“Viterbo, una città progettata, però mai approvata”. O, se volete, ciò che nei secoli è stato immaginato sulla carta, non ha mai trovato riscontro nella realtà. “Vero, però questa volta contiamo di arrivare a dama, il progetto non finirà ancora nel cassetto”. Così Emanuele Aronne, assessore alla Qualità dello Spazio Urbano, aprendo nella Sala Regia di Palazzo dei Priori la convention dal titolo ridondante: “Presentazione programmi preliminari di intervento e dibattito sulla successiva redazione dei programmi integrati”. Occhiello al titolo: “Programma straordinario per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie”.
Progetto ambizioso che prevede un sostanziale mutamento dell’assetto urbano di Viterbo. In altre parole, si tratta di un nuovo Piano Regolatore. Che comunque non è dietro l’angolo e per l’atavica lentezza della politica e della burocrazia e ancora perché gli interessi in ballo sono molti, verosimilmente pesanti. Non per niente il varo dell’attuale Piano Regolatore della città risale al 1979 e arrivò al termine di un lunghissimo iter iniziato praticamente negli anni Sessanta. La redazione del nuovo piano, nelle sue “direttive principali”, prevede un percorso lunghissimo che dovrà passare attraverso un confronto con le associazioni datoriali e di categoria (in sala ci sono molti rappresentanti) ed evidentemente anche politico. “Con esso – chiarisce la sindaca Chiara Frontini – ci proponiamo di inserire Viterbo tutta in un piano complessivo di città”. Come siamo messi? Lo spiega per titoli una slide in sei punti sul display sistemato in Sala Regia: recupero del centro storico, piano urbano di modalità sostenibile, eliminazione delle barriere architettoniche, preliminari di intervento, programmi integrati, rigenerazione urbana. Cioè tutto e niente. Un tavolo di lavoro sul quale si potrà operare per mutare il volto di Viterbo, attuando infine una trasformazione che è rimasta per secoli sulla carta. Della serie, ci hanno provato in tanti, spera di riuscirci la giunta Frontini. Possibilmente senza creare danni ad un tessuto che in molti suoi punti è logoro e fragile. Il territorio (e il suo consumo) è un bene collettivo che va maneggiato con cura.
Quattro i quadranti cittadini, suddivisi da altrettante équipes di lavoro, sui quali il piano si dispiega. Vengono indicate zone e situazioni logistiche delicate, possibilità di interventi pubblici e privati. Rinviando le decisioni definitive al termine di un confronto che certamente non sarà né facile né rapido. “Credo tuttavia – sottolinea speranzoso Emanuele Aronne – che alla fine l’intervento privato e quello pubblico possano trovare una sintesi nell’interesse di tutti”.