Quando ancora l’Autostrada del Sole non era neppure disegnata, a unire Roma a Firenze era la Statale Cassia. Acquapendente più o meno a meta strada. L’albergo Milano, fondato da Ottorino Squarcia, attivo fino agli anni Ottanta del secolo scorso,era il buen retiro per riposare e soprattutto per apprezzare la buona cucina. In un reportage del 16 aprile del ’52 sulla pagina viterbese del Messaggero Franca Zambonini rivela, con garbo ed eleganza, i segreti della piccola-grande storia dell’albergo. Eccellenze gastronomiche certo, ma pure presenze famose come quelle di Hitler, Mussolini, Rodolfo Valentino, Tyrone Power, Walt Disney. E di Margaret, sorella della regina Elisabetta d’Inghilterra, che tanto apprezzò il minestrone all’italiana da lasciare un gratificante autografo di ringraziamento: “Wonderful”.
L’articolo integrale di Franca Zambonini*
“Per il riposo di chi passa per mangiare – per il tormento di chi passa per criticare”: questa dedica piuttosto aggressiva è stata messa solo pochi mesi fa sull’albergo più famoso dell’Italia centrale, il “Milano” di Acquapendente, ma esiste virtualmente fin da quando il primo cliente mise il primo autografo sul libro d’oro. Noi non sappiamo se quelli che passano per criticare se ne vadano davvero carichi di tormenti ma sull’autenticità del riposo di chi passa per mangiare garantiscono undici volumi di motti, di dediche, di pensieri scritti da tre generazioni di clienti per complessive 5.500 pagine. Gli albi d’oro del Milano sono un po’ la Treccani dei personaggi più celebri di un trentennio, sfogliare le migliaia di fogli vergati con tutte le grafie e in tutte le lingue del modo significa dare una rapida scorsa ai nomi legati agli avvenimenti che dettero l’impronta ad una epoca. Qui hanno mangiato fettuccine all’uovo e abbacchio al forno Mussolini e Togliatti, Alfonso di Spagna ed Enrico d’Orleans, Girardengo e Bartali, De Chirico e Walt Disney, Rodolfo Valentino e Tyrone Power. I proprietari dell’albergo, Umberto ed Otello Squarcia, potrebbero dirvi tutto sui gusti gastronomici di metà del nostro Parlamento, di un buon quarto degli iscritti all’almanacco di Gotha dei personaggi più in vista del mondo musicale, artistico e sportivo, di mezza Hollywood (l’ultimo divo che ha mangiato qui l’edizione più accurata e dolcissima dei “bignès” alla crema è stato Franchot Tone, scazzottato di fresco alla Mecca del cinema). Ma se sono disposti a dirvi tutto sui gusti e le abitudini dei loro ospiti, serberanno in ogni caso il più assoluto riserbo sulla loro affluenza giornaliera. “Sa – ci spiegano – la scheda Vanoni è l’incubo dei nostri sogni”. Così, dopo l’inderogabile “verboten” sul secondo argomento li facciamo parlare, sul primo che è poi il più interessante e apprendiamo che Margaret d’Inghilterra dimenticò a un tavolo del loro albergo la rigida “austerity” della sua patria e chiese il bis del minestrone e delle fettine alla pizzaiola; poi volle sancire uno dei più grandi trionfi di mamma Marina, la cuoca, scrivendo sull’albo una buffa frase metà Oxford metà Trastevere, adattissima comunque ad esprimere il suo entusiasmo : “Wonderful Minestrone”. Il cantiniere poi considera un suo successo aver convinto il più noto degli astemi, Joseph Cotten, a scolare una bottiglia del caratteristico vino “Barbarossa frizzante” mentre il pasticcere si attirò il grazie entusiastico della più graziosa delle attrici francesi, Dany Robin, deliziandola con le sue mele al forno. I turisti tedeschi chiedono, in genere prima degli antipasti, di vedere l’autografo di Eva Braun nascosta da Hitler in questo albergo durane la visita a Mussolini nel ’38 perché non intaccasse la solita fama di misogino di cui il caporale austriaco andava fiero; i turisti inglesi approdano al “Milano” dopo aver compiuto in affettuoso pellegrinaggio l’itinerario e le soste compiute da Margaret durante la sua recente visita in Italia, di solito pretendono perfino di sedere al suo stesso tavolo e ripetono sull’albo l’infantile “meraviglioso” con cui la sorella minore della loro regina espresse il suo parere sulla saporita cucina italiana dopo essersi nutrita per vent’anni di scipite ed incolori vivande nordiche. L’albergo “Milano” fu fondato trenta anni fa dal cav. Ottorino Squarcia, che copriva la duplice funzione di padrone-cameriere. Era formata da due camere numerate per “bon ton”, 18 e 36, e da una sala pranzo. I figli del fondatore ci hanno letto il testamento spirituale del loro padre: quando arriva un cliente – egli insegna – “…nun sto a guardallo co le mano ‘n mano – pronto signore’ e jaffibbio un cinzano – p’assateje lo stomaco a dovere – e poe, adacquato con un bon bicchiere – un piatto de spaghetti e ‘n pollo sano”. Tempo fa Achille d’Amgelo predisse al “Milano” una gran prosperità, noi al Mago di Napoli ci crediamo moltissimo, ma ci sembra che in questo caso la sua profezia sia stata piuttosto facile visto che egli aveva letto, prima di professare, questa ricetta del cav. Ottorino.
*Di origini viterbesi è stata vicedirettore di Famiglia Cristiana ed è ancora opinionista dello stesso settimanale.
*Luciano Costantini, giornalista professionista, ha lavorato in qualità di vice capo servizio presso la redazione centrale de Il Messaggero, occupandosi di sindacato ed economia. Rientrato in sede stabile a Viterbo, firma in qualità di direttore editoriale la testata TusciaUp. La sua grande passione per la storia è raccolta in due libri: Il giorno che accecai il Duce, Fuori le donne dal palazzo dei Priori. E’ prossima l’uscita del terzo libro, tutti editi da Sette Città. Echi di cronaca del secondo dopoguerra è una rubrica periodica* su questa testata, che racconta aneddoti e fatti di quel periodo storico riportati proprio dal quotidiano romano in cui il giornalista ha vissuto il suo cammino professionale.
*Documentazione tratta dalla ricerca d’archivio presso la Biblioteca di Viterbo sul periodo storico