Ha portato una ventata di ottimismo e di voglia di Ricostruire Aldo Cazzullo nel bistrot Caffeina, sabato 27 ottobre, per la presentazione del suo ultimo libro Giuro che non avrò più fame.
Una sala piena che ha gustato con piacere il sapiente raccontare del giornalista del Corriere della Sera alternato alla lettura del testo interpretato dalla brava Annalisa Canfora.
Un quadro dell’Italia di oggi, visto come “un Paese da ricostruire. Dieci anni di crisi hanno seminato meno morte ma più frustrazione, più scoramento. Nel ’48, dopo cinque anni di guerra non eravamo così di cattivo umore. La cosa più importante è ricostruire la fiducia in noi stessi e negli altri. Questo è un paese dove nessuno paga più nessuno: lo Stato non paga i fornitori, i debitori non pagano i creditori: “Fammi causa” è la frase che si sente dire più spesso. Serve anche un po’ di fiducia nel futuro che è l’unico posto in cui possiamo andare. Io non vorrei che i nostri ragazzi pensassero che essere italiani sia una sfortuna, io credo che essere italiani sia un’opportunità perché vuol dire esse all’altezza di un patrimonio unico al mondo, fatto di bellezza di cultura di arte. Credo anche che sia una responsabilità perché bisogna essere degni di tutto questo _ ha sottolineato Cazzullo, aggiungendo – e ha senso di dirlo in una città bella e piena di fascino come Viterbo”.
Una carrellata di storia dalla fame dei nostri nonni, a quando solo il 7 per cento della popolazione aveva il telefono, ma si comunicava molto di più: “eravamo incomparabilmente più poveri di oggi però eravamo umanamente più ricchi e forse un poco più felici”.
Cazzullo ha ricostruito narrando l’Italia di De Gasperi, dell’attentato a Togliatti, di D’Onofrio preso d’assedio, come delle fabbriche occupate a Torino e Milano, dell’impresa di Bartali, come dell’eterna rivalità con Coppi, nemico ideale. E poi quegli anni della Repubblica guidata da Luigi Einaudi.
“Luigi Einaudi è stato ministro delle Finanze, governatore della Banca d’Italia, presidente della Repubblica, quando invitava i giornalisti a pranzo, arrivati al momento della frutta diceva: io mangerei volentieri una pera però è troppo grande e non la voglio sprecare. C’è qualcuno che vuole fare a metà con me? Ennio Flaviano disse io, e anni dopo raccontando l’episodio scriverà: cominciava poi un’altra epoca, arrivarono altri presidenti e cominciò l’era delle pere indivise. Einaudi sosteneva che non si doveva fare assistenzialismo, bisogna prima avere una moneta forte, perché la lira non valeva più niente, poi bisognava creare lavoro, generare ricchezza e soltanto dopo ridistribuirla”.
Nell’affresco di una grande Italia tratteggiato da Cazzullo non sono mancati i riferimenti a due grandi imprenditori, due creatori, due visionari, come li ha definiti: Adriano Olivetti ed Enrico Mattei. E poi per concludere la fiducia nel futuro: “Io penso che possiamo ritrovare questa energia e questa fiducia che da qualche parte devono essere nel nostro sangue, perché stiamo parlando della storia dei nostri nonni dei nostri padri, è utile ascoltare il racconto di chi c’era”. E ripartire da lì.
Aldo Cazzullo: Giuro che non avrò più fame. Mondadori