La nascita di un museo civico è da considerarsi sempre una conquista importante per la cittadinanza che lo accoglie ma soprattutto per tutti noi. Perché il museo civico di un centro abitato rappresenta oggi una risorsa primaria per la vita culturale e civica non solo del proprio territorio ma anzi nazionale, svolgendo compiti di grande importanza in termini di ricerca scientifica, conservazione, valorizzazione e didattica.
Il museo civico poi quando è sviluppato nell’ottica di un museo territoriale è un’istituzione che raccoglie e interpreta il patrimonio culturale dei propri contesti. E’ attraverso un museo territoriale infatti che le comunità si confrontano, sono presidi culturali per e della comunità, della quale custodiscono e documentano beni, memorie, tradizioni.
E’ il museo civico che conserva, espone, interpreta, valorizza il patrimonio legato al proprio contesto, creando una consapevolezza di cultura diffusa: premessa indispensabile anche alle azioni di tutela.
Tutti questi caratteri importanti sono riscontrabili nel nuovo museo archeologico nato a Soriano nel Cimino pochi mesi fa: il Museo Civico dell’Agro Cimino.
Un museo nato dall’unione di Amministrazione comunale, Soprintendenza, privati e associazioni culturali: tante persone che in maniera responsabile e seria hanno lavorato e continuano a lavorare in sinergia per costruire un progetto solido di rilancio territoriale.
Un museo che è frutto di una sempre attiva e proficua collaborazione fatta con umiltà e scambio di vedute tra Istituzioni, Soprintendenza, Comune, due università (della Tuscia, La Sapienza), i dipendenti comunali, il direttore del museo e chi già operava nel territorio: quindi il frutto di numerose persone che hanno creduto in questo progetto.
Questa nuova realtà archeologica nel panorama culturale della Tuscia è il tema portante del nostro incontro con il direttore del Museo Civico dell’Agro Cimino prof. Giancarlo Pastura.
Come nasce questo museo?
La nascita del Museo archeologico dell’agro cimino è stato un processo particolare, e per certi versi virtuoso. Nel senso che contemporaneamente all’attività di promozione e studio del territorio condotte dalle università della Tuscia sul sito di San Valentino e dalla Sapienza sulla vetta del Monte Cimino si è andata stimolando, soprattutto per quanto riguarda l’amministrazione comunale, la volontà di istituire un luogo dove raccogliere i reperti provenienti da questi scavi ma anche di rimettere ordine alle collezioni che erano sparse in vari locali di proprietà comunali.
Ci descriva le collezioni archeologiche già esistenti
C’erano dei materiali archeologici soprattutto recuperati da Valentino D’Arcangeli per esempio dal sito di Santa Cecilia e da Corviano e bolli laterizi che provenivano da donazioni di privati. C’era una quantità eterogenea di materiali che sapevamo allocati in diversi spazi di proprietà pubblica e privata e da qui è nata l’idea di allestire un museo che potesse in qualche maniera collegare gli scavi archeologici e le attività di ricerca alla cittadinanza in tempo reale e poi soprattutto dare finalmente una collocazione e un senso cronologico e storico a tutti quei materiali che venivano ritrovati e che erano sparsi nel territorio.
Fra questi particolarmente importanti sono i materiali che erano depositati presso le catacombe di Sant’Eutizio che siamo riusciti, grazie anche a una collaborazione importante con la Pontificia Commissione di archeologia sacra, a portarli dalle catacombe al museo. Non abbiamo solo il materiale archeologico delle catacombe, come le lucerne, ma abbiamo anche molti reperti che provengono dal territorio. Reperti che soprattutto nel periodo a cavallo tra le due Guerre le persone che lavoravano i campi quando trovavano questi materiali antichi li prendevano e avevano riconosciuto nelle catacombe gestite da Passionisti un luogo dove andare a depositare questi oggetti. Quindi l’attività dei Padri Passionisti è stata fondamentalmente e anche meticolosa: tutti questi materiali sono stati infatti schedati con il luogo di provenienza, e ammessati in un locale. Quindi noi abbiamo recuperato i materiali ma abbiamo recuperato anche i contesti a cui questi materiali provenivano: quindi un lotto di materiali particolarmente importanti. Insieme a quelli provenienti dall’attuale centro storico di Soriano nel Cimino, la Rocca, che sono soprattutto materiali epigrafici, provenienti dalle macerie del bombardamento subito da Soriano. Quindi il museo è stato allestito seguendo quella che è stata la vocazione della sua nascita: secondo criteri di tipo cronologico più che tipologico, e anche sfruttando quella che è la conformazione fisica del museo che è articolato su tre grandi corridoi e tre grandi sale.
I siti raccontati nel Museo quali sono?
I siti sono prevalentemente San Valentino e Monte Cimino perché sono gli unici contesti in cui abbiamo i materiali in giacitura primaria e dove abbiamo una conoscenza abbastanza certa dell’attività di ricerca.
In linea generale l’allestimento è di tipo cronologico quindi partiamo dal più antico, poi epoca classica, tardo antico, epoca medievale e alto medievale rappresentato da San Valentino ma anche Santa Cecilia e Corviano e in più una cosa che si è cercato di fare è stata di dare visibilità a quei siti di cui non abbiamo testimonianze materiali ma che sono frequentabili e che hanno ricoperto un ruolo importante nella storia e nella trasformazioni del territorio.
E quelli di cui non abbiamo testimonianze materiali?
Oltre a Corviano di cui abbiamo comunque qualche materiale, abbiamo sottolineato il ruolo svolto dai numerosi castelli presenti sul nostro territorio come Bolsiniano, Fratta, Roccaltia che hanno ricoperto un ruolo importante nelle trasformazioni di questa parte della Tuscia di Viterbo che comunque ha conosciuto il suo periodo di maggiore urbanizzazione tra l’alto medioevo e il pieno medioevo. Nell’alto medioevo per via della sua vicinanza alla linea di frontiera con quello che possiamo definire il limes longobardo-bizantino, e nel pieno medioevo invece per l’intervento di famiglie signorili piuttosto iportanti che hanno preceduto poi il processo di espansione del comune di Viterbo che ha interessato gran parte del territorio di Soriano.
Di questi siti non esistono reperti archeologici?
No, non abbiamo reperti ma sono siti che ancora sono accessibili e molto belli, quindi abbiamo voluto ugualmente rappresentarli.
Ii museo archeologico di Soriano è impostato sul modello del museo territoriale?
Il museo è il museo dell’Agro cimino, che vuole raccontare e valorizzare tutto il territorio e vuole essere anche un contenitore di memoria, perché il museo si chiude con una sezione dedicata al bombardamento di Soriano nel Cimino nel giugno del ’44.
Il museo non è terminato però perché nel corso dei lavori di allestimento abbiamo recuperato anche gli ambienti sotterranei che afferivano al complesso degli agostiniani, li abbiamo liberati dai detriti ammassati all’interno e contiamo di renderli fruibili presto insieme al percorso del museo.
L’amministrazione comunale denota attenzione nella valorizzazione della memoria storica di questo territorio….
Sì. Tutto questo è stato possibile grazie all’intervento dell’amministrazione che ha non solo finanziato ma anche proposto di fare il progetto. Sto terminando l’edizione degli Atti del Convegno sulle catacombe della Tuscia viterbese che è un’altra iniziativa che è stata realizzata con la volontà dell’amministrazione comunale insieme all’Istituto pontificio e all’Università della Tuscia. Comunque sì, qui c’è un certo dinamismo e il museo è la risposta a questo dinamismo. E il museo si configura come punto di appoggio dal quale gestire le realtà archeologiche del territorio, la prima delle quali sarà proprio il sito di San Valentino.
Ed i cittadini come rispondono alla istituzione del museo?
L’istituzione del museo già prima della sua strutturazione materiale ha portato aggregazione sociale, un fenomeno molto positivo che abbiamo subito toccato con mano quando abbiamo organizzato un corso serale per la conoscenza del territorio, articolato su una quindicina di incontri e qualche escursione sui siti archeologici, abbiamo avuto una quarantina di partecipanti, quindi una partecipazione molto ampia che da lì ha iniziato piano piano a fare la classica palladi neve, e oggi c’è una partecipazione molto attiva della cittadinanza.
Anche l’allestimento del museo è stato partecipato con i cittadini che sono venuti a dare una mano. I sotterranei sono stati ripuliti grazie all’intervento di numerosi cittadini.
Quando c’è un’istituzione pubblica e chi lavora per un progetto comune concreto, serio le persone di riflesso percepiscono l’autorevolezza dell’idea, del progetto, del fatto di guardare il futuro per creare qualcosa di concreto e di solido.
Sì esatto. Quello che mancava e infatti abbiamo attuato è stato proprio quello di aver dato una linea solida e concreta, quella del museo: che fosse un centro di aggregazione ma anche un polo di ricerca e che doveva coinvolgere anche le istituzioni di ricerca con conoscenze da trasferire immediatamente alla cittadinanza.
Questo ha portato al risultato di avere da un lato un forte dinamismo scientifico, perché numerosi studi stanno interessando il territorio, anche attraverso la produzione di numerose tesi di laurea.
Si è attivato un processo a catena…
Esatto, e anticipo che il Convegno nazionale sugli insediamenti rupestri di epoca medievale quest’anno si terrà a Soriano nel Cimino, il 18 e 19 ottobre 2019.
Avete iniziato a notare visitatori da fuori?
No, è un museo che ha ancora necessità di essere pubblicizzato. Adesso stiamo organizzando degli eventi ad hoc per lanciarlo, il primo sarà il 6 luglio quando proporremo la fruizione combinata dell’area archeologica di San Valentino con gli scavi aperti e del museo. Poi abbiamo in programma una serie di conferenze che si terranno proprio all’interno del museo, una serie di attività di laboratori che partiranno da settembre.
L’idea di fare rete con altri musei per emergere in modo trainante?
Nell’area cimina il sistema musei purtroppo non è presente. Non mancano musei, c’è il museo di Vasanello, di Civita Castellana, di Gallese, ma nessuno è in un sistema museale.
Valentino d’Arcangeli ha sensibilizzato il territorio sull’importanza di queste evidenze archeologiche. Può considerarsi un punto di partenza?
La figura di Valentino è determinante. Lui ha aperto una breccia forte, la sua figura a livello locale ha sensibilizzato le persone anche grazie a tutte le attività che lui ha svolto nel corso degli anni. La figura di Valentino d’Arcangeli è determinante. Non solo prima nel sensibilizzare le persone e nell’avviare questi progetti di conoscenza ma anche oggi quando si è messo a disposizione del progetto ed è stato entusiasta nel venire lì. Quindi credo che Soriano nel Cimino deve oggi questo dinamismo, questo patrimonio culturale salvato, proprio da Valentino D’Arcangeli.
Com’è nato il logo del Museo?
Il logo è nato dal calco della prima moneta che abbiamo ritrovato qui al sito archeologico di San Valentino. E’ un denaro provesino, datato al XII secolo.
Contatti:
Museo Civico Archeologico dell’Agro Cimino
Via dei Telari, snc Soriano nel Cimino, Vt
Pagina facebook: https://www.facebook.com/Museo-Civico-Agro-Cimino-1798198800216703/
museo@comune.orianonelcimino.vt.it
telefono: 3498774548
ph Francesca Pontani
Nel prossimo articolo il 18 luglio andiamo a Vulci