Mercoledì 27 giugno, alle ore 18, il Palazzo Papale di Viterbo ospiterà lo spettacolo teatrale “Esercizi per attori”. Grazie alla collaborazione fra l’associazione Artestudio e la cooperativa sociale Tre Fontane, per la prima volta migranti del Cas Viterbo e residenti reciteranno fianco a fianco contro ogni pregiudizio.
“Esercizi per gli attori”, la cui performance è affidata a Marco Paparella, non ha nulla a che vedere col teatro sociale, civile, illustrativo o pedagogico; di fatto, secondo la linea artistica curata da Riccardo Vannuccini, nella performance non c’è nessuna storia, o racconto o comunicazione; si tratta semmai di un collage emozionale: bisogna pensare di trovarsi davanti a una musica, a un paesaggio, a una combinazione di colori e non davanti alla spiegazione di qualcosa dove il teatro è l’esplicitazione di un testo.
In scena, allora, un gioco semplice di sedie e pochi altri oggetti. Per chi sa guardare, quelle traversate silenziose dello spazio diventano barche, città nel deserto, intere guarnigioni di soldati, il Mediterraneo. E intorno è tutto un rincorrersi di storie misteriose che sono le nostre fantasie.
Campi profughi in tutto il Medio Oriente. I gommoni partono da Zuwara. I pozzi petroliferi di Ben Jawad. Un salvagente costa 50 dollari. Il Sahara è come se fosse un altro mare. Lo spettacolo è una via di fuga, un gioco pericoloso. Il denaro è la religione della nostra epoca che non conosce tregua né perdono. Aleppo. Nairobi. Il sangue nero che si chiama petrolio. Le colonne dei templi polverizzate dal tritolo e dalle videocamere. Un tragitto truccato ci conduce per terra e per mare verso un progresso infelice. Fameliche città. Cambiare la rotta e la musica.
La forma teatrale scelta per questa particolare rappresentazione è chiamata “Teatro in fuga”. La scelta si pone in sintonia con i progetti sociali e culturali riferiti alla questione delle migrazioni, con particolare riferimento ai programmi psicosociali di consapevolezza e superamento dei traumi, di buona salute psichica e mentale e di integrazione socio-culturale.
Si tratta della possibilità di realizzare laboratori di teatro sociale dedicati al tema sopra richiamato della “salus” con profughi, migranti, richiedenti asilo.
Da tempo a livello europeo ed internazionale il teatro è riconosciuto professionalmente come uno strumento utile e necessario nelle pratiche di resilienza – cura e ricostruzione della salus in occasione di programmi dedicati a supportare persone che hanno subito gravi traumi psicosociali derivati da situazioni di emergenza dovuti alla guerra o a catastrofi umanitarie.
Il teatro in fuga vuole essere, per le persone che hanno subito traumi, uno strumento inedito ma riconosciuto in grado di agire per il benessere psicofisico a livello non dialogico o di informazione ma in profondità, attraverso il ripristino di quelle che sono le capacità essenziali che contraddistinguono l’ essere umano ovvero le capacità espressive.
Il teatro in fuga agisce in due direzioni: da una parte operando con le persone direttamente interessate dalle attività di sostegno, dall’ altra facilitando la relazione fra stranieri e locali per una comunità solidale, moderna, condivisa.