“Il Signor Pirandello è desiderato al telefono”, l’intimo dialogo del teatro

di Isabella Bellitto

Il Signor...

Accade che le sere più fredde possano essere riscaldate dalle emozioni inaspettate. Ieri sera, al Teatro San Leonardo di Viterbo, il sipario si è alzato su uno di quei momenti che lasciano un segno. Lo ha fatto con “Il Signor Pirandello è desiderato al telefono”, un’opera che ha saputo trasformare la scena in un intimo colloquio con il cuore dello spettatore. Diretto con maestria da Angelo Tanzi, lo spettacolo si presenta come un monologo intriso di poesia, arricchito dalla presenza musicale di Fiore Benigni, suonatore cieco di organetto. Senza tralasciare i nomi di Paolo Daniele, curatore del progetto sonoro e di Maria Vittoria Bosco per la coreografia. Un connubio di parole e note che, intrecciandosi, ha creato un’atmosfera sospesa tra sogno e malinconia.

La scena, essenziale al punto da risultare quasi severa, si impone con una forza silenziosa: non servono fronzoli quando il cuore dello spettacolo vive nei dettagli delle parole e nelle sfumature dell’interpretazione. L’incipit – “Eccomi, sono Fernando Pessoa, o così mi hanno detto di essere” – è più che un inizio: è un richiamo, un invito a varcare la soglia di un universo interiore colmo di interrogativi. La poi fittizia presenza di Pirandello attraversa l’opera come una corrente sotterranea. I due giganti della letteratura dialogano idealmente, confondendo i confini tra anime. È un confronto senza barriere, un gioco di specchi che riflette le grandi domande della vita: il senso dell’identità, l’ineluttabilità della morte, la dolceamara solitudine dell’esistenza.

Tanzi dirige questo incontro con una mano invisibile ma sapiente, conducendo il pubblico attraverso una narrazione che scivola tra sogno e realtà. Ogni gesto, ogni parola è un filo che tesse la trama di un racconto universale, mentre la musica di Benigni eleva l’esperienza. L’organetto non accompagna soltanto: canta, parla, diventa un personaggio vivo e vibrante. In questo spazio sospeso, il tempo sembra arrestarsi, ma non senza lasciare traccia. La tensione tra parola e suono crea un equilibrio delicato, in cui ogni nota e ogni silenzio diventano un riflesso dell’umanità che si interroga su sé stessa. È teatro che consola e inquieta, come una telefonata che nessuno osa fare.

Uno spettacolo che scuote e trascina lo spettatore nelle pieghe più oscure del proprio essere, là dove si nascondono quelle verità che spesso preferiamo ignorare. Alla fine, resta un viaggio intimo e potente, risultato di un teatro che non si limita soltanto a intrattenere, ma che diventa un rifugio per cuori inquieti.

Due-sanleonardo

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