Il Monte di Pietà a Viterbo.Nasce nel XV secolo l’accesso al credito per le fasce più bisognose

Di Luciano Costantini

In principio fu Perugia nel 1462, Orvieto l’anno successivo, Viterbo subito dopo. Il dato anagrafico della nascita dei Monti di Santa Maria della Pietà è accertato e documentato. Terzo, in ordine di apparizione nella penisola, il nostro Monte dei Pegni ha preceduto quelli di Savona, di Mantova, di Padova, di Pavia, di Milano. Pensato nel 1463 da un frate, Francesco da Viterbo, custode del convento di Santa Maria del Paradiso, e realizzato tre anni più tardi da un altro frate Francesco, ma da Brescia, gran predicatore e autorevole figura ecclesiastica del tempo. Entrambi i monaci sono mossi dalla volontà di arginare, se non sanare, la piaga dell’usura, esercitata da una “nidiata di ebrei” che evidentemente opera in città e dintorni. Francesco da Viterbo il 23 marzo del 1463 si presenta dinanzi al Gran Consiglio e denuncia gli ebrei i quali “non si peritavano a succiar di usura un bolognino e mezzo al giorno per ogni ducato dato a prestito e non accordavan di tempo che solo diciotto mesi per redimere i pegni vendendo poi questi fuori città”. Il Gran Consiglio nomina una commissione con l’obiettivo di fare chiarezza e risolvere il problema che evidentemente ha vaste dimensioni in città e non solo. Per i successivi tre anni non si arriva ad alcun risultato. Poi piomba a Viterbo frate Paolo che, predicando nella cattedrale, spiega i vantaggi che arrecherebbe creare un Monte di Pietà locale “acciò le povere persone potessero aver denari per loro bisogni senza pagar usura”. Concreto il nostro frate: invita la cittadinanza a darsi appuntamento per la domenica successiva in piazza del Comune per raccogliere i fondi necessari a istituire il Monte. Poche e chiare le regole costituenti: nessun interesse per i prestiti superiori ai cinque ducati, in cambio di piccoli pegni della durata di sei mesi, trascorsi i quali e in mancanza di riscatto, saranno venduti in città con l’impegno di restituire al debitore gli eventuali maggiori introiti ricavati dalla loro cessione. Il raduno in piazza del Comune è un autentico successo di pubblico e di incassi: vengono raccolti cinquecento ducati in contanti, cinquanta in oggetti d’argento e femminili, oltre a molte donazioni che vanno a costituire il fondo iniziale del Monte che assume il nome di Santa Maria della Pietà e che funzionerà per circa tre secoli. Vengono eletti e ufficializzati anche gli organi dirigenti: un depositario dei pegni, uno del denaro e un notaio  che insieme formano un autentico Consiglio di Amministrazione. Alcuni anni dopo i tre, in base a una correzione dello statuto, saranno affiancati da un Consiglio di Sorveglianza (i “Priori del Monte”) composto da quattro cittadini, scelti uno per ogni rione e funzionanti a turno, uno per settimana. La sede del primo Monte è individuata e istituita nel palazzo delle carceri vecchie, dinanzi a palazzo dei Priori e, nel 1575, con l’apertura della nuova via Farnesiana, l’attuale via Cavour, essa viene trasferita sotto i portici del palazzo del Comune in un locale sopra la cui porta d’ingresso viene dipinto un affresco che rappresenta la Pietà. Cesare Pinzi nella sua “Storia della città di Viterbo” riporta un passaggio di una cronaca del tempo in cui si precisa che “la gratuità dei prestiti non potè durare a lungo perché gli ebrei coll’inasprire dippiù l’usura sulle classi agiate, resero necessario schiudere anche a queste i forzieri del Monte, imponendo ad esse un interesse che fosse meno grave. Ciò non ostante però si lasciò sempre ai Priori la facoltà di accordare piccoli prestiti gratuiti ai vari indigenti, giusta lo spirito della primitiva istituzione”.

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