La fontana è detta del Crocifisso per la vicinanza con la cappella omonima, fu costruita tra il 1537 ed il 1541 per volontà di papa Paolo III ad opera di mastro Fracassa, scalpellino, e del muratore mastro Matteo.
Nel 1588, anno a cui risale l’epigrafe scolpita sul fronte, fu modificata, per ordine del legato apostolico Alessandro Farnese, dallo scultore e architetto Giovanni Malanca.
Il ricasco dell’acqua fu richiesto al Comune nel 1665 da Camillo Begagli, il quale l’avrebbe sfruttato per alimentare la sua lega in costruzione per adacquare un orto sottostante, con la promessa di mantenere in efficienza le condutture.
Il Comune nominò due responsabili per controllare se era possibile dare la concessione, con l’intesa che non doveva arrecare alcun disagio, sia al pubblico che al privato. Constatato ciò fu valutato che al Comune conveniva cedere il ricasco a patto che il cessionario assumesse l’onere «di accomodare e mantenere i condotti».
Quindi, dopo l’impegno formale di quest’ultimo, il 29 Dicembre 1665 il Consiglio generale del Comune votò favorevolmente per la concessione. A questa fece seguito l’altra, quando fu ceduto il ricasco ai marchesi Bussi, con atti del 1761, per la loro villa posta nelle adiacenze.
Nel 1836 il ricasco dell’acqua in uso a Crescenzo Rispoli, al quale spettava «la manutenzione tanto della fontana, quanto quella della conduttura», fu trasferito a Giuseppe Rispoli, che non dovette più provvedere alla manutenzione della fonte, secondo quanto scrive Giuseppe Signorelli. Tale onere, infatti, era a carico del Comune e nel 1785, come riferiscono le Riforme, fu restaurata la conduttura a spese dello stesso per i danni causati dal gelo.
Scrive ancora Giuseppe Signorelli:
«Altre memorie non vi sono sino al 1870. Posteriormente, quando fu rifatta la conduttura dell’acqua di Respoglio, deve essere stata esaminata anche la posizione del Rispoli, per il riparto a carico di tutti gli utenti».
Lo Statuto di Viterbo del 1251 stabilisce che l’acqua del Respoglio, oltre ad irrigare i terreni limitrofi alla contrada omonima, era utilizzata anche per gli orti di altre cinque contrade: Graziano, Valle Canale, Capo la Piaggia, Valle Pettinara e Pila Petinalis.
Lo storico Giuseppe Marocco nel 1837 riporta la seguente epigrafe, posta sul fronte della fonte, oggi in parte sfaldata:
Aquam a Paulo III ad augendam
viae quam aperuerat in honorem / B.
Virginis amoenitatem olim ductam
et diu intermissam / Alex(ander)
Farnesius leg(atus) p(erpetuus)
publico usui restituit curante /
Camillo Peregrino proleg(ato) /
an(no) sal(utis) MDLXXXVIII.
La fonte si presenta con un bel frontale in peperino, dove alla sommità è il giglio farnesiano, sull’architrave, tra due visi virili, barbuti, è scolpito: Paulus III pontifex maximus.
Al centro campeggia lo stemma dei Farnese accompagnato, ai lati, da festoni riproducenti frutta. Più in basso, al centro, è l’epigrafe contenuta in un cartiglio e la vasca rettangolare che, poggiata in terra su due piedistalli, riceve l’acqua da un mascherone.
Romitorio del ss. Crocifisso
A sinistra di chi guarda la Fontana di Paolo III è il Romitorio del Ss. Crocifisso in Viale Trieste 125, il quale dipendeva dalla Confraternita di san Giovanni Battista del Gonfalone.
Si ha notizia della sua esistenza sin dal 1549, quando fu eretta una cappelletta, scrive Giuseppe Signorelli, ad iniziativa di alcune pie donne.
Ricorda Pio Semeria verso il 1825: «Sta alla metà della strada della Quercia. Vicino ad essa si trova un’antica lega d’acqua, un antico ponticello, un antico acquidotto, ed una fontana fatta fare da Paolo III».
Ha una tettoia che protegge l’ingresso alla piccola stanza ove è l’altare, alla sinistra di questo, sopra l’ingresso ad un piccolo locale, è un affresco con un volto femminile in atto di supplica, che indossa una tunica col cappuccio. Sul soffitto sono i resti di una pittura caratterizzata da girali dorati su fondo vinaccia. Il campanile a vela, privo di campana, si trova sulla sinistra del romitorio, sulla facciata a sinistra dell’ingresso è murata una pietra di peperino con scolpito il Crocifisso, al lato del quale, è una fessura per le elemosine. A destra è un’altra pietra simile con la scritta: Elemosina / per le / Messe.
Nel 1978 è stato restaurato ad opera di Franco Turchetti, noto appassionato cultore della storia viterbese e poeta dialettale, e restituito ai “pellegrini” che si recano al Santuario della Quercia.