“Da Cellere a Capalbio” una storia in ottava rima di Giuseppe Bellucci

L’introduzione è di Romualdo Luzi, il disegno di copertina e le illustrazioni interne sono dell’autore.

Il libro “Da Cellere a Capalbio, fatti e misfatti del brigante Domenico Tiburzi” è un esemplare unico in quanto scritto in forma poetica con lo scopo di valorizzare una tradizione e una cultura che fanno parte della viterbesità, quella dell’ottava rima. (Edizioni Archeores)

Un genere di poesia coltivata fin dai tempi di menestrelli e trovatori e che, nel periodo rinascimentale ha avuto, con i poemi cavallereschi, una sublimazione tale da diventare la strofa più importante della narrativa italiana fino ad influenzare la cultura europea.

Quella dell’ottava è una cultura nata dal popolo e il popolo l’ha sempre coltivata gelosamente anche quando quella dotta di Tasso e Ariosto cominciò il suo lento declino. Dal Medio Evo, il cammino di questo genere poetico non ha mai subito interruzioni. Abbiamo conosciuto l’ottava cantata nelle gare poetiche delle feste patronali ed abbiamo apprezzato i poeti per la loro creatività interpretativa.

Il volume, rappresenta non solo l’opportunità di far conoscere la storia di Domenico Tiburzi, ma anche di apprezzare questa strofa che traendo dal ritmo e dal suono i suoi elementi fondanti, non è più folklore popolare bensì arte.

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