Scherzi della suggestione di un tramonto in quel di Soriano. Si assegna per la settima volta il premio “Castagna d’oro”, intitolato a Pietro Calabrese. Il riccio della castagna evoca la nascita della Venere del Botticelli che emerge da una conchiglia in tutta la sua bellezza. Il riccio nella circostanza si apre per offrire il meglio del giornalismo sportivo nazionale. Anzi di più, perché nella platea di piazza Marconi ci sono personaggi mica di poco conto del firmamento del pallone: dal presidente della Lazio Claudio Lotito (arrivato con giustificato ritardo) a quello del patron della Viterbese Piero Camilli. Dal commissario della Federcalcio Roberto Fabbricini allo scrittore e regista Federico Moccia. Manca probabilmente l’ospite più atteso, quel Maurizio Sarri scomparso mediaticamente in queste ore sulla rotta Napoli-Londra. Nelle prime file Costanza, la figlia di Pietro Calabrese, impegnata a gestire un frugolino biondo che fa la spola tra il palco e le seggiole. A dirigere Giuseppe Di Piazza del Corriere della Sera e la new entry Federica Lodi di Sky. Il sindaco Fabio Menicacci fa gli onori di casa, Antonio Agnocchetti factotum del premio lavora in cabina di regia. Le castagne d’oro vengono assegnate ai vincitori tra racconti e aneddoti rievocati a braccio dai protagonisti, appena sollecitati dall’ormai esperto Di Piazza (giunto al settimo anno da presentatore). Le “perle dei cimini” vanno a Roberto Fabbricini (commissario Federcalcio), Claudio Lotito (presidente della Lazio), Fabrizio Corsi (presidente dell’Empoli; la castagna è stata ritirata dalla figlia), Federico Moccia (scrittore), Massimo Marianella e Alberto Rimedio (telecronisti di Sky Sport e Rai Sport), Maurizio Nicita e Giancarlo Dotto (giornalisti e scrittori) Goffredo De Marchis (inviato di Repubblica) Fabrizio Roncone (inviato del Corriere della Sera), Cristina Caruso , Marco Cherubini, Ugo Trani, Stefano Chioffi (giornalisti). Il clou è rappresentato da Claudio Lotito e il presidente della Lazio non tradisce le attese: ha tempo e modo di spiegare il suo verbo calcistico (“Quando sono arrivato mi dicevano, più spendi e più vinci ed io ho ribaltato il concetto puntando allo sport come scaletta per misurare il merito”) senza risparmiare qualche frecciata, all’Inter per esempio, sul caso De Vrij, protagonista sfortunato della disfida Champions con la formazione nerazzurra. P.S . (sperando di non abusare della pazienza di chi legge). Sono stato per tanti anni collega convinto e affezionato di Pietro. Lavorare con lui è stato un onore e un privilegio. Chiamarlo direttore mi sembrerebbe come segnare una distanza che non c’è mai stata. Preferisco ricordarlo come protagonista visionario di tante partite giocate al Messaggero in via del Tritone (meglio dimenticare quelle disputate sui campi di calcio). Sono certo che lui da lassù, tra il divertito il compiaciuto e l’annoiato, ha seguito in diretta la festa (sì la festa) di Soriano, poi si è alzato dalla nuvola e ha tagliato corto: “Grazie, grazie ma ora è venuto il momento delle castagne”. Ciao Pietro.
Costanza Calabrese figlia di Pietro