Andrea Alessi scopre Bartolomeo Cavarozzi a Corchiano

di Francesca Pontani

Una storia che ha dell’incredibile. A Corchiano, in un piccolo paese nella provincia di Viterbo, sono conservati due autentici capolavori. Abbiamo chiesto di parlarcene ad Andrea Alessi, docente universitario e direttore del Museo della Città – Civico e Diocesano di Acquapendente.
Andrea Alessi ha infatti illustrato questi sorprendenti risultati in occasione dell’importante convegno “Il Borgo di Corchiano e il suo territorio”, curato da Maria Assunta Sorrentino (collection manager di Palazzo Barberini di Roma), che si è tenuto proprio oggi a Corchiano l’11 maggio 2019 a Palazzo San Valentino (sala Pinacoteca, a partire dalle 10).

Al convegno di Corchiano lei ha presentato i risultati sorprendenti dei suoi studi: vuole raccontarci della sua scoperta?
Certamente. Iniziamo col dire che questo studio nasce grazie all’interessamento del Comune di Corchiano e della curatrice che mi hanno coinvolto in virtù di alcuni miei studi su Corchiano pubblicati nel 2003. Ho accettato con piacere presentando stavolta due affreschi inediti sfuggiti alla catalogazione dalla Regione Lazio poi confluita nel celeberrimo libro “La media Valle del Tevere: riva destra” (1999).
Questi cicli pittorici, eseguiti in due cappelle contigue presso la chiesa del Soccorso a Corchiano da due personalità ben distinte, mostrano tra di loro affinità e caratteri stilistici comuni. Si trovano esattamente nella navata sinistra (seconda e terza cappella) della chiesa di Santa Maria del Soccorso e raffigurano, il primo, una “Madonna con Bambino tra i SS. Francesco d’Assisi e Tommaso d’Aquino”, l’altro, invece, una “Santa Orsola tra Sant’Elena e un non meglio identificabile santo agostiniano con un libro (San Leonardo?), in alto l’assunzione della Vergine”.

 

Lei parla di due affreschi che hanno affinità comuni sebbene siano stati realizzati da due artisti diversi, ci può spiegare meglio?
Sì. In entrambi i dipinti di Corchiano, certamente eseguiti da artisti diversi, sono stati qui individuati alcuni parallelismi stringenti con la produzione di Cristoforo Roncalli detto il Pomarancio, in particolare con l’opera “Santa Domitilla tra i SS. Nereo e Achilleo” conservata nella chiesa di SS. Nereo e Achilleo a Roma.
Nel dettaglio la Sant’Orsola corchianese ricalca fedelmente il modello della Santa Domitilla romana: identici sono il panneggio, le ombre e la provenienza della luce (da sinistra). Identiche sono anche la posizione della gamba che avanza verso l’osservatore e l’altra che retrocede; così come analoga è la disposizione delle braccia (si veda la disposizione delle dita della mano che tiene la palma in entrambe le opere, con l’indice e il mignolo delicatamente rialzati). Ugualmente, anche nell’altra cappella si riscontrano alcune similitudini con la tela romana: l’angelo centrale in alto, ad esempio, ricalca esattamente nel modellato del corpo, nelle gambe, nello scorcio sapientemente eseguito e nella dislocazione del panneggio, quello che porge la corona a Santa Domitilla.
Ciò che più sorprende non sono però le citazioni dei modelli ma l’imitazione dello stile di Roncalli: i cherubini di Corchiano hanno visi paffuti e rotondi, occhi grandi e distanti, naso a patata, bocca a cuore e capelli ricci scompigliati dal vento.
Ad ogni modo non si può parlare qui di un intervento diretto del maestro: nel registro basso con la Madonna e santi, ad esempio, pervade un senso più popolaresco nell’abbigliamento delle figure rispetto al prototipo. Nell’altro dipinto, invece, lo stile è sì monumentale e prezioso come quello del Pomarancio, ma si riscontra un senso preponderante per il classicismo, inedito sia nella controparte romana sia nel ciclo attiguo

 

Dunque, due personalità distinte che diffondono contemporaneamente lo stile di Cristoforo Roncalli (il Pomarancio)?
Esattamente. Parliamo probabilmente di due stretti seguaci di Roncalli autorizzati dallo stesso maestro a diffonderne le idee. Sappiamo che il prototipo di Roncalli è datato 1599, anno in cui l’opera venne installata nella chiesa di SS. Nereo e Achilleo, ciò ci permette di datare i due cicli di Corchiano posteriormente a quel termine, ovvero tra il 1604 e il 1605 circa. Avevo anche altri indizi, come ad esempio che questa fu una committenza agostinana, dal momento che quest’ordine prese possesso della chiesa a partire dal 1581, quando subentrò ai benedettini. E, in effetti se si considera che alcuni dei santi qui raffigurati presentano proprio quell’abito (San Nicola da Tolentino o l’altro santo non meglio identificabile, indossano proprio il saio agostiniano), tutto pare coincidere.
Come vedete, si tratta di una ripresa molto precoce dell’opera di Pomarancio, anche considerata la destinazione provinciale dei dipinti.

 

Come mai secondo lei due seguaci del Pomarancio proprio a Corchiano? È possibile che qualcuno della sua bottega abbia operato proprio qui?
È la domanda che in effetti mi sono posto anche io.
Pur immaginando l’intervento della sua bottega, non ho voluto azzardare nomi. Ho preferito chiedere lumi ad uno dei maggiori esperti del settore, cioè a Claudio Strinati, ex soprintendente del Polo Museale romano e specialista del Seicento di fama internazionale, che ha rilasciato alcune dichiarazioni che mi hanno letteralmente lasciato a bocca aperta.
Le riporto fedelmente: “I due affreschi sono di importanza a mio avviso monumentale. Sono certo che la tua datazione sia esatta. Siamo sicuramente nel 1604-5. E due mani sono diverse. Ed è esattissima la tua individuazione, due stretti collaboratori del Roncalli hanno operato qui. Si tratta, a mio avviso senza dubbio, di Giovanni Battista Crescenzi per quel che riguarda la ‘Madonna col Bambino e Santi’, e di Bartolomeo Cavarozzi esordiente per l’altro affresco. Cavarozzi viene dall’Accademia dei Crescenzi il cui mentore era Roncalli e quindi i conti tornano. Nessuna sua opera è nota prima del 1608 quando data la pala di Sant’Orsola oggi conservata nella chiesa di San Marco a Roma. Crescenzi, invece, nel 1596 firma e data la robusta pala di Sant’Antonio Abate a Predivalle (Preci) pubblicata nel catalogo ‘Pittura del Seicento. Ricerche in Umbria, 1989’. Dunque, questa di Corchiano è senza dubbio una testimonianza strepitosa della espansione della scuola roncalliana attraverso Crescenzi. Magnifica scoperta!!”.

Ora, calcolando la rarità delle opere d’esordio di questi due artisti e, soprattutto, il valore di mercato di un autografo di Bartolomeo Cavarozzi (ricordiamo che la “Visitazione di Maria ad Elisabetta” nella Cappella Palatina di Palazzo de Priori a Viterbo è valutata 2 milioni di euro), lascio a voi ulteriori considerazioni.

 

Quindi tasselli molto importanti della storia dell’arte italiana che, se (come si auspica) valorizzati, riportano al centro della cultura artistica e storica italiana il bellissimo paese di Corchiano.

COMMENTA SU FACEBOOK

CONDIVIDI