A Palazzo dei Priori nasce il Comitato No Scorie di Viterbo nel rispetto dell’ecosistema

Di Luciano Costantini

Immaginate una città come Viterbo trasformata in una discarica di scorie radioattive. Fantasie? Tutto vero invece e magari nel giro di pochi anni. Può essere l’epilogo inquietante, perfino drammatico, che viene plasticamente fotografato nel corso dell’incontro “Il No della Tuscia al deposito di scorie nucleari”, che si tiene nella Sala Regia di Palazzo dei Priori a Viterbo. Per la verità, più che di un incontro si tratta di un momento di risoluta, seppur pacifica, chiamata alle armi di un intero territorio contro l’invasione del nucleare con i suoi 95.000 metri cubi di scorie che la Sogin, cioè la Società Gestione Impianti Nucleari impegnata nello smantellamento delle centrali, ha destinato alla Tuscia. A Palazzo dei Priori nasce il Comitato No Scorie di Viterbo, formato da 4 soggetti che, oltre a diversi gruppi locali, da sempre si battono per la difesa e la salvaguardia dell’ambiente: Biodistretto della Via Amerina e delle Forre, Comitato Viterbo Insieme, Comitato Non ce la Beviamo e Isde – Medici per l’Ambiente. Le parole della sindaca, Chiara Frontini, dinanzi ai presenti sono nette, senza fronzoli dialettici: “Oggi inizia la battaglia contro una sciagurata ipotesi progettuale. O si sta da una parte e si sceglie per la vita e il futuro nostro e dei nostri figli o si sta dall’altra. Non ci sono alternative rispetto a questa che è una battaglia di comunità, consapevole e condivisa. Non possiamo accettare scelte cadute dall’alto. Noi vogliamo rispettare la nostra vocazione e puntare sul turismo nel rispetto dell’ecosistema”. Dei possibili rischi che la Tuscia corre si è già detto e scritto molto, ma forse non abbastanza. Raccapriccianti i dati riportati relativi all’incidenza dei casi di tumori che nel viterbese colpiscono un uomo su tre e una donna su quattro. Coincidenze nefaste? Forse. Fatto è che la Tuscia è sottoposta a un fuoco incrociato di veleni: pesticidi, anticrittogamici, siti chimici di cui poco francamente si sa, pannelli fotovoltaici che divorano intere campagne (quasi l’ottanta per cento tra le province del Lazio), arsenico, radon e domani chissà scorie radioattive. Ventuno siti solo nella nostra provincia rispetto ai cinquantuno previsti sul suolo dell’intero Paese. Tempo di stoccaggio delle scorie da 80 a 100 anni, tempo di decadimento migliaia di anni, tempo di riempimento dei rifiuti a bassa intensità 40 anni, tempo di rilascio 300 anni, numero di fusti smaltiti 130.000, distanze da Viterbo alle aree più vicine 17,9 km verso ovest, 15,5 verso est. Entra nei dettagli l’ingegner Marco Rossi: ”Si vuole sostanzialmente costruire una discarica per scorie radioattive che sarà coperta da una collina artificiale. I rifiuti finiranno al deposito nazionale, alcuni verranno smaltiti nella discarica, altri proseguiranno verso il deposito geologico che attualmente non c’è e non è previsto. Il deposito nazionale occuperà 150 ettari”. I tempi per fermare, quanto meno correggere, il progetto Sogin ci sono: la decisione finale è prevista per il 2027. Fondamentale, ovviamente, sarà la risposta che la collettività saprà dare in termini di determinazione. Al di là di interessi di parte, di ideologie, di tornaconti.

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