Differenza e rinascita. Il cinema San Leonardo di Vanessa e Giuseppe

di Donatella Agostini

Vanessa Sansone e Giuseppe Berardino

È curioso, e niente affatto raro, che alcuni luoghi di Viterbo appaiano, agli occhi di chi non è più giovanissimo, come in una doppia dimensione temporale: reale e concreta nella loro veste attuale, sognante e nostalgica quando si attinge alla memoria. Così, una vetrina con la scritta “Affittasi” rimanda l’immagine dei tempi d’oro di quel negozio. L’insegna “Cinema” occhieggia ancora attraverso le sbarre di una grata ormai chiusa, rammentandoci file di spettatori al botteghino. Lo straniamento si ripete al Teatro San Leonardo, in via Cavour: un tempo anche questo era un cinema, che contendeva il titolo di “Pidocchietto” all’altro in Corso Italia, attirando folle di bambini accompagnati da genitori e nonni, con pellicole come “Il maggiolino tutto matto”. Ma qui non ci sono il rimpianto e la malinconia che si provano altrove: la struttura del San Leonardo oggi è bella, colorata e accogliente. Versatile, perché articolata in Bistrot, Galleria e Teatro vero e proprio. Ambienti arredati con gusto, miscelando il colore dell’arte contemporanea con il calore dei materiali naturali. «Noi vorremmo farle coincidere, quelle due dimensioni temporali…». A parlare sono Vanessa Sansone e Giuseppe Berardino, due giovani e coraggiosi imprenditori, dal 2020 titolari della struttura che presto andrà ad arricchire la propria offerta proprio di un cinema. Vanessa Sansone è romana, laureata in economia, con un master in cooperazione internazionale. Giuseppe Berardino, marito di Vanessa e organizzatore di eventi, è nato a Viterbo da una famiglia di origini pugliesi. Il loro è un racconto a due voci di un’esperienza professionale e di vita che sa di tenacia e di resilienza.
Nata nel 2017 per la sinergia con la Fondazione Caffeina, la struttura del San Leonardo inizialmente aveva una clientela di fascia adulta. «Dai quaranta ai sessant’anni. E questo, in una via senza parcheggi vicini, era sicuramente un handicap», inizia a raccontare Vanessa. «Invece i giovani passavano qui davanti, guardavano e non entravano. Lo vedevano come un luogo inavvicinabile, forse anche economicamente». Nel 2020 Fondazione Caffeina è uscita e Vanessa Sansone ha deciso di rilevare interamente l’attività. «Abbiamo riaperto in un momento critico, con il teatro chiuso a causa della pandemia. Nonostante i costi fissi rimanessero da sostenere. Con il Covid erano cambiate le abitudini della clientela: gli adulti avevano smesso di uscire e di frequentare i locali. Ma a quel punto è accaduta una specie di magia: sono arrivati i giovani». Dopo un periodo in cui tutti i punti di ritrovo e le sale studio erano stati chiusi, i ragazzi avevano voglia di uscire di nuovo e di socializzare, così è capitato che piano piano cominciassero a frequentare il Bistrot e la Galleria, una sorta di delizioso salottino tranquillo, facendone il loro punto di riferimento per lo studio. «Il fatto che i giovani avessero cominciato a vivere questo posto ci ha in qualche modo salvati. Li dobbiamo veramente ringraziare». Oggi accade che siano i ragazzi a trascinare qui i genitori e i nonni: «Dicono: mamma, vieni che ti porto a vedere questo posto “fico” dove vado a studiare. Poi questi genitori arrivano a controllare che sia proprio vero: salgono in galleria con l’aria sospettosa, si trovano tra tavoli affollati di studenti delle superiori e universitari, tra libri e computer, e ridiscendono stupiti: oh, ma lì stanno veramente studiando tutti!». L’idea di Vanessa e di Giuseppe è sempre stata quella di creare un luogo che fosse un punto di ristoro – non soltanto materiale – per i giovani. «Un luogo diverso, originale, che potesse diventare familiare, da poterci prendere un aperitivo, farsi due chiacchiere, rivedere vecchi amici, suonare il pianoforte, scambiarsi i regali di Natale…». Un luogo, che proprio per la sua estrema versatilità, è anche sede di eventi e di rappresentazioni teatrali, sempre con un occhio di riguardo nei confronti dei più giovani. «La nostra politica è stata fin da subito quella di avvicinare i giovani al teatro. Abbiamo una scuola di teatro frequentata da adulti, ma anche da bambini e da ragazzi. Anche eventi come i mercoledì universitari, li abbiamo fatti con il focus sul teatro. Per dire ai giovani che venivano qui, guardate, vi facciamo vedere che dove venite a fare serata, c’è anche un teatro. Questo posto lo potete considerare anche da un altro punto di vista, tornandoci magari in un momento in cui c’è uno spettacolo che vi può interessare». In una città che per troppo tempo ne è rimasta priva, oggi il pubblico viterbese può contare sull’offerta del Teatro Unione, e sulle stagioni teatrali del Teatro San Leonardo. «Proponiamo un tipo di teatro differente da quello dell’Unione, proprio per fornire un’offerta più diversificata», prosegue Giuseppe. «Autoriale, di ricerca, sperimentale, con grandi testi e grandi autori: Dostoevskij, Pirandello, Pinter, Shakespeare… le nostre produzioni sono sempre totalmente autofinanziate, eppure siamo riusciti a realizzare diversi spettacoli di livello, e questo per un teatro autofinanziato è qualcosa che si avvicina al miracolo». Forse proprio a questo si riferisce il titolo scelto per la stagione 2022/23, “Persistenza”: nel senso di resistenza al tempo e agli eventi storici avversi dei due eterni elementi fondanti del teatro, attori e testo, in cui da sempre uomini e donne di ogni tempo si riconoscono traendone forza. «Abbiamo sviluppato tanti modi trasversali di fare cultura teatrale, contemporanei e magari più dinamici, come la stand up comedy». Genere teatrale che vede il comico confrontarsi da solo con il pubblico, la stand up comedy è stata messa in scena con successo dal Teatro San Leonardo, collezionando tutti sold out. «Un successo abbastanza inaspettato, anche perché noi purtroppo non riusciamo ad avere il tempo necessario per curare la comunicazione nel modo in cui vorremmo: pensiamo troppo velocemente, e finita di mettere in sesto un’idea, ecco che ne arriva subito un’altra», continua Vanessa Sansone. «Giuseppe poi è un vulcano, si è sempre occupato di eventi, e trova sempre cose nuove da fare. Qui si svolgono corsi di fotografia, enogastronomia, tornei di scacchi, feste di laurea e di pensionamento, presentazioni di libri, concertini jazz, seminari: in un attimo, prendiamo i tavoli e li spostiamo. Abbiamo la fortuna di avere uno spazio enorme e versatile a disposizione».
Dopo la pausa estiva, Vanessa e Giuseppe affronteranno la nuova stagione, con un progetto in più. «La grande novità sarà il cinema, che al momento a Viterbo non c’è. A differenza di quello che si può pensare, non è poi così complicato realizzarne uno: basta un proiettore, un luogo con delle sedie e uno schermo. E poi buona volontà, perché c’è tanta burocrazia… ma quella c’è in tutte le attività della vita quotidiana. Abbiamo fatto questo salto e devo dire che c’è tanto entusiasmo», prosegue Giuseppe Berardino. «Puntiamo a fare una o due proiezioni a settimana, ma non ultime uscite: abbiamo deciso di non abbracciare quel mondo lì. Faremo retrospettive, cinema d’essai, d’autore… vorrei tanto fare cinema muto con la musica dal vivo, è un mio vecchio sogno. Abbiamo già attivato dei rapporti con scuole di musica della Tuscia». Un’operazione di rinascita di un luogo della memoria, riuscita sotto tutti gli aspetti: le scelte di Vanessa e Giuseppe denotano coraggio e voglia di mettersi in gioco. «Perché abbiamo deciso di fare questo? Al di là di ogni possibile motivazione economica, il punto cardine è che vogliamo che i nostri due figli, insieme ai figli di tutti i nostri amici e coetanei, abbiano un motivo in più per non scappare da questa città. Abbiamo tanti amici che non sentiamo e vediamo più, perché ad un certo momento hanno detto: io da Viterbo me ne devo andare. Perché non c’è niente, non c’è niente da fare, non ci sono attrattive. I nostri ragazzi, se andranno via, sarà perché avranno deciso di farlo – e noi li sponsorizzeremo – ma non perché saranno stati costretti». Una sorta di “incubatore culturale”, come quello rappresentato dal Teatro San Leonardo, può aiutare la rinascita del centro storico viterbese? «Secondo me sì. Noi potremmo fare molto da questo punto di vista, e già lo stiamo facendo, nel nostro piccolo, mattoncino dopo mattoncino, ogni giorno», conclude Giuseppe. «Il fatto che in centro non succeda quasi più nulla di culturale è un peccato. Perché poi il centro storico si svuota. E non aiutano i grandi centri commerciali che stanno sorgendo in periferia. Quando arrivano qui i pellegrini della Francigena ci dicono: questo centro storico è bellissimo. Sì, però se tu vai ora nel centro di Viterbo c’è il nulla, è vuoto. Neanche più fiori alle finestre ci stanno. Noi andiamo controcorrente? Lo sappiamo. Forse è per questo che fatichiamo così tanto. Però siamo convinti che stiamo facendo la cosa giusta”.

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