Un paese di 3.800 abitanti, dove non si pagano le tasse, dove non c’è disoccupazione, dove in un quinquennio sono nate 300 attività che hanno creato 500 posti di lavoro, dove bus e mense scolastiche non si pagano, dove ogni anno a Natale le famiglie sotto i 20.000 euro di reddito ricevono dall’amministrazione pubblica un assegno per saldare le bollette. Non è l’incipit di una favola moderna, ma la carta di identità di Bagnoregio, paese figlio unico di Civita, il borgo che fu di San Bonaventura ed oggi è asset vitale. “Città che muore”? Ma, per favore… Il miracolo, qui lo chiamano più modestamente “modello”, ha un nome e un cognome: Francesco Bigiotti. La chiacchierata con il sindaco/city manager avviene in una stanzetta della chiesa dell’Annunziata, quasi una sagrestia, prima della cerimonia in ricordo dei magistrati Falcone e Borsellino. Non è una confessione rubata, ovviamente, ma un faccia a faccia che parte da una premessa e da una promessa: oggi non si parla di politica. E allora via con la domanda più ovvia.
Come è nato il miracolo Bagnoregio?
Abbiamo iniziato con il far conoscere Civita attraverso un sistema scientifico di comunicazione utilizzando l’arte e la cultura. Un sistema che è andato a pescare in un bacino, quello di Roma, che molti ritenevano e ritengono invece un fattore di crisi. Ed ha funzionato se è vero che lo scorso anno un milione di turisti ha visitato il nostro borgo rispetto ai 40.000 del 2011 che venivano nei sei comuni della Teverina. Oltre la metà di questo milione di oggi arriva da fuori Italia e il 20% di esso da Corea, Malesia, Giappone, Taiwan.
Magari superare certi limiti sarebbe rischioso. Quanto può reggere, pure fisicamente, la Civita?
E infatti ora dobbiamo puntare sulla qualità dell’offerta turistica. Il prossimo step sarà inevitabilmente un modello nuovo, allargato all’intero territorio provinciale e anche di più, con l’obiettivo di realizzare un sistema Tuscia che consenta di accorciare i tempi di visita a Civita e allungarli di uno o due giorni sul resto di un territorio che può offrire tantissimo in fatto di storia, arte e ambiente.
Ma serve una volontà comune.
Vero. Spesso i campanilismi e gli interessi più vari hanno costituito e costituiscono ostacoli insormontabili ed allora abbiamo pensato di invertire il sistema attraverso accordi bilaterali con i comuni. Faccio un esempio: attueremo un collegamento diretto tra Civita e il Parco dei Mostri di Bomarzo. E la stessa cosa faremo poi con Tarquinia e altri centri.
Tempi?
Partiremo dal prossimo luglio. Poi la rete crescerà automaticamente e autonomamente, ne sono certo. Intanto stiamo creando l’infrastruttura che significa collegamento fisico con shuttle e presenza di partner privati sotto forma di attività ristorative, ricettive, imprenditoriali e produttive. Esempio: lungo il percorso c’è un caseificio di qualità? Bene dovrà attrezzarsi con aree di degustazione. Poi, chiaramente, va ammodernata l’infrastruttura del trasporto. A Bagnoregio, dal prossimo luglio, viaggeranno solo bus elettrici, non più larghi di un metro e mezzo, porteranno al massimo 25 persone e si muoveranno con cadenza di un passaggio ogni nove minuti. Step successivo sarà il collegamento tra Bagnoregio, Orvieto, Montefiascone e Viterbo. Intanto cominceremo noi con una società pubblica, partecipata dal comune, che si chiamerà Casacivita e che appalterà la rete bus lungo i centri della Teverina.
Lei ha detto che la vicinanza con Roma si è rivelata una opportunità più che un fattore critico. E Viterbo?
Viterbo, lo sappiamo tutti, è una delle città più interessanti. Già il quartiere di San Pellegrino e le Terme potrebbero avere un appeal importantissimo, peccato che sia stato fatto poco o nulla. Ho fiducia che la situazione possa cambiare.
Torniamo a Civita. Pensa a un numero chiuso per gli ingressi?
Dobbiamo provare, come ho detto prima, a distribuire al meglio il flusso turistico indirizzandolo verso altre località di indubbio interesse. Prima abbiamo puntato su Roma, da oggi dovremo fare opera di attrazione sul versante orientale del mondo. Una delegazione cinese è venuta a chiedermi di predisporre un’offerta di uno o due giorni sul nostro territorio. E’ un segnale importante. Faremo conoscere la Tuscia in Cina, in Giappone, ma anche in America.
Il rammarico, se c’è, del city manager Francesco Bigiotti?
Forse aver capito e fatto capire con ritardo le potenzialità di Bagnoregio. Ma è un peccato veniale. Il gesto più coraggioso è stato quello di stabilire un biglietto di ingresso per Civita. Lo confesso, avevo un comprensibile timore e avrei ritirato la proposta se non fosse stata approvata in Consiglio. Invece si è rivelata una mossa vincente.
E il sogno?
Esportare il modello Bagnoregio a tutta la Tuscia.