Lomellino D’Aragona (Viterbo, 17 aprile 1820 – Stazzano, 13 ottobre 1876) nacque a Viterbo e ne fu sindaco dal 1872 al 1875. Un libro sulla sua figura è stato scritto a quattro mani da Marco Leale e Andrea Lercari che presenteranno venerdì 29 novembre, alle ore 17:30 presso il Museo Colle del Duomo di Viterbo: il titolo: “Giacomo Lomellino D’Aragona. Vita, storia familiare e vicende politiche di un personaggio del Risorgimento italiano.
Il volume ripercorre la biografia di un personaggio singolare e controverso quale fu Giacomo Lomellino D’Aragona , erede di una tradizione familiare che aveva le proprie radici negli Stati Italiani preunitari e partecipe delle vicende risorgimentali che portano all’Unità d’Italia. Lomellino nacque a Viterbo e ne fu sindaco dal 1872 al 1875.A Viterbo una via porta il suo nome.
L’evento sarà ad ingresso libero.
Chi era Lomellino D’Aragona
Giacomo Carlo Lomellino D’Aragona era figlio di Anna Maria Piccolomini Lomellino e di Alfonso di Carlo d’Aragona di Venafro e fratello dei patrioti Odoardo e Carlo e della marchesa Maddalena.
Assieme al fratello minore Odoardo, fece parte fin da giovanissimo dei comitati segreti sorti per la liberazione.
Nel 1860 i due fratelli furono esiliati dallo Stato Pontificio per le loro idee politiche filo-garibaldine.
Giacomo era considerato tra i più facoltosi cittadini in virtù delle ricchezze accumulate attraverso cospicue eredità e in seguito al matrimonio con la marchesa Caterina Gavotti di Genova[6], in seguito morta suicida, da cui ebbe due figlie, Anna e Giovanna. Caterina era figlia di Gerolamo Gavotti, che fu sindaco di Genova.
Nel 1870 rientrò a Viterbo. Fu iscritto tra i confratelli del Gonfalone negli anni 1861 e 1868 Per i suoi meriti venne nominato Regio Delegato Straordinario e sindaco di Viterbo dal 22 ottobre 1872. Sotto la sua amministrazione, il 5 novembre 1872 si decretò l’apertura del Liceo Ginnasio a Viterbo. Nel 1874 fece approvare dal Consiglio Comunale la soppressione di ogni sussidio alla locale Accademia degli Ardenti, condannandola così al forzato scioglimento. Sotto il suo mandato furono eseguiti lavori di sistemazione generali del giardino principale della città (Prato Giardino), redatto dal giardiniere Nutini, direttore dei Giardini Pubblici di Firenze.
In occasione della venuta in città di Giuseppe Garibaldi (dal 6 all’8 maggio 1876) egli venne invitato, con un cordiale telegramma, dal marchese Giacomo Lomellini d’Aragona, che tanta parte aveva avuto nelle vicende di Viterbo all’indomani dell’unione della città all’Italia, e che lo volle ospite in casa sua.
Lettera del 29 aprile 1876 di Garibaldi da Roma alla società dei Reduci di Viterbo:
«Miei cari Amici, Vi sono ben riconoscente per l’onorevole vostra offerta del 27. Io andrò superbo di essere scortato da voi. Ringraziate pure il Marchese Lomellini per la gentile ospitalità che accetterò volentieri ove sia consentanea colla egregia deputazione di Viterbo che venne ad invitarmi. Vi saluto di cuore e sono, Vostro G. Garibaldi.[]»
Tornato a Genova, ormai sua abituale città di residenza, il 13 ottobre 1876 venne colto da morte improvvisa nella dipendenza estiva di Castelletto di Stazzano.Tutti i possedimenti viterbesi e il titolo passarono alla sorella Maddalena