Gli investimenti green e la guida per i risparmiatori responsabili

Gli ultimi due anni hanno acceso i riflettori dell’opinione pubblica sui limiti, sulle luci e sulle ombre degli investimenti responsabili, diffondendo la percezione di un ridimensionamento dell’entusiasmo, i dubbi sono soprattutto stati alimentati dall’eccessiva esposizione mediatica di un ecosistema che non era ancora, e direi inevitabilmente, maturo dal punto di vista regolamentare e tecnico.

L’investimento green oggi è entrato a far parte delle opportunità di investimento prese in considerazione dai risparmiatori, con un discreto balzo di qualità rispetto a un passato atteggiamento di disinformazione e disinteresse, tant’è che oltre il 60% di chi investe i propri risparmi vorrebbe avere almeno una quota minima di investimenti sostenibili nel proprio portafoglio.

Come è spartita la fetta?

Sono soprattutto i giovani (55%), i laureati (70%) e i redditi elevati (85%).
Gli investimenti green sono interessanti sia per chi desidera adeguare gli investimenti ai propri principi etici, sia per chi li considera un’opportunità per diversificare il proprio portafoglio finanziario.

L’interesse per la sostenibilità è il principale driver dell’interessamento a soluzioni di investimento green (60%), seguito dal desiderio di conoscere nuovi strumenti finanziari (25%) spesso consigliati da amici o conoscenti: i temi prevalenti son quelli riferibili al clima (una sensibilità che in termini di investimento si traduce nel privilegiare il tema della transizione, dalla gestione dei consumi energetici a quella dell’acqua), alla produzione, al consumo responsabile e alla salute.

Cosa sono gli investimenti green? Proviamo a farlo dire a un esperto, il consulente Daniele Borghi.

Gli investimenti che vengono sinteticamente definiti green hanno un nome preciso che li individua. Questo nome è un acronimo: ESG.

E sta per enviromental, S per social e G per governance. Questi sono i tre elementi presi in considerazione per dare una valutazione ESG a ogni realtà che emette azioni, obbligazioni e agli strumenti finanziari di investimento collettivo che le gestiscono. Esistono agenzie di rating ESG che danno valutazioni su ogni emittente.

Per ciò che riguarda “Enviromental” (Ambiente):

Cambiamento climatico ed emissioni di gas serra . Uso e/o riuso delle materie prime, a partire dall’acqua. Rifiuti e inquinamento. Deforestazione.

Per ciò che concerne “Social”(Impatto sociale):

Condizioni di lavoro, comprese le tematiche relative alla schiavitù moderna e al lavoro minorile. Reazioni con le comunità locali. Salute e sicurezza sul lavoro.

Per ciò che riguarda la “Governance” (Regole e processi con cui una realtà economica è gestita):

Politiche di remunerazione. Indipendenza dei consigli di amministrazione. Diversità etnica e di genere. Corruzione. Fiscalità.

Ad oggi come si può gestire questa pratica e quali sono i vantaggi?

Accedere a questo tipo di investimenti (che possono essere sia di tipo azionario sia obbligazionario) è molto semplice. Come in tutti gli altri tipi di investimento, le alternative sono due: “il fai da te” o la consulenza finanziaria.

Le piattaforme dedicate: è senz’altro possibile individuare mittenti con un’alta classificazione ESG e quindi acquistare e gestire titoli in prima persona. Agendo con il “fai da te”, se non si è in possesso di un grande patrimonio, il limite principale risiede nella scarsa diversificazione dei titoli in portafoglio.

Operando attraverso la consulenza finanziaria, ci si può avvalere di strumenti finanziari di investimento collettivo (Fondi di investimento, Sicav e Unit Linked) che lavorano esclusivamente con titoli a forte classificazione ESG, garantendo competenza e diversificazione. Naturalmente, questo servizio ha un costo che in trasparenza l’investitore potenziale può valutarne l’opportunità di servirsene.

Il professionista. Decisione di avvalersi della consulenza finanziaria, la figura chiave è quella del consulente finanziario che si andrà a individuare. Esperienza, trasparenza nelle informazioni e competenza specifica debbono essere requisiti irrinunciabili del professionista a cui fare riferimento.

L’Europa ha delle tutele al riguardo?

La Commissione Europea ha avviato la revisione della Direttiva sulla rendicontazione delle informazioni non finanziarie da parte delle imprese (Non Financial Reporting Directive, NFRD) e approvato il Regolamento sull’Informativa sulla sostenibilità nel settore dei servizi finanziari (Sustainable Finance Disclosure Regulation, SFDR). Inoltre, per fornire ai risparmiatori la possibilità di investire in strumenti che contrastano il cambiamento climatico sono stati introdotti due tipologie di indici (“benchmark”) climatici.

La terza e ultima “macro attività”, si è posta l’obiettivo di fornire agli investitori informazioni complete sulle opportunità e i rischi di investimento. Questo avviene anche attraverso regole per specifici prodotti finanziari sostenibile. Uno standard comune europeo per gli emittenti di obbligazioni verdi che desiderano utilizzare la denominazione di “European Green Bonds” aumenterà la trasparenza del mercato e la comparabilità di questi prodotti finanziari.

Cosa potrebbe essere migliorato al riguardo?

I criteri con cui esprimono valutazioni le più note agenzie di rating “tradizionali” (ad esempio Fitch, Moody’s e Standard & Poor’s, che si occupano del mero aspetto economico) sono sovrapponibili al 99%. Questo non accade per ciò che riguarda le agenzie di Rating ESG. Lavorare su numeri è più facile e oggettivo che su concetti come impatto sociale, condizioni e sicurezza sul lavoro, welfare aziendale e molte altri aspetti che contribuiscono a formulare una valutazione ESG.

E’ possibile ragionare su un regolamento globale per questo tipo di investimenti?

Arrivare tra qualche anno a un regolamento o, per meglio dire, a una maggiore omogeneità in ambito di classificazione e valutazione degli investimenti ESG è senz’altro possibile e auspicabile. E’ già molto importante che i rating ESG vengano emessi da agenzie affidabili e non soggette a pressioni esterne, se poi una attribuisce un peso specifico maggiore all’ambito enviromental e un’altra a quello social, possiamo comunque essere soddisfatti da quello che si è riusciti a fare negli ultimi vent’anni.

Cos’è il Green New Deal e cosa prevede?

L’Unione Europea ha sempre mostrato attenzione al cambiamento climatico e, più in generale, alle questioni ecologiche. Purtroppo il New Green Deal non ha aggiunto molto a quanto già era stato prodotto e reso noto. A eccezione di alcune precisazioni sulle modalità di operatività del Programma Invest Eu, non c’è niente di nuovo. A tale riguardo viene stabilito che il fondo InvestEU nel suo insieme assumerà come obiettivo che almeno il 30% degli investimenti contribuisca agli obiettivi in materia di clima. Vista la centralità e la rilevanza del tema, mi sarei aspettato qualche passo in avanti. Affiancare disposizioni economiche alle dichiarazioni di principio non avrebbe certamente fatto male. La disposizione più facilmente praticabile avrebbe potuto riguardare una fiscalità agevolata per tutte le attività finanziarie e industriali certificate ESG. Per dare una spinta a questi investimenti si potevano mettere in campo agevolazioni elementari.

Letteralmente, il significato di Green New Deal è quello di nuovo patto verde. La stessa Ursula Von der Leyen ha fatto capire da subito che la sfida ambientale sarebbe stata una priorità nell’agenda comunitaria. O meglio, il significato del grande progetto UE per la sostenibilità ambientale che tutti abbiamo a cuore.

 

Per saperne di più: Daniele Borghi – mail: daniele.borghi0606@gmail.com.

 

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