L’espansione della monocoltura della nocciola richiesta dalla Ferrero produrrà benefici?

La Regione Lazio il 13 Maggio 2015 firma un accordo con l’ISMEA e la Ferrero Trading Lux S.A. per la realizzazione di nuove coltivazioni a nocciole su 10 mila ettari, circa 5 milioni di piante di nocciole nel viterbese.
Le tre Regioni Piemonte-Toscana-Lazio (ma anche altre Regioni fra le maggiori produttrici Campania e Sicilia potrebbero essere interessate all’ampliamento della nocciolicoltura) con questi accordi pianteranno alberi di nocciolo su 20 mila ettari, circa 10 milioni di piante, e inseriranno nei loro Piani di sviluppo rurale PSR 2014-2020 finanziamenti appositi, sosterranno e incentiveranno il comparto; l’Ismea metterà a disposizione le proprie competenze nella progettazione delle azioni e nella realizzazione dei progetti, la Ferrero si renderà disponibile a cooperare supportando la ricerca, la formazione e lo sviluppo della corilicoltura anche tramite la stipula di contratti di fornitura di medio e lungo termine con gli agricoltori.

Per le Nocciole nel Lazio la parte interessata è il viterbese, dove già insistono moltissimi terreni coltivati a noccioli.
Dopo i Piani integrati Mediterranei finanziati dalla Unione europea che hanno portato allo sviluppo della nocciolicoltura in tutto il viterbese, un nuovo progetto inserito nel PSR (Piano di Sviluppo Rurale 2014-2020 della Regione Lazio) che prevede il sostegno all’ampliamento della coricoltura con fondi pubblici ed europei, per “indirizzare gli investimenti alle priorità chiave per la crescita”, ma anche nel segno della “sostenibilità ambientale”.
Il progetto si sviluppa in più fasi:
– servizi di formazione e assistenza tecnica per gli agricoltori;
– sviluppo di forme di cooperazione e aggregazione all’interno della filiera e di un settore vivaistico che assicuri la produzione di piante di qualità;
– strumenti d’incentivazione regionali, nazionali e comunitari, informazione, formazione e promozione dell’utilizzo degli strumenti economico-finanziari di Ismea;
– creazione di nuove aziende e riconversione delle esistenti.
Tutto ciò nei produttori di nocciole della Tuscia procura una nascente preoccupazione, per:
– l’aumento della produzione nazionale e mondiale con nuovi Paesi che da importatori sono divenuti produttori Australia, Argentina, Olanda, Cina, Corea;
– la concorrenza della Turchia che immette sul mercato grande quantità di prodotto;
– la possibilità per l’industria dolciaria di approvvigionarsi a prezzi che la stessa stabilisce.
Grande preoccupazione desta anche nella popolazione. Sarà davvero ricercata la sostenibilità ambientale, oppure ci sarà ancora il tentativo di nascondere la realtà, così come si è verificato per i danni provocati dal metodi coltivazione esistente?
Come fugare queste preoccupazioni?
Alcune aziende agricole biologiche dell’agro falisco e l’ordine dei geologi del Lazio hanno ben compreso la gravità della scelta e si adoperano nel tentativo di far comprendere che tale invasioni vanno regolate e disciplinate; assieme ad alcuni Comuni del basso viterbese e il Biodistretto lavorano alla redazione di regolamenti restrittivi per l’utilizzo dei fitofarmaci nelle nuove piantagioni e chiedono a gran voce di convertire l’agricoltura chimica in biologica con l’abbandono delle dannose, in tutti i sensi, monocolture e il ritorno alla policoltura.

Preoccupa, quindi, per gli aspetti sociali, ambientali ed economici sopra richiamati, l’esultanza dell’assessore all’agricoltura della Regione Lazio Sonia Ricci : “ Il 27% di tutte le nocciole che si producono in Italia, sono concentrate in una zona bellissima, che è Viterbo. Si vuole mettere intorno ad un tavolo anche piccoli produttori per dar loro un futuro in questo settore”.
Come possono, infatti, definirsi bellissimi i campi ben recintati dove è meglio che non entri nessun animale, sia esso uomo, cinghiale, uccello o scoiattolo, perché abbondantemente irrorati da diserbanti e concimi chimici ? Quale futuro si offre ai piccoli produttori?
“L’uso massiccio di fertilizzanti azotati, che poi, a causa delle piogge, si sono riversati nel bacino lacustre, comporta l’aumento di queste sostanze nocive nelle acque” così afferma il prof. Giuseppe Nascetti, ordinario di Ecologia al Dipartimento di Scienze Ecologiche e Biologiche dell’Università della Tuscia, che da più di 20 anni studia lo stato di salute del Lago di Vico.
Perché la Regione Lazio, nonostante le nostre richieste, ancora non rivede la delibera che ha permesso la formazione del PUA in un comprensorio dove sono vietate per legge le immissioni nelle acque di sostanze inquinanti, proprio perché da utilizzare come potabili?
La legge R.L. n. 539 del 2/11/2012 BUR n.67 pag 215, è infatti un’assurdità giuridica perché mentre individua le aree di salvaguardia ambientale in tutta la conca del lago, al punto 6/3 permette di continuare l’uso di diserbanti e concimi chimici, attraverso i PUA. La qualità delle acque del lago di Vico da allora è peggiorata e documenti dell’Istituto Superiore di Sanità lo certificano, e nonostante ciò ne viene permessa la utilizzazione per le produzioni agricole, per l’abbeveraggio degli animali e la distribuzione nelle abitazioni di Ronciglione e Caprarola, sebbene siano in vigore le ordinanze di non potabilità.
L’ampliamento dei terreni per la monocoltura delle nocciole, è quindi un intervento che si inserisce in un ecosistema già compromesso, che andrebbe invece tutelato, per farlo tornare ad essere sano, oltre che bellissimo.
Fermare l’eutrofizzazione dovrebbe essere il pensiero preminente delle istituzioni. La perdita di beni ambientali danneggia enormemente il turismo e il valore del patrimonio immobiliare. Questo quanto è accaduto per il Lago di Vico.
Finanziare allora l’impianto di altri noccioleti è quindi una scelta fatta “nel segno della sostenibilità ambientale”?
In zone protette come sono i laghi viterbesi Vico e Bolsena, tale scelta dimostra al contrario, che nella programmazione di interventi nell’agricoltura, vengono tenuti di poco conto i principi di tutela ambientale.

Raimondo Chiricozzi Referente Prov. Viterbo AICS AMBIENTE

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