Gioco a perdere

di Lucia Noschese

Foto di Patrick Nicholas

Nascosti nelle pieghe di un’esistenza a metà tra precarietà, ansia e desiderio, i numeri tornano a condizionare Silvia. Non è sola: un’amica prova a spianarle la strada mentre il passato si riaffaccia prepotente. Per I racconti del giovedì, la terza puntata di Gioco a perdere, un racconto ideato da Rossella Cravero, Italo Della Reda, Lucia Noschese e Carolina Peciola. Buona lettura…

I passi veloci di Silvia risuonano nell’atrio come colpi di martello. Va dritta alla sala infermieri, appoggia la borsa sul tavolo, afferra il camice profumato di pulito e se lo fa scivolare addosso.

Resta immobile per diversi secondi a fissare la borsa. Là dentro c’è la via d’uscita. Al diavolo Matteo.

Si alza, riprende la borsa e si dirige alla macchinetta. Cerca i soldi.

Il rumore metallico che producono le monete mentre precipitano nel vano degli spiccioli la rende impaziente. Due pacchetti di biscotti vengono sputati da quella specie di confessionale meccanico. Silvia ne mette uno in tasca e aspetta. Spera nell’arrivo di Luca. Vorrebbe offrirgli il pacchetto, stare in sua compagnia soltanto per pochi minuti, guardarlo, ascoltare la sua voce, nutrirsi di lui in segreto.

Ma Luca stamattina non si vede.

Torna delusa nella sala infermieri, apre il suo armadietto. Il piano inferiore è zeppo di snack con l’involucro colorato, coperti da un asciugamano. Solleva un lembo, con amarezza deposita quello che va ad aggiungersi agli altri, ormai stantii, che segnalano tutte le volte in cui il rituale dattesa è fallito. Forse non sarà sempre così.

Anche lei non sarà sempre com’è. Da stamattina le cose cambieranno.

Rachele entra nella sala infermieri e la bacia sulla guancia. Silvia fa appena in tempo a chiudere lo sportello dell’armadietto.

«Ciao, Silvia. Dormito male?»

Con le mani Rachele le prende la testa e le fa un breve massaggio sulle tempie. Una specie di buongiorno.

«Dai, ti aspetto alla stanza cinque, è una giornata piena».

Silvia la guarda come se non l’avesse mai vista prima.

Rachele continua a snocciolare l’elenco delle cose urgenti da fare nella mattinata. Silvia non la sta ascoltando. Sta pensando al suo elenco di cose da custodire in segreto: Luca, Laura, gli ultimi trecento euro che si è giocata la sera prima, nonna Rosa.

Al solo pensarla, il suo viso riprende colore.

Stavolta nonna andrà bene, purché sia l’ultima, ricordi?

Uscendo, la collega si gira a guardarla. Silvia le sembra una crisalide incastrata nel suo bozzolo.

Di nuovo otto, tre, cinquantaquattro e poi? Gli altri numeri non le vengono in mente. Cerca conforto nella borsa. Fruga, ma non trova il biglietto. Eppure ricorda benissimo di avercelo messo.

Sente lansia arrivare a tradimento. Svuota in fretta la borsa sul tavolo scuotendola con forza perché nulla vi resti impigliato. In mezzo a tutta quella confusione il biglietto non c’è.

Dovè? Dovè?

Gli oggetti cadono sul pavimento urtati dai suoi gesti convulsi.

Il cuore parte in corsa. Le ginocchia non reggono. Crolla sulla sedia.

Alza la testa con lo sguardo nel vuoto, dimentica che Rachele la sta aspettando.

e adesso?

I suoi pensieri lottano, generando una tempesta. Tutto si confonde in un polverone informe.

Otto, tre, cinquantaquattro che mal di testa. Perché va così? Perché sono così?

Gli occhi le si gonfiano di lacrime.

Dun colpo si ricorda delle merendine. Torna di corsa alla macchinetta. Sul pavimento, al contrario di quanto aveva sperato, non c’è nulla.

Si gira sconfortata e si trova di fronte Alda. Nonostante i suoi 81 anni, è alta e ritta. Indossa sempre lunghi abiti, troppo grandi per lei che, da quando ha smarrito la ragione, è dimagrita tanto. È mansueta, ma ha improvvisi scoppi di ansia che la rendono imprevedibile, raramente anche violenta. Sembra davvero un essere antico, quasi primordiale.

Alda lha raggiunta improvvisando una delle sue danze inquietanti. Alza una gamba, piegando il ginocchio e contemporaneamente solleva in alto il braccio opposto, appena piegato anchesso. Con la testa ondeggia a destra e sinistra. Tutto è accompagnato da una nenia. Ha ritmo. È stata una danzatrice da giovane.

Silvia si blocca, la guarda infastidita. Alda agita nella mano destra un biglietto e insiste: «Na-na, na-na-nà. Na-na, na-na-nà».

Silvia sussulta.

Ecco dovera!

Si sente avvampare da unira incontenibile. Deve riaverlo. Deve puntare su quella cinquina per lultima volta. Non può perdere loccasione. Vincerà. Sì, è così. Anche nonna Rosa glielo ha assicurato.

Chiude gli occhi, serra le labbra. Con un grande sforzo ritrova il controllo e fronteggia Alda. Cerca una connessione con lei.

«Alda, puoi fermarti e guardarmi? Puoi sentirmi vero? Balli bene, sai. Da brava, metti la tua mano nella mia».

Sorprendentemente Alda si ferma, osserva il biglietto nella sua mano, alza il capo, guarda il soffitto e con un gesto fulmineo mette laltra mano, quella vuota, nel palmo di Silvia.

È una mano piccola, ossuta e fredda, leggera come una foglia secca dautunno.

«No, Alda laltra mano».

Dondolando la testa da destra a sinistra, lentamente, senza mollare quel pezzetto di carta, obbedisce.

Silvia la guarda dritto negli occhi, ha bisogno di sostenere la sua parte. Ciò che trova non sono gli occhi di Alda, ma due buchi neri che la trascinano nellignoto. Non ce la fa a sostenere il turbamento che le provocano. Abbassa subito lo sguardo ed ecco il biglietto. I numeri sono lì sul suo palmo: otto, tre, cinquantaquattro il resto è coperto dal pollice di Alda. Le balza il cuore in gola.

«Alda, mi fai vedere questo biglietto? Te lo restituisco subito, te lo prometto».

Alda lo molla. Silvia fa in tempo a leggere: otto, tre, cinquantaquattro, tredici, quando, con un gesto dispettoso, la donna riafferra il biglietto e riprende la danza.

Silvia sobbalza, estrae la penna dalla tasca del camice e in fretta si scrive sul polso quei numeri, prima di dimenticarli di nuovo. Mancano le ultime cifre. Le sale un bruciore alla gola, sembra un incendio. Deve ricominciare. Le viene unidea: prende dalla tasca il pacchetto di biscotti e glieli mostra, trattenendo il respiro.

Silvia e Alda restano immobili per alcuni secondi.

Con un gesto rapido, imprevisto, Alda spezza lincanto. Agguanta il pacchetto con la mano libera e contemporaneamente, con l’altra mano, mette in bocca il foglietto appallottolato e lo ingoia.

Poi tornano le tenebre e riprende a danzare allontanandosi nel corridoio. Alza un braccio e sventola il pacchetto.

«Na-na, na-na-nà».

*Lucia Noschese, nata a Salerno, vive a Orvieto, appassionata di scrittura

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FOTO per gentile concessione di Patrick Nicholas

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