A Viterbo, in un centro storico ormai ingrigito e senza più grandi slanci, resistono piccole luci ostinate che brillano, malgrado tutto, illuminando il cammino che potrebbe portare alla sua rinascita. Una si trova in una traversa di corso Italia, largo Cesare Battisti, al civico 3: in un palazzo storico, severo, ingentilito sul muro da un benvenuto di stelle e ballerine, ad anticipare la valanga di colore all’interno. Siamo nell’Atelier di Elena Urbani, “Motivi Urbani” appunto, e stiamo per immergerci in un’esperienza quasi onirica. L’ambiente è accogliente, caldo: le sue sculture in ceramica sono tenere, commoventi, leggiadre: busti di donna, animali e frutta, piatti, fiori stilizzati, sembrano tutti usciti direttamente da un mondo altro, tra sogno e materia, tra riflessione e sorriso.
Romana, ma viterbese di adozione, Elena Urbani è un’artista a tutto tondo, una di quelle che non tiene la propria arte per sé, ma prova piacere a condividerla: i suoi laboratori di ceramica sono seguitissimi. «Attualmente da una settantina di iscritti, e parliamo solo degli adulti. Durante i laboratori la gente sta proprio bene… Io vivo del loro benessere». Il laboratorio si trova al piano superiore: uno spazio allegro e vissuto, pronto per accogliere i corsisti per ogni nuova esperienza artistica e di socializzazione. Sulle pareti scaffali pieni di prodotti realizzati da loro, che andranno cotti nei forni e poi smaltati. «Lavoro molto con i corsi e con la didattica per le scuole», prosegue Elena. «Rispetto alla ceramica tradizionale viterbese, che poi è un tipo di decorazione, io faccio più propriamente scultura: i miei allievi fanno manipolazione dell’argilla e creazione degli oggetti. Ogni corsista ha la possibilità di realizzare un proprio prodotto: vengono con un’idea, la sviluppiamo insieme. Sono tanti anni che faccio questa attività, e imparo sempre moltissimo da loro». In occasione del Giubileo di quest’anno, Elena ha ideato un laboratorio dedicato, con un tema che si ricollega alla sua storia più antica e gloriosa. «Abbiamo immaginato questa chiave-simbolo, che potesse rappresentare Viterbo in occasione del Giubileo, richiamando il concetto del primo conclave, cum clave: con l’impugnatura che richiama l’idea dell’arcata del Palazzo Papale. Ma dai colori pop, forti, per dare il concetto di innovazione della tradizione. Pensiamo di fare laboratori smart a tema, in cui si creerà una chiave, ma si porterà via in omaggio una chiave più piccola già creata e pronta. Un simbolo del proprio passaggio a Viterbo».
L’Atelier di Elena Urbani aprirà ufficialmente le sue porte sabato 12 aprile, alle ore 17. Durante l’inaugurazione, Elena illustrerà la sua nuova collezione, che si potrà ammirare nella zona espositiva a piano terra, e il suo nuovo sito web, dal quale acquistare direttamente le sue creazioni e i pacchetti per i laboratori di ceramica. «I corsi sono pensati per i turisti, che possono abbinare la visita della città con un’esperienza di artigianato artistico. Ma sono rivolti anche ai viterbesi, molti dei quali ancora non mi conoscono. Ormai non vengono spesso da queste parti, c’è un po’ una situazione di abbandono del centro storico. Io per esempio, a parte i corsisti, non ho un gran flusso di persone che arriva qui, se non i rari turisti che passano di fuori. I miei stessi allievi vengono, frequentano il corso, e vanno via. Una volta si faceva “la camminata”… non c’è più il piacere di stare al Corso. Non c’è nemmeno un punto di ritrovo». Luci ostinate, dicevamo, a cercare di brillare sempre e comunque. Ma l’energia può e deve arrivare anche dall’alto. «Stiamo cercando di fare anche delle collaborazioni con altre realtà del territorio. Per esempio, all’inaugurazione ci sarà Monica Mancini, che è una chef molto brava. Quindi, creare eventi coordinati tra arte e enogastronomia, in cui fare degustazioni. Sempre qui ho organizzato per esempio un concerto di una cantante lirica, una mia allieva. Le idee ci sarebbero, e tante, ma sarebbe bello che ogni evento potesse essere un po’ più snello dal punto di vista della burocrazia».
Eppure, dietro la patina di grigiore, Viterbo sarebbe bellissima. «Lo penso veramente, tanto che ci sto crescendo le mie bambine. In qualche momento di sconforto ho pensato di chiudere tutto, prendere uno spazio più piccolo e dedicarmi unicamente alla scultura… Tutti si sono attivati per dirmi “no, cerchiamo di fare qualcosa per ripartire”. Ho pensato, se me ne vado anch’io, che peccato sarebbe, i laboratori, la domenica mattina, il sabato pomeriggio… e poi, tante situazioni delicate, perché lavoro anche con bambini particolari. A me piacerebbe che questo posto potesse essere un punto di rilancio per questa zona». E potrebbe davvero esserlo, se è vero che la bellezza può salvare il mondo, e più concretamente, che arte e cultura potrebbero salvare il centro storico di Viterbo.