nel corso della nostra conversazione Tiziano Ionta si paragona spesso a Paperino. L’entusiasmo e l’innocenza di quel personaggio, forse, aiutano a trasformare i sogni in realtà. Viterbese, ma originario di Bolzano, poliedrico, multiforme, Ionta è ingegnere ricercatore alla Telecom. Complice la sua grande passione per la fotografia, coltivata fin da ragazzo, Tiziano è anche fotografo giubilare, fotografo specializzato in spettacoli teatrali, ed è stato reporter di guerra per l’Unicef. Tutti progetti tirati fuori dal suo cassetto e poi caparbiamente realizzati. «Ho la mia personale wishlist, ogni tanto spunto qualcosa. Ma resta ancora altro», afferma sorridendo.
Classe 1963, Ionta ha mosso i primi passi fotografici trascorrendo quindici anni in camera oscura, e accostandosi al rigore scientifico del bianco e nero. «Ormai la camera oscura è vintage, da almeno una ventina d’anni non se ne parla più. Ma chi l’ha praticata ha oggi un controllo millimetrico dei chiaroscuri». Parliamo del suo impegno più recente, quello di fotografo addetto a documentare i numerosi eventi connessi al Giubileo 2025. Eventi peraltro messi in forse, per i problemi di salute di Papa Francesco. «Ho sempre sognato di poter fotografare il Papa da vicino», racconta. «Accanto al fotografo ufficiale che lo accompagna sempre, c’è un gruppo di fotografi, di cui faccio parte, che quest’anno si distribuiranno nei numerosi eventi giubilari. Sabato 15 febbraio, in occasione del Giubileo degli Artisti, avrei dovuto fotografare l’udienza in Sala Nervi, alla quale erano invitati parecchi artisti di ogni tipo, e il lunedì successivo avrei documentato la visita del Santo Padre a Cinecittà ed alle location dove vengono girati i grandi film. Sarebbe stata una circostanza eccezionale… Ma per le sue condizioni di salute l’intero evento è stato annullato». Il calendario degli eventi giubilari è infatti serratissimo, e non c’è spazio per eventuali rinvii. «In aprile avrò il compito di fotografare il Giubileo degli Adolescenti, in occasione del quale avverrà la canonizzazione di Carlo Acutis, e la Giornata Mondiale della Gioventù, che si svolgerà tra il 28 luglio e il 3 agosto». Durante la GMG, Ionta scatterà foto anche per conto del Comune di Viterbo, che gli ha commissionato la documentazione delle trasferte giubilari della nostra Diocesi. Ma come si riesce a entrare in questa cerchia esclusiva? «Dato il grande numero di eventi, avevano bisogno di molti più fotografi nello staff… E per quanto mi riguarda, il fatto che in passato avessi realizzato reportage di guerra per l’Unicef, mi ha referenziato».
Tiziano Ionta racconta che da ragazzo amava sfogliare le foto in bianco e nero di Robert Capa, il leggendario reporter della seconda guerra mondiale. «Un altro progetto della mia wishlist: realizzare reportage in zone di guerra. Era la prima metà degli anni Novanta, l’epoca della guerra in Bosnia. Un sogno tutt’altro che facile da realizzare, però. Ogni iniziativa doveva passare attraverso l’Onu. Così pensai di proporre all’Unicef un reportage a titolo gratuito, che documentasse le condizioni di vita dei bambini in quelle drammatiche circostanze. Le foto avrebbero potuto essere utilizzate per campagne e raccolte fondi. Mi aggregai a una missione umanitaria e partii, nell’incoscienza più totale. Non c’era un fronte su cui la guerra si potesse scatenare: si combatteva ovunque, nei paesi e tra la gente. Avevo sempre la scorta dei Caschi blu, ma il problema non erano tanto i cecchini, quanto le mine, nascoste nei posti più impensabili. Ci sono tornato due volte, ma ci sarei tornato altre quattro. Così come, sempre per l’Unicef, sono stato nei territori occupati e in Iraq. Tanti aneddoti da raccontare, tante situazioni delicate vissute, tante immagini rimaste dentro. Le mie foto per l’Unicef non sono mai state però sul tema della disperazione, ma sullo slancio verso la vita. C’erano bambini che malgrado la guerra e il dolore, mi sorridevano e mi correvano incontro. Da qualsiasi sofferenza possono nascere fiori, ed è bello quando questi fiori vai a donarli, quando un tuo vissuto, trasformato in qualcosa di visivo, riesce a trasmettere positività alle persone».
Uno slancio che Tiziano vorrebbe travasare in ambito sociale, là dove oggi serve, più che mai, sensibilizzazione. «Ho scattato al centro sociale a Viterbo, ma anche in quelli di Roma, quelli pesanti, come quello di Valle Aurelia. Ambienti difficili, in cui prima devi convincere chi c’è che non sei un infiltrato delle forze dell’ordine… Ma il mio approccio è quello di un fotografo un po’ ingenuo, un po’ Paperino… un po’ incosciente. Per me il primo scopo di un’immagine è quello di sensibilizzare. Mi rendo conto di quanto silenzio c’è di fronte a certe situazioni di difficoltà, e quanto è grande la responsabilità di dar loro una voce, di farle urlare: con la letteratura, con un murale, con la fotografia, con qualsiasi cosa. Questa passione, che ho, è il mio personale ponte verso gli altri».
C’è infine un altro desiderio spuntato dalla lista: diventare fotografo teatrale. «Sono fotografo ufficiale del Teatro Ghione di Roma. A Viterbo fotografo gli spettacoli della stagione teatrale di Ferento. Tutto è nato con l’amore per il teatro di strada: dal 1989 al 1992 qui a Viterbo si svolse il Festival Internazionale di Mimo, a cui parteciparono personaggi di altissimo livello, da Marcel Marceau a Lindsay Kemp. Iniziai a fotografare tanto, andai ai festival più importanti del teatro di strada, ad Avignone, Edimburgo. E quando andavo nei teatri, entrando nei foyer vedevo sempre affisse delle foto. E mi dicevo, pensa se un giorno qui ci fossero attaccate le foto mie…! Oggi, se vai al Teatro Ghione, ci sono effettivamente le mie foto affisse. Ma non in formato venti trenta, in due metri per tre!». Anche qui, ambiente esclusivo, concorrenza spietata. Entrare nella cerchia di fotografi autorizzati a scattare durante gli spettacoli, o addirittura diventare fotografo ufficiale, richiede una buona dose di iniziativa e di perseveranza. «Prima devi fare una gavetta incredibile, conoscere attori, registi. Quando venivo a sapere che dovevano fare uno spettacolo, gli chiedevo: posso venire a fotografarlo? Poi vi regalo le foto. Ho conquistato Ugo Pagliai, Giovanni Scifoni, tutto il gruppo di Gigi Proietti. Fai vedere le tue foto, a loro piacciono, poi vai una seconda, una terza volta. E finalmente entri in contatto con i produttori». Ionta ha fotografato in tutti i teatri romani: Sistina, Vittoria, Brancaccio, il Globe. «Anche qui, tanti aneddoti divertenti. Tra tutti, l’episodio che mi ha aperto la strada ai teatri di Roma. Un giorno ho avuto l’autorizzazione a fotografare lo spettacolo in cartellone al Globe: “Sogno di mezza estate”, regia di Gigi Proietti. Dopo, mi sono recato dal produttore per fargli vedere le foto. Ricordo che stavo in piedi davanti alla scrivania, lui stava seduto e le stava scorrendo al pc. A un certo punto, dal backstage è uscito Gigi Proietti, e il produttore lo ha chiamato: Gigi, vieni un po’ a vedere ‘ste foto. Hanno cominciato a scorrerle insieme, in un silenzio totale. A un certo punto Gigi mi ha guardato, mi ha riguardato e poi ha esclamato: me cojoni!».