“Un geniaccio, Pier Paolo”. Riflessione spontanea dopo un’ora di colloquio al tavolo di un bar. Pier Paolo Margheriti da sedici anni fa il medico nel carcere viterbese di Mammagialla: «Non ne potevo più delle guardie mediche a Narni, Amelia e tanti altri paesi del circondario», sospira. Camice bianco di giorno, matita e pensieri in libertà di notte: «Non riesco a dormire più di quattro ore». Una matita, appunto, per scrivere libri, ma soprattutto per disegnare vignette: più di tremila in appena cinque anni. Dalle caricature di Andreotti, Monti, Rosy Bindi a quelle di personaggi di paese, autentiche ”maschere” della vicina Attigliano dove Pier Paolo è nato e vive.
Disegni scarni, senza fronzoli, tratti decisi, accompagnati da pungenti didascalie. «Nascono così, improvvisamente – dice – quasi sempre di notte, ispirati da un articolo di giornale, da un servizio televisivo, da una semplice notizia carpita in un bar».
«Un geniaccio Pier Paolo». Piccoli spezzoni di capelli, più sale che pepe, che a stento riescono a nascondere un’incipiente calvizie, folte sopracciglia arruffate su due occhi cerulei in continuo movimento, una barbetta incanutita che orla il mento e le gote, mozziconi di sigarette senza filtro che riempiono lentamente il posacenere.
Cita Socrate, Platone, Marx, ma anche papa Francesco e il santo di Assisi. Gioca con citazioni e personaggi, complicato stargli dietro. Una esplosione di aforismi di sua mano o presi in prestito da uomini famosi per spiegare il senso della vita come lui la intende. Ne riportiamo solo alcuni, contenuti in un suo libro: «….la filosofia non è un museo, ma un cantiere e non essendo prezzolata è una delle più belle fonti di comunicazione»; «la politica mette le mani nelle tasche della gente mentre l’arte e la filosofia cercano di mettere il paradiso nella testa delle persone»; «la luce abbagliante del giorno confonde troppo le forme, mentre le bugie vengono messe in evidenze nel crepuscolo»; «se si conosce la felicità si sta bene, ma raggiungerla dopo grandi pene è una cosa celestiale»; «il vincitore è spesso un sognatore che non si è mai arreso»; «un conto è la legge e un conto è la morale che sono l’insieme di ordinamenti atti a farci vivere in comunità o tesi a farci vivere in pace con noi stessi».
E poi tutto ciò che il carcere e i detenuti gli hanno insegnato in tanti anni: «Quasi sempre sono uomini veri, da loro e con loro ho arricchito la mia sensibilità. Mi hanno dato lo spirito per scrivere e disegnare con quella libertà che loro hanno perduto». Una produzione vastissima (l’ultimo libello è andato su Amazon) che va dalla satira all’etica, dal cielo alla terra, senza i vincoli dello spazio e del tempo. Altrimenti che «geniaccio» sarebbe, Pier Paolo?