È un po’ l’alfa e l’omega di Vicino Orsini e del Bosco Sacro di Bomarzo. Una storia lunghissima, spesso ignorata, adesso riscoperta a cinque secoli di distanza dalla nascita dal nobile signore e uomo d’armi del paesino che sorge non lontano dal Tevere. Commemorazioni, incontri, festival, che insieme al personaggio stanno polarizzando l’attenzione, se ancora ve ne fosse bisogno, dei luoghi che ne segnarono l’esistenza. Ieri sera ancora un ricordo che però sfugge alla classica routine. Ferento. Per il ciclo “Tramonti”, è stato riproposto il racconto di un uomo e di un Sacro Bosco, in chiave più personale e aneddotico, attraverso le parole di Giuseppe Rescifina, intervallate dalla raffinata e suadente voce di Noemi Nori, accompagnata alla chitarra da Massimo Lattanzi. Un profumo di antico addolcito da una leggera brezza e dal profumo dolce della mentuccia. Un Sacro Bosco che Vicino volle per amore della virtuosa moglie Giulia Farnese (da non confondere con Giulia la “Bella”, anch’ella una Farnese, prediletta di Papa Alessandro VI° Borja e sorella di Papa Paolo III°) e che fu riscoperto alla metà del secolo scorso, una volta liberato dalle braccia tenaci della vegetazione. Tre ettari di terra disseminata di una trentina di sculture che furono realizzate con la pietra del posto, una cappella dove riposa la moglie di Vicino, una casetta in pietra costruita in pendenza. “Per ricordare a tutti che la vita non è sempre in equilibrio, così come credeva il gran signore”, ha ricordato Rescifina. Poi, nei primi anni Sessanta, la visita di Salvator Dalì e di Michelangelo Antonioni che rimasero esterefatti dal mistero e dalla bellezza del luogo. Perfino la nascita di una ipotesi, che tale rimane, di un legame con la Divina Commedia di Dante. “Vicino nell’immaginare il Bosco e le sue sculture sarebbe stato ispirato dal capolavoro del genio fiorentino”. Più verosimile il ringraziamento pubblico che il signore di Bomarzo rivolse a Papa Paolo III° per averlo fatto liberare dalle prigioni spagnole dove era finito dopo una sfortunata guerra. E ancora le lamentele dello stesso Vicino che veniva puntualmente bullizzato dal fratello Maerbale perché leggermente gobbo. Il nostro trovava consolazione tra le braccia della nonna. Piccole storie in una storia più grande, che termina il 28 gennaio del 1583 con la morte di Vicino, sepolto nella chiesa di Santa Maria Assunta a Bomarzo, a due passi dal palazzo dove abitò negli ultimi trenta anni della sua vita. Un profilo tanto interessante da ispirare, negli anni Sessanta, un libro dello scrittore argentino Manuel Mujica Lainez, intitolato semplicemente “Bomarzo”. Oggi edito dalla casa editrice viterbese “Sette Città”, che ne ha rilevato i diritti dalla Rizzoli. Vincenzo Ceniti, console del Touring Club Italiano, ospite della serata, quel librone lo ha letto tra i primi in Italia e lo ha mostrato con evidente orgoglio sul palco: “Questa è la prima edizione. E io ce l’ho”
A Ferento intenso omaggio a Vicino Orsini a 500 anni dalla nascita con la piéce di Giuseppe Rescifina e Noemi Nori
di Luciano Costantini