Una vita scritta sul pentagramma. Gli avvenimenti scanditi dalla musica. Ottantasette anni: averli, non sentirli e non mostrarli. Ne sono testimonianza l’energia, la lucidità, la scioltezza dei concetti e dell’eloquio. Un uomo costruito sulle radici solide e antiche della gente della Valle Peligna, dove il professor Franco Carlo Ricci è nato il 18 giugno del 1937. Vittorito, per l’esattezza, poco più di 800 anime, in provincia dell’Aquila. Laurea con lode in Lettere Moderne alla Sapienza di Roma con una tesi su Vincenzo Bellini. Studi di pianoforte e composizione, docenza di storia della musica all’Università di Bari. Professore ordinario all’Università della Tuscia. Nel 1987 fonda, e tuttora ne è direttore artistico, il Centro Musicale Internazionale (Ce.M.I.) del quale sono stati presidenti onorari il sen. prof. Leopoldo Elia, presidente della Corte Costituzionale, e Carlo Azeglio Ciampi, presidente della Repubblica. Nel 2005 dà vita per Unitus alla stagione concertistica pubblica viterbese, della quale è tuttora direttore artistico. Nel luglio 2005 per la Rassegna “Tramonti musicali di Tuscania”, cura la regia del “Concerto di poesia” Amore della natura e natura dell’amore.
Professore, come è nata, venti anni or sono, la stagione concertistica pubblica?
“Dal 1984 ho insegnato all’Università di Viterbo storia della musica e da lì ho concepito l’idea di una serie di concerti come emanazione dell’insegnamento. La cattedra svolge un insegnamento teorico ed estetico che desideravo si completasse con la proposta di musica viva non destinata esclusivamente ai giovani ma rivolta anche al territorio. Non fu facile anche perché da sempre le autorità preposte fanno poco per la cultura in genere e quasi nulla per la musica. All’inizio i concerti erano di necessità sporadici perché non disponevo dell’attuale Auditorium di Santa Maria in Gradi, molto accogliente e con ottima acustica. Quando chiesi al Rettore di allora, il non mai abbastanza lodato, Gian Tommaso Scarascia Mugnozza, di dotare l’ateneo di un pianoforte fui immediatamente accontentato e acquistai uno splendido Steinway. A quel punto, potendo contare su una sala adeguata, un bellissimo pianoforte e un’ottima acustica, ho iniziato a organizzare in modo più sistematico i concerti. Devo dire, in tutta franchezza, che non avrei mai immaginato di andare tanto lontano”.
Il Rettore Scarascia Mugnozza ha avuto un ruolo fondamentale nel successo del festival…
“Assolutamente. Vero è che venti anni fa gli atenei potevano contare su una maggiore disponibilità finanziaria, ma il sostegno di Scarascia Mugnozza fu un’autentica fortuna. Come quel pianoforte che è stato prezioso e affidabile come non sono forse quelli di ultima generazione. Lo Steinway è, a mio avviso, il migliore che esista al mondo”.
Dopo la difficile stagione del Covid, c’è stata un’apertura della rassegna musicale a realtà locali.
“Non era mia intenzione dare ai concerti una connotazione provinciale, anche se ho sempre cercato di valorizzare i non pochi musicisti locali quando hanno qualità, come è accaduto in questi venti anni, ed essere alla ricerca di concertisti di livello internazionale. Ho avuto, infatti, solisti che si esibiscono normalmente a Pechino, alla Carnegie Hall di New York, a Parigi. La cosa che più mi sorprende e gratifica è che ricevo richieste di scrittura da tutto il mondo. A favorire il successo delle stagioni è stata la conseguenza sfortunata ma provvidenziale del Covid perché da quel momento ho cominciato a trasmettere i concerti in streaming con l’Aula Magna desolatamente vuota. Purtroppo posso offrire cachet molto limitati perché non ricevo e non ho mai ricevuto contributi da istituzioni, ad eccezione della Carivit alla quale sono particolarmente grato. Tanto meno dalle amministrazioni viterbesi, di qualunque segno politico, circostanza per me veramente sorprendente, per non dire scandalosa. Mi sono impegnato a fare cultura in venti anni senza alcun personale profitto ma per puro volontariato e amore per la diffusione della musica e dell’arte”.
Nei concerti del sabato c’è una presenza giovanile?
“Sono stagioni seguite da un pubblico di età medio-alta che vive a Viterbo ma, in genere, non è di Viterbo. Un pubblico che è critico con i concittadini che invece non partecipano”.
Professore, complimenti per la sua vivacità, pure in una età che non è più verdissima. Evidentemente la musica fa bene.
“Attenzione, può avere un doppio effetto: o ti stronca subito o ti aiuta. A me è andata bene. Con la musica convivo da sempre. Ho insegnato musica per 45 anni. Nella seconda parte della mia attività ho voluto aggiungere agli studi la musica pratica perché l’arte non si fa con le belle parole”.
A proposito, c’è un mito della musica jazz che risponde al nome di Duke Ellington il quale diceva: “Ci sono due tipi di musica, quella buona e poi tutto il resto”. E’ d’accordo?
“Certamente. Non lo dico soltanto io, ma tutti i grandi musicisti: esiste la buona musica e la cattiva musica. Ellington è stato un grande, anche Stravinsky l’ha utilizzato. Ci sono composizioni jazz di alto valore, come ci sono pezzi classici che non valgono niente”.
Il suo rapporto con Viterbo?
“Amo la città che è molto bella, la sua storia, il contesto naturalistico nel quale si trova, purtroppo non amo una non infrequente apatia di parte dei suoi abitanti. Lo devo dire con molta franchezza, mi sento un po’ in terra di missione. Se i concerti li organizzassi nel Congo o in Sud Africa, avrei legioni di ascoltatori. Qui no, e questo è il cruccio più grande”.
Il che certamente non le farà perdere entusiasmo rispetto al futuro. Sta già pensando alla stagione 25/26 del festival?
“Intanto sabato 10 maggio chiudiamo la ventesima con il concerto Promart Tango Quintet dedicato a Piazzolla e musicisti argentini coevi. In questi anni di concerti ne sono stati realizzati di tutti i tipi, per orchestra, per coro, musica da camera, grandi solisti, ora dovrò dare maggior spazio a quelli solistici e cameristici perché hanno un costo minore. Posso garantire, però, che saranno comunque tutti di alto livello”.
Sarà ancora presente il prezioso Steinway?
“Be’ quello resterà, è inalienabile”.