È viterbese l’ultima innovazione nel campo dell’ingegneria musicale: dopo oltre quarant’anni dedicati alla ricerca e alla sperimentazione, Fabio Brugnoli ha brevettato un’apparecchiatura in grado di riprodurre i suoni in modo del tutto nuovo, restituendo ai timbri musicali una naturalezza, un’autenticità d’ascolto a cui l’attuale stereofonia, per quanto potente, non può aspirare. In gergo tecnico si parla di olofonia, una branca della registrazione e della riproduzione che mira a ricalcare i meccanismi della più sofisticata ingegneria sonora presente sul mercato: l’orecchio umano.
“Le normali casse acustiche ci hanno abituati a suoni direttivi, piatti. Il mio diffusore invece lavora in chiave ampia, è omnidirezionale: ciò significa che il suono che fuoriesce avvolge chi lo ascolta e diventa tridimensionale, nel senso pieno del termine”, spiega l’inventore e qui si ferma per dare spazio all’ascolto.
Per far saggiare la peculiarità olofonica della sua invenzione, Brugnoli sceglie una traccia registrata agli albori della stereofonia, un brano jazz di Louis Armstrong: anche l’orecchio inesperto di chi scrive si accorge che la musica non viene semplicemente diffusa nell’ambiente ma si fa materia, s’incarna nello spazio vivo dello studio. “Si può persino percepire il labbro sul bocchino della tromba, si colgono la separazione dei suoni, la fisicità degli strumenti. È come avere qui, di fronte a noi, i musicisti che si esibiscono – commenta spiegando come l’esperienza immersiva coinvolga soprattutto chi non è “viziato” dal mestiere –. A volte mi capita di chiedere consulenza ai bambini, sanno vedere oltre”.
Musicista autodidatta, ingegnere musicale e con un dono per l’inventiva (inizia negli anni ’50 costruendo radiotrasmettitori), Brugnoli si definisce un “maniaco del suono naturale”. Una passione oltre le righe scoperta per caso a otto anni su una spiaggia abruzzese, quando viene rapito dalla melodia di un’armonica a bocca, lo strumento che lo porterà a suonare per Ennio Morricone, a farsi notare da Renzo Arbore e a registrare, insieme a un trio di armoniche a bocca (il primo e pare l’ultimo in Italia), diverse colonne sonore per film di successo.
Svestiti i panni dell’imprenditore agricolo e vitivinicolo (per 36 anni è stato presidente della Cantina di Montefiascone conquistando il prestigioso Premio Cangrande), oggi Brugnoli è tornato a coltivare a tempo pieno il suo chiodo fisso: manipolare l’acustica per raggiungere la perfezione naturale dell’ascolto. “Anche il teatro potrebbe beneficiare dell’olofonia e sto progettando un sistema che aiuti gli attori ad amplificare naturalmente la voce. Mentre nel campo del visivo sono stati fatti grandi passi in avanti, pensiamo per esempio ai video in 3d, il settore acustico è stato ingiustamente trascurato”.
Brugnoli è nel tempo diventato punto di riferimento di audiofili, fonici e musicisti che nel suo studio viterbese si danno spesso appuntamento. “Non sono interessato a commercializzare su larga scala il mio prodotto”, precisa. Eppure la sua innovazione ha già attecchito sul territorio: al Tuscia Film Fest, per il quale Brugnoni ha curato la sonorizzazione, al cinema di Castiglione in Teverina, dove le due sale sfruttano la tecnologia olofonica.
La prossima scommessa si giocherà sempre in casa e vedrà luce nel cuore Viterbo dove, grazie a un finanziamento di 10 mila euro della Fondazione Carivit, nascerà presso lo Spazio Inter Artes di Barbara Aniello uno studio di registrazione e di ascolto che sfrutterà il know how di Brugnoli. In partnership con l’ITT Leonardo Da Vinci, l’obiettivo del progetto sarà, tra le altre cose, sensibilizzare le nuove generazioni e formare nuovi fonici. “C’è una decadenza generale nella riproduzione e nella ripresa del suono. I giovani sono poco abituati ad ascoltare musica da impianti qualitativi. Bisogna ripartire dall’ecologia del suono, dal silenzio, dal restituire la profondità nell’ascolto. Il valore aggiunto dello Spazio Inter Artes è dato dalla sua struttura architettonica: le sue mura medievali in pietra, grazie alle loro naturali cavità e protuberanze, sono perfette per l’acustica perché il suono ha bisogno di difformità geometriche. Si va delineando una grande opportunità per il territorio e io sono pronto a scommetterci”.